mercoledì 7 novembre 2018

La Notte del Giudizio "La Trilogia"

Buono e davvero originale il soggetto de La notte del giudizio (The Purge), film del 2013 scritto e diretto da James DeMonaco (dopotutto è stato questo il motivo per cui ho voluto recuperare tramite le mie Promesse cinematografiche, questo film, questa saga), in un futuro molto vicino al nostro presente (2022), il problema della criminalità viene contrastato con successo introducendo per una volta all'anno "la notte dello sfogo", per 12 ore, dalle 19.00 della sera fino alle 7.00 del mattino seguente, omicidi, stupri, furti e ogni tipo di violenza vengono ammessi senza essere perseguiti penalmente, inoltre autoambulanze, vigili del fuoco e qualsiasi tipo di intervento di aiuto è sospeso, vige la legge del "senza legge", in modo che la violenza, l'odio e la frustrazione repressa per un anno possano essere sfogati senza problemi di eventuali processi, disordini o arresti, peccato che malauguratamente il tutto non venga poi supportato da una narrazione all'altezza, che riesca a svilupparsi mai del tutto, il copione è infatti pieno di stereotipi e finisce per risultare poco credibile e grossolano già dopo alcuni minuti. Perché certo, il "Giorno del Ringraziamento" raccontato da James DeMonaco in questa sua seconda prova registica propone (come detto) una visione interessante e indubbiamente originale, e offriva molte tematiche da approfondire: il rapporto tra genitori e figli, il senso di questa giornata, l'analisi introspettiva di come una scelta possa cambiare gli equilibri dei rapporti familiari e soprattutto la classica domanda "cioè davvero, in assenza di leggi e regolamenti, saremmo più animali di qualsiasi essere la natura abbia mai concepito?", ma purtroppo il regista non si preoccupa di cuocere a dovere ogni ingrediente, finendo per buttare tutto nel pentolone e bruciacchiare tutto (anche le buone intuizioni di partenza). Il film infatti, dopo una prima parte decisamente da brividi, la presentazione del futuro distopico in cui vivono i protagonisti stessi è inquietante, visto il grado di accondiscendenza con cui i protagonisti accettano l'esplosione di violenza annuale, da parte dell'intera nazione, non bastasse che una volta che nella casa dei protagonisti viene poi staccata la luce, le paure ancestrali dello spettatore vengono a galla per dei momenti da far accapponare la pelle, presenta una seconda decisamente da brividi però "freddi", perché neanche dieci minuti dopo l'arrivo degli assassini nella casa il film sfortunatamente vada prevedibilmente a finire in un (banale) limbo del "dejà-vu", tale da rendere la visione troppo simile a molti altri film dello stesso genere, The Strangers su tutti.
Come se non bastasse in La notte del giudizio, film che attinge tanto più al genere splatter che al thriller di matrice psicologica, con alcune sequenze di violenza gratuita (in questo caso più che giustificata ed efficace) e che ovviamente vede la classica "innocente" famiglia in pericolo in casa propria, i fili tesi sono troppo flebili e non riescono a creare quel senso di angoscia, quella sensazione di smarrimento che ci si aspetta, perché il treno della prevedibilità corre veloce e senza fermate intermedie, con colpi di scena citofonati e un senso generale di buonismo che (quello sì) incita alla violenza. E quindi gettata nel fosso la trama e ogni minima velleità di stimolo alla riflessione, ci si potrebbe quantomeno confortare con la recitazione, la fotografia, l'atmosfera generata dal comparto audio, invece Ethan Hawke è la copia scolorita del brillante attore di Training Day o Boyhood, Lena Headey, invece, che è la classica madre che si preoccupa più del dito che della luna, focalizzata sul suo microcosmo, sulla sua vita ovattata e da benestante, che lascia che i figli si crogiolino dietro problematiche adolescenziali che solo il supporto di un genitore può dipanare, con chiavi di lettura uniche per l'innocenza manifestata dal lato nerd del figlio o la fuga verso il primo amore della figlia, appare parecchio sottotono, infine Edwin Hodge è solo il "pretesto". E insomma James De Monaco, al suo primo film, scrive e dirige un film coraggioso, con un messaggio politico forte, purtroppo il coraggio del buon soggetto non viene supportato né dalla sceneggiatura (davvero elementare, che tocca momenti a dir poco tragicomici, per non parlare di scene improbabili o dialoghi al limite del ridicolo), né dalla produzione, che sembra quasi non fidarsi del giudizio dello spettatore e infarcisce così la storia di sicuri elementi (la famiglia perfettina nonostante alcune "ombre" iniziali) per far "trionfare" un certo buonismo interclassista di fondo non tanto credibile. E quindi, un film dalle ottime possibilità, sfruttato male (tentativo interessante ma non riuscito perfettamente), che sarebbe potuto (o voluto) essere un nuovo "Funny Games" e che invece è un thriller carino da guardare un sabato sera, d'inverno alla tv, quando fuori piove e fa freddo. Il regista infatti non ha saputo come portare avanti l'idea iniziale e si è affidato a colpi di scena ridicoli e a trucchetti registici di maniera. Alla fine, ci si annoia anche. Perché appunto, soprattutto in casa, a un certo punto sono troppe le scemenze e i comportamenti illogici che vengono tenuti. E tuttavia, nonostante un cattivo di turno che incute meno timore del robottino costruito dal figlio della coppia, e nonostante il tutto non sia venuto (per dire) benissimo, il film non è malaccio, c'è una buona tensione e riesce a farsi apprezzare, non a caso c'è interesse per i prossimi capitoli. Voto: 6- [Qui più dettagli]
Meno ambiguo ma più compatto e avvincente del capitolo precedente, Anarchia: la notte del giudizio (The Purge: Anarchy), film del 2014 sceneggiato e diretto dallo stesso regista che aveva già diretto l'episodio apripista, film che è il sequel de La notte del giudizio, e quindi secondo capitolo della serie cinematografica, è a sorpresa un seguito decisamente migliore del primo, primo che aveva una buona idea di partenza (quella dello sfogo anarchico), qualche discreto momento, ma poi perdeva mordente e la noia prendeva il sopravvento. Qui le cose sono diverse: non cambia la storia che è praticamente identica al film precedente (come noto, gli USA in un prossimo futuro sono diventati una società senza tanti poveri, disoccupati, etc...grazie al fatto, si dice, che una volta all'anno, per 12 ore, ogni reato è consentito, questo "sfogo" avrebbe portato questo generale benessere...seppur ai soliti noti), si moltiplicano solo i punti di vista (in questo caso due coppie di giovani e la vicenda di un uomo solitario in cerca di vendetta), l'ambientazione passa dal chiuso delle quattro mura del film con Ethan Hawke asserragliato alla violenza in strada (che non è una bella cosa, in quella notte), inoltre c'è una buona confezione e soprattutto c'è Frank Grillo, ottimo caratterista, la classica faccia già vista in decine di film ma mai riconducibile a un nome. Attore capace e versatile: l'abbiamo visto in tanti film di genere, più o meno riusciti (End of Watch, il brutto Intersections, il buon The Grey) e grosse produzioni (Zero Dark Thirty, Captain America: The Winter Soldier). In Anarchia riveste i panni di un giustiziere della notte, dai modi spicci e a caccia della sua vendetta (anche se sulla sua strada ci saranno più innocenti che colpevoli), e se la cava abbastanza bene. E quindi James DeMonaco, scrivendo stavolta una sceneggiatura migliore, più sobria e razionale dello scorso film, riesce nell'impresa di fare meglio, anche perché finalmente l'idea di fondo viene sviluppata a dovere (anche se il concetto di purificazione non lo condivido, non ci si purifica con l'omicidio bensì ci si macchia di un gravissimo peccato, questo è solo uno sfogo per chi è desideroso di vendetta o per chi vuole solo uccidere e prova piacere nel farlo, non è un modo per liberarsi dal male perché chi uccide lo incarna decisamente). Egli infatti approfondisce le cose buone del film di partenza, ovvero la rappresentazione di un futuro prossimo, possibile e inquietante in cui domina un regime senza volto ma che tutto, un po' come in 1984 di George Orwell, controlla attraverso telecamere, telefoni, gps e alta tecnologia, separando in vere e proprie caste i cittadini ricchissimi dai poverissimi e facendo sfogare le pulsioni più basse di questi ultimi nelle 12 ore di follia collettiva, quando ogni crimine rimarrà impunito. Certo, per colpa della struttura il film perde in sottigliezza, dato che in questo secondo tutto è più schematico (perché ci viene detto esplicitamente chi è il nemico e per chi si deve parteggiare) ma il ritmo (l'adrenalina implicita) compensa. Il regista infatti abbandona ansie domestiche e claustrofobia monocorde, lavorando stavolta sugli spazi aperti con esiti decisamente più vivaci (i nostri protagonisti si ritrovano costantemente fra la vita e la morte, tra questi Carmen Ejogo, decisamente attiva negli ultimi anni). E difatti tante sono le cose buone, una violenza tutto sommato limitata al necessario, un'atmosfera efficacemente dark e cupa, un cast efficace (e ben amalgamato alla vicenda, che si espande grazie al contributo del nuovo personaggio interpretato da Michael Kenneth Williams e dal "vecchio" personaggio interpretato da Edwin Hodge) e una gestione della suspense per gran parte sicura. Inoltre buono è lo svolgimento della vicenda e poiché in questo film appunto si fa nuovamente leva sulla disuguaglianza sociale, risulta alquanto agghiacciante la scena dei ricchi che si comprano le vittime. E quindi riuscito non è solo la miscela di registri (l'horror, il western, l'action, il thriller, il melo) e modelli diversi, ma anche questo sequel, sequel dove il regista fa un buon lavoro. Voto: 6,5 [Qui più dettagli]
Non è così scontato, per un franchise horror (forse più thriller), ma anche per tutta la serialità cinematografica (quest'anno è capitato solo per l'eccezionale capitolo finale del reboot de Il pianeta delle scimmie, ovvero The War), andare in crescendo. La trilogia di La notte del giudizio ce l'ha fatta, lavorando su più livelli di rappresentazione del concept e della violenza. È cominciato tutto con un home invasion piuttosto classico ma non eccezionale, eppure sufficientemente realizzato, teso e agghiacciante quanto bastava per continuare con un sequel, Anarchia, di più ampio respiro, che spostasse l'azione sulle strade (togliendo ai protagonisti qualsiasi punto di riferimento) e cominciasse a svelare il sistema alla base del provvedimento governativo che per 12 ore all'anno consente a chiunque di commettere ogni tipo di crimine. Sistema in cui ora l'ultimo episodio, Election Year (The Purge: Election Year), si addentra in profondità, rivelandosi come il capitolo (del 2016) dal più spesso sotto-testo politico, il capitolo più angosciante e insomma più riuscito. Una crescita progressiva che ha preso in prestito le selvagge pulsioni di Arancia meccanica, la spettacolarizzazione della morte di Hunger Games e la follia urbana dei Guerrieri della notte, mischiandoli in un franchise intrigante e originale, che ha saputo costruire in tre anni una propria identità narrativa ed estetica. James DeMonaco, il regista di tutti e tre i film, in Election Year propone una violenza ancora più grafica e disturbante (il massacro famigliare che apre il film non si digerisce facilmente), con al centro la caccia al governatore donna (una convincente Elizabeth Mitchell) che aspira a cancellare per sempre lo Sfogo. Fortuna che al suo fianco c'è Frank Grillo, giustiziere in cerca di vendetta in Anarchia e ora granitica guardia del corpo. La fuga li porta a incrociare la strada con altri personaggi e il film, come da tradizione, si trasforma in un survival di gruppo che culmina in una delirante cerimonia in chiesa organizzata dalle alte sfere dietro lo Sfogo, mai come ora simbolo di una religione della distruzione volta a salvaguardare gli interessi, e soprattutto le finanze, delle classi più ricche a discapito dei più poveri (da chi fatica a conservare la sua attività ai tossici e senza tetto). In tal senso, poiché questo terzo capitolo altro non è che una riflessione (inevitabile, aggiungerei) sul futuro incerto dell'umanità, con la quale risulta impossibile non cadere nello sconforto (Dio benedica l'America, ma maledica i folli americani e il loro ancor più folle idealismo), intelligente è la provocazione del regista (che giunge discretamente alla conclusione del proprio pensiero), che riesce a trasformare il futuro distopico ma apparentemente isolato del primo film, in uno scenario allarmistico che vorrebbe suonare come una grossa sveglia per tutti (America in primis). Infatti al netto di qualche momento retorico e di figure poco sfumate c'è da dire che il contesto sociale distopico è molto azzeccato, con inquietanti riferimenti all'attuale momento politico. Non manca qualche moralismo spiccio ma si può sorvolare. L'intuizione della cattedrale poi è notevole, eletta come luogo di mattanza in cui si concentra l'apice massimo di un'ipocrisia e di un bigottismo che travalica ogni minima logica. Non a caso (come detto) nel film, film che si si snoda attraverso una serie di scontri e momenti di riflessione, film che mantiene una giusta tensione (alla fine è un buon action con momenti di una certa cattiveria), il quadro sociale e politico viene definito meglio rispetto ai precedenti film, mentre le sparatorie si lasciano apprezzare, questo anche grazie al ricercato look ("Le maschere della festa", inquietante, distintiva cifra stilistica del progetto The Purge fin dagli albori, ancora più elaborate e sinistramente spaventose) dei vari personaggi (notevole soprattutto quello delle ragazzine). Non dimenticando che, oltre ai momenti memorabili di questa terza, assai pregevole direzione di James DeMonaco, che sono sicuramente da ricercare nei curati dialoghi tra i canuti padri fondatori, da sottolineare sono, a parte il contesto, quei potenti scorci, bellissimi e raggelanti, splendidamente ripresi e fotografati, di strade come oppresse dalla densità delle tenebre, lasciate alla libera, brutale razzia del comune cittadino. E insomma, sfatando il mito de "il terzo film è sempre il peggiore" con Election Year, il regista, che giunge discretamente alla conclusione del proprio pensiero, politico o sociale che sia, su una nazione nata, cresciuta (e morente, a quanto pare) sul sangue e sullo sfogo (al centro di tutta questa violenza inaudita, resta un punto interrogativo, tutt'ora privo di risposta: come siamo giunti a questo?) riesce a far mantenere smalto al franchise e alla pellicola, pellicola che, nonostante qualche ingenuità di situazioni e dialoghi, nonostante troppi buoni e cattivi risultino a volte afflitti da schematismo comportamentale, si dimostra (arricchita del contesto elettorale), probabilmente come il capitolo migliore e più storicamente connotato. E quindi la trilogia "The Purge" giunge a compimento col suo terzo puntuale tassello, anche se nulla ci assicura che si tratti veramente dell'ultimo episodio (e infatti, il sequel/prequel è già uscito), un tassello discreto, intelligente, convincente e davvero riuscito. Voto: 7 [Qui più dettagli]

14 commenti:

  1. L'ho visto e ricordo che pensai che avrei giusto un paio di persone da prendere a botte, nel caso in cui un'occasione del genere fosse realizzabile.... ;)

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  2. Il primo resta il migliore, un buon film d’assedio, poi sopravvive un’idea che è diventata forse anche troppo simile alle realtà, questa saga si è trovata (forse per caso) ad anticipare l’andazzo delle cose, per questo un po’ le si vuole bene, la tua analisi la condivido ;-) Cheers

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    1. Condividi però per me il primo è comunque il peggiore, e tuttavia sono d'accordo sul fatto di voler bene a questa saga ;)

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  3. A me è sempre sembrato una cazzatona.
    Trama da b-movie postapocalittico e cult italiano, per dire.
    Certo, cosa aspettarsi, d'altronde?
    Però mi hai incuriosito con questo terzo episodio... :o

    Moz-

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    1. Diciamo che lo è, dopotutto è semplice concettualmente, eppure è incredibilmente geniale, tanto da convincere comunque fino alla fine, e quindi la saga interamente un'occhiata la merita ;)

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  4. Il "film d'assedio" è un classico del genere horror ed essendo amante degli zombie non posso che adorarlo.
    Però mi ha convinto la tua recensione triplice: guarderò solo l'ultimo capitolo!

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    1. Ma non ci sono gli zombie qui, e tuttavia alcuni del genere meritano davvero, però forse non questi... a parte l'ultimo ovviamente ;)

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    2. perdonami, ma mi sono espresso male.
      Amo il genere zombie, che spesso è film d'assedio.
      Il film d'assedio è diventato un classico del film horror e mi piace.
      ll primo film della trilogia e' d'assedio, quindi dovrebbe interessarmi.
      Tuttavia mi fido della tua recensione e punto direttamente all'ultimo :)

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    3. E' un classico sì, e tuttavia ce ne sono un po' troppi simili ultimamente, purtroppo in gran parte mediocri, quindi fai bene a passare direttamente a quello ;)

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  5. Il primo l'ho visto ma l'ho completamente rimosso, probabilmente perché ho avuto un giudizio molto affine al tuo, ottima idea ma sfruttata male. Mentre non sapevo avessero fatto addirittura una trilogia.

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    1. Molto probabilmente sarà stato così effettivamente, e comunque in verità è una quadrilogia, ma il sequel/prequel è uscito al cinema solo ultimamente e lo vedrò l'anno prossimo, ma per adesso ho recuperato questi qui ;)

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