Si terrà tra soli 4 giorni la cerimonia che assegnerà i Premi Oscar 2018 per il Cinema, cerimonia che però non seguirò in diretta ma in differita il giorno dopo, infatti le mie consuete considerazioni post premi saranno pubblicate martedì 6 marzo. Ma intanto che questo accada, ho voluto oggi, e dopo aver visto (come già preannunciato tre settimane fa insieme a tanti altri nel post sulle mie promesse cinematografiche, qui, post che periodicamente sarà aggiornato) anche solo 5 dei 39 film in nomination, anche se di questi si trovano in ben 11 categorie (su 24) in lista (e sono rispettivamente Logan: The Wolverine, Kong: Skull Island, Guardiani della Galassia Vol. 2, La bella e la bestia e Dunkirk proprio ieri con 8 candidature dietro a The Shape of Water mattatore con 13 candidature), fare un post apposito per pronosticare, nonostante comunque la poca conoscenza di tutte le altre pellicole nominate, il risultato finale di questa straordinaria rassegna. Rassegna che quest'anno più o simile agli altri anni, promette sorprese, anche perché non facile è capire, vista la poliedricità dei film in lizza, chi sarà il vincitore (sempre se mai ce ne sarà solo uno) morale o più semplicemente chi vincerà più statuette in confronto agli altri. A cominciare dal miglior film, difficile da pronosticare, anche se vedendo il genere (guerra, horror e fantasy poco avvezzi alla critica) e la sua "commercialità" (ovvero il gradimento tra il pubblico uniforme), a spuntarla potrebbe essere Tre Manifesti A Ebbing, Missouri, che altresì dovrebbe spuntarla tra i due candidati al Miglior Attore Non Protagonista con Sam Rockwell, già vincitore del Golden Globe, e anche nella categoria Miglior Sceneggiatura Originale. Alle regia altrettanto difficile è scegliere, perché tutti meritano questo riconoscimento, a partire da Christopher Nolan che, potrebbe non accontentarsi dei premi tecnici, perché quasi certamente vincerà per sonoro e montaggio sonoro, forse anche per montaggio e scenografia, difficilmente per fotografia perché da quello che si vede sul web Blade Runner 2049 (che se la vedrà con Kong e Guardiani 2 tra quelli visti, e mi auguro vinca il secondo, per i migliori effetti speciali) è super favorito.
mercoledì 28 febbraio 2018
martedì 27 febbraio 2018
Dunkirk (2017)
E' forse una delle storie, ma di cui si è sempre parlato poco, più importanti della Seconda Guerra Mondiale, quella della celebre evacuazione di Dunkirk, quando, agli inizi del 1940, decine di migliaia di uomini delle truppe britanniche e delle forze alleate si ritrovarono circondati dalle forze nemiche. Intrappolati sulla spiaggia, con le spalle al mare e i tedeschi che avanzavano, i soldati dovettero così affrontare una situazione caotica ed estremamente difficile. L'operazione di salvataggio che successivamente a ciò venne messe in atto però, grazie anche all'aiuto di alcuni cacciatorpedinieri e anche numerose imbarcazioni civili di diversa grandezza, passò poi alla storia con il nome altisonante di "miracolo di Dunkirk". Una storia così potente non poteva essere quindi dimenticata, per raccontarla perciò serviva un grande regista, e così a tre anni dal suo ultimo film, a cimentarsi è Christopher Nolan, regista tanto apprezzato che grazie proprio a Dunkirk, film del 2017 co-prodotto, scritto e diretto dal regista britannico, riceve la candidatura a due Premi Oscar. Ma Dunkirk non è il classico lungometraggio di guerra realizzato per omaggiare un importante momento storico, ci sono infatti diversi elementi in questa pellicola, a partire dall'ambiente e dall'atmosfera, fino alla scrittura e al montaggio, che rendono il film di Nolan unico e irripetibile. Il film difatti, seppur ambientato in uno scenario di guerra (anche se non è un'immersione nei luoghi e nei tempi della guerra), non è propriamente un film di guerra, è un esercizio che tratta della vita e della morte in condizioni estreme, è un'esperienza onirica per riformulare la rappresentazione della guerra come tragedia singola e insieme collettiva, che vede soldati aggrappati sul bordo di navi rovesciate su un fianco, corpi dilaniati dalle bombe dei caccia, moli divelti da una pioggia di proiettili e ricostruiti in modo precario, tratti di mare trasformati in roghi dove bruciano decine di giovani.
lunedì 26 febbraio 2018
I peggiori film del mese (Febbraio 2018)
Molto spesso quando arriva questo post ne approfitto per fare un resoconto del mio mese in questione, non mancherà neanche oggi, ma adesso dirò gli aspetti negativi, quelli positivi li troverete prossimamente nel post dei film del mese. Sì perché oltre a vedere gli ennesimi film mediocri, il mese di febbraio ha regalato un momento così così e un piccolo problemino fisico. Innanzitutto per la prima volta il mio tranquillo paesino, a causa di un fatto di cronaca nera, che ha un po' destabilizzato la sua serenità, ha dovuto "usufruire" del lutto cittadino, cosa che a mia memoria non era mai successo. Infine un piccolo problema ad un piede potrebbe addirittura richiedere un intervento, ma per il momento è tutto sotto controllo e poi si vedrà. Questo è tutto, ora veniamo al dunque.
I Puffi - Viaggio nella foresta segreta (Animazione, Usa 2017): Dopo due film a tecnica mista parecchio bruttarelli seppur godibili e facili a vedersi, ecco nuovamente i Puffi nel terzo lungometraggio, ed interamente animato, a loro dedicati. Purtroppo però, seppur pieno di buone intenzioni, esse naufragano nella noia e nell'ovvietà. Perché questo film infantile e risibile diretto da Kelly Asbury, forse prodotto esclusivamente per dare ulteriore impulso al marketing dei pupazzetti blu, che urla modernità quasi avesse paura di essere etichettato come antiquato, manca di originalità, è banale ed esile. Smurfs: The Lost Village infatti, che mette nuovamente (come nel secondo) al centro della vicenda Puffetta, che fatica a trovare un suo ruolo nel villaggio e che quando viene a sapere di un villaggio misterioso attraversa, con i suoi amici la foresta incantata con alle calcagna il perfido Gargamella, nonostante l'ottima grafica computerizzata non va oltre il compitino (a tal proposito i difetti, come un'ambigua colonna sonora, sono più dei pregi). Perché sì, rimane la tenerezza di base e si amplia il lato comico, con battute, specie del caro mago malvagio (e iperattivo), abbastanza tristi, ma rimane un prodotto mediocre nell'animo (ricevibile soprattutto per i più piccoli) nonostante i buoni mezzi tecnici. Voto: 5,5
The Ring 3 (Horror, Usa 2017): Posso tranquillamente asserire di essere una fan dei Ring, ma questo ennesimo capitolo di una saga fortunata, che però non ha più niente di nuovo da dire, arriva forse troppo tardi. C'è stato un restyling tecnologico, questo è vero, che ne preserva i meccanismi di contagio, anzi li rende potenzialmente più virali. Allo stesso tempo si è cercato di dare una nuova linfa, creando un nuovo scenario sulle origini di Samara, ampliandolo perfino. Tuttavia malgrado gli intenti, crea una storia più vicina al thriller d'indagine che ad un vero e proprio horror. Secondo me è proprio quest'ultimo aspetto che ne esce con le ossa rotte, sia a livello quantitativo che qualitativo, con scene che offrono scarsa tensione (senza dimenticare il ritmo piatto). Ci si è preoccupati di creare nuovi universi per Samara lasciando qualche spunto più che interessante. Perché sì, gli effetti speciali (discreti) ci sono, così come qualche colpo di scena memorabile (il finale) ma da soli non bastano a salvare un prodotto ben sotto la media, condannato, già prima del suo rilascio cinematografico a cadere nel dimenticatoio. Certo, si lascia guardare e si è comunque visto di peggio (anche perché non smette di inquietare), ma l'abbastanza anonima la regia di Javier Gutiérrez che non si rivela in grado neanche di sfruttare al meglio un cast d'attori tutto sommato decenti, Johnny Galecki, la bella attrice italiana Matilda Lutz già vista in L'estate addosso e Vincent D'Onofrio (anche se il suddetto si comporta bene, che però non può fare niente contro la noia), abbinata a buchi di sceneggiatura si rivela deficitaria. Tuttavia non un brutto film di per sé, semplicemente svogliato, inutile, prevedibile. Voto: 5,5
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venerdì 23 febbraio 2018
Guardiani della Galassia Vol. 2 (2017)
Se il primo era stato una sorpresa, il secondo è una conferma. Perché Guardiani della Galassia Vol. 2 (Guardians of the Galaxy Vol. 2), film del 2017 scritto e diretto da James Gunn, sequel forse persino superiore del precedente, non delude affatto le aspettative, anzi, divertente, scanzonato e ironico come il primo capitolo, dalla quale riprende e migliora i punti di forza (personaggi idioti, chiari riferimenti ai mitici anni '80 e colonna sonora epica), riesce nell'arduo compito di fare addirittura meglio, cosa più unica che rara. La pellicola infatti, dove il lato migliore rimane l'alone di leggerezza che lo contraddistingue, e in cui non mancano i momenti epici e quelli commoventi (con tanto di lacrimuccia finale sulle note della bellissima Father & Son, il funerale più bello di sempre) ma il tutto senza mai prendersi troppo sul serio e mantenendo una verve comica costante e mai banale, non è soltanto un degno sequel del film originale, ma anche la sua ideale "estensione" tematica e strutturale, un colossal che incarna l'eredità del cinema delle attrazioni e la rilancia verso nuovi orizzonti. Anche perché, se l'antecedente capitolo del 2014 dei Guardiani della Galassia (rivisto per l'occasione e nuovamente adorato) si dimostrò una convincente novità dalle tinte effervescenti e giocose, Guardiani della Galassia Vol. 2 (con quel "Vol. 2" così Tarantiniano), del suo antesignano di tre anni fa, semplicemente ne conferma l'efficacia della formula, esilaranti situazioni, coloratissime atmosfere, dialoghi irriverenti, guizzanti ed a volte sboccati, una punta di sentimento ed un'azione girata con magistrale perizia (epicamente spassosi il piano-sequenza iniziale e le sequenze in slow motion), il tutto diretto dal regista del primo episodio, James Gunn, un cineasta che è stato capace di imprimere la sua delirante autorialità ad una pellicola (due se vogliamo proprio essere precisi) che va ad aggiungersi al magma indifferenziato del Marvel Cinematic Universe, in cui l'impersonale standardizzazione filmica è oramai di casa.
giovedì 22 febbraio 2018
Babylon Berlin (1a & 2a stagione)
Ispirato a Der nasse Fisch (Il pesce bagnato) di Volker Kutscher, primo di cinque romanzi dedicati alla Germania pre-nazista, Babylon Berlin si svolge tra il maggio e il giugno del 1929. La serie infatti, composta da sedici episodi corrispondenti a due stagioni, con una terza già in programmazione (coprodotta da Sky e Betafilm), e la più costosa di sempre (il budget supera i 40 milioni di euro), focalizzando in modo perentorio il trapasso tra gli anni ruggenti degli anni '20 al plumbeo militarismo degli anni '30, rappresenta un indimenticabile affresco noir dell'epoca Weimariana. La Repubblica di Weimar, archetipo di tutti i sistemi democratici in crisi, non è solo però lo sfondo storico-politico di un thriller poliziesco dalle tinte noir, ma è, soprattutto, un soggetto vivo, rappresentato nelle sue forme fantasmagoriche e nei suoi colori sfavillanti destinati a spegnersi. Vediamo in scena difatti tutti gli ingredienti del caos politico, la frattura, in seno alla polizia, fra lealisti alla Costituzione e nazionalisti, le agitazioni comuniste e la repressione culminata nel "Maggio di sangue", i rapporti tra istituzioni weimariane e Unione Sovietica (grazie a cui la Repubblica uscì dall'isolamento diplomatico e militare), i conflitti interni al movimento operaio, e ancora lo stress postraumatico dei reduci di guerra (dopotutto il protagonista è uno di loro, che placa i suoi tremori trangugiando fiale di morfina). L'affresco ideato inoltre coinvolge diverse tematiche, non solo il pericolo rosso o il revanscismo post bellico, ma anche dei traumi dei reduci alla miseria dei ceti meno abbienti, fino alla doppia morale della vita quotidiana alla corruzione della burocrazia.
mercoledì 21 febbraio 2018
Underworld: Blood Wars (2016)
Nel mondo cinematografico attuale, due sono le eroine incontrastate del grande schermo, una è Milla Jovovich alias Alice, che con il suo Resident Evil è arrivata probabilmente al suo capitolo finale, l'altra è Kate Beckinsale alias Selene, che ritroviamo tre anni dall'ultimo capitolo e a quattordici dall'esordio, nel quinto episodio della saga di Underworld, ovvero Underworld: Blood Wars, film del 2016 diretto da Anna Foerster, al suo esordio come regista cinematografica dopo la regia di alcuni episodi di serie tv, e scritto da Cory Goodman. Entrambe hanno dato vita a due saghe longeve, forse rivolte solo ai fan, ma di sicuro intrattenimento per quasi tutti, anche perché sono due avventure fantasy (più o meno) originali, adrenaliniche ed affascinanti dato che trattano di vampiri, zombie e creature varie. Però le somiglianze non finiscono qui, poiché Selene ricalca per poteri e vicende personali proprio la figura di Alice, ma al contrario di un soggetto non originale del primo e del suo risultato comunque (e incredibilmente visto appunto il soggetto) non disprezzabile, questa seconda saga nonostante un soggetto più originale, non convince nuovamente del tutto, anche se quest'ultimo capitolo si fa sufficientemente apprezzare. Underworld: Blood Wars infatti, il secondo a essere distribuito in versione 3D, forse per mettere in risalto gli effetti speciali e i paesaggi mozzafiato, d'altronde un peso notevole viene giocato dalle ambientazioni e dai costumi che mescolano il gusto barocco con lo stile dark (che qui vengono fortunatamente ripresi), nonostante evidenti difetti, riesce nel suo intento, grazie a discreti combattimenti, in particolare quello nei ghiacciai, e alle sempre belle ambientazioni e costumi.
martedì 20 febbraio 2018
Le mie canzoni preferite (Gennaio/Febbraio 2018)
Esattamente ogni anno a febbraio la musica italiana vive il suo momento più atteso e forse più importante, ma esattamente come tutti gli anni e come mi capita spesso, prima che alcune canzoni (o tutte) del Festival di Sanremo riescano ad entrarmi in sintonia, ci vuole un po' di tempo, perché comunque se davvero, come molti dicono, molte canzoni sono belle, di sicuro ci saranno nel prossimo post. Intanto a sorpresa ben 6 canzoni italiane, insieme a tante altre straniere (comprese alcune chicche) mi hanno, in questi due mesi, conquistato, per cui senza troppe parole inutili, ecco quali sono le mie canzoni preferite ad oggi, in una selezione non classificata ma messa comunque in un ordine di gradevolezza.
Cominciamo con due canzoni, la prima usata per la pubblicità di una nota marca di auto,
la seconda datata 5 anni ma che ultimamente ho ascoltato spesso
lunedì 19 febbraio 2018
Oceania (2016)
Il 2016 è stato un grandissimo anno per la Disney, visto che ha confezionato nell'animazione tre successi di critica, ma anche al botteghino. Ha aperto le danze il bellissimo Zootropolis (giustamente vincitore dell'Oscar 2017), le ha continuate il bello ed emozionante Alla ricerca di Dory e le ha concluse appunto, con il film in questione, ovvero l'altrettanto bello e affascinante, Oceania (Moana), film d'animazione del 2016 prodotto da Walt Disney Pictures e i Walt Disney Animation Studios e diretto da Ron Clements e John Musker. Quest'ultimo però, già classico Disney, non raggiunge il livello dei suddetti precedenti film, perché anche se quest'altro ottimo lavoro di Disney che, con la sua nuova "principessa che non vuol essere una principessa", centra di nuovo l'obbiettivo, anche grazie a personaggi e ambientazioni completamente inedite, e anche se realizza un film d'animazione eccellente sia per grandi che piccini, non ha stessa profondità, intensità e coinvolgimento. Tuttavia seppur io abbia apprezzato di più Zootropolis per il messaggio più maturo, questa è stata una bella sorpresa. Anche perché la casa di produzione, dopo aver sfidato i cliché nel precedente Frozen: Il regno di ghiaccio (personalmente non proprio eccezionale), torna sulla strada classica continuando, però, a innovarsi sotto qualche aspetto (molto interessante e più "originale") come quello dell'escludere completamente la love story. Una particolarità del film è quella di raccontare appunto una storia avventurosa, lontana dai classici Disney come Biancaneve, Cenerentola e altri progetti e, soprattutto, senza un principe azzurro pronto a salvarle la vita. Perché qui, il ruolo della "salvatrice" spetta a lei.
venerdì 16 febbraio 2018
Logan: The Wolverine (2017)
Cala, dopo 18 anni, il sipario su uno dei personaggi più interessanti ed amati della Marvel ma soprattutto degli X-Men, Wolverine alias James "Logan" Howlett, che per l'ultima volta viene interpretato da Hugh Jackman. Un sipario che viene però calato in modo davvero anticonvenzionale in Logan: The Wolverine (Logan), film del 2017 co-scritto e diretto da James Mangold. Il capitolo conclusivo della trilogia con l'attore australiano è infatti un film commovente, violento e adulto che rimette in discussione il linguaggio dei cinecomic. La pellicola difatti, che inizia inserendo fin da subito toni cupi, drammatici, maturi e brutali come mai siamo stati abituati da un film della saga, e continua introducendoci in un mondo che non siamo abituati a vedere in un cinecomic, dove fin dal primo piano sequenza si percepisce l'esplicita violenza che ci accompagnerà per tutto il film, ci trascina in un viaggio tra il western e l'orrore più viscerale. Giacché con Logan, non siamo di fronte al classico film Marvel, ma a un'opera matura (tragica, amara, disperata persino, ma soprattutto estremamente violenta), che parla di crisi e decadenza, di nichilismo e speranza. Spingendosi ben oltre Deadpool, soprattutto nei toni, il film, sicuramente una sorpresa nel panorama dei cinecomic degli ultimi anni, si getta a capofitto in una nuova dimensione, più adulta, decidendo di proporre qualcosa di nuovo non tanto dal punto di vista delle tematiche ma del modo in cui vengono trattate. Qualcosa che non si è mai visto prima nel filone dei supereroi cinematografici, a meno di non ricercarlo in prodotti di nicchia come Kick-Ass. Mai in un film della "Casa delle Idee" infatti era stata proposta una versione così abbattuta e rassegnata di un supereroe. Mai era stata offerta una visione così tetra e oscura del mondo, mai era stata così pregnante ma soprattutto tangibile, nell'aria, l'idea di una morte imminente. Certo, tanto di questo è già stato detto nel Cavaliere oscuro di Nolan, giusto per fare un esempio, e certo, lo spettatore più smaliziato potrebbe di conseguenza sostenere che non si tratta dunque di niente di poi così innovativo, ma per un "film di supereroi" e, in particolare, per un film della Marvel, è qualcosa di mai troppo scontato.
giovedì 15 febbraio 2018
Gomorra (3a stagione)
E chi l'avrebbe mai detto che il finale della terza stagione di Gomorra (il perfetto coronamento di una season che, tra alti e, pochi, bassi, mi ha lasciato sconvolto ed emozionato), la serie di Matteo Garrone ispirata dall'omonimo romanzo di Roberto Saviano ed orfana alla regia di Stefano Sollima e Claudio Giovannesi ma non della brava Francesca Comencini e del discreto Claudio Cupellini (tornato al cinema con l'emozionante dramma Alaska), sarebbe stato ancora più destabilizzante del finale della seconda stagione? (qui la mia recensione), ma soprattutto chi se l'aspettava che questa terza stagione sarebbe stata anche la migliore? Perché la serie, che chiude con i fuochi d'artificio una terza stagione che, col senno di poi, si è rivelata essere solo una stagione di transizione, di cambiamento, e in cui si possono perdonare certi eccessi quali il rapido risorgere di Genny e l'ascesa repentina di Sangue Blu, necessari comunque per seppellire il passato e cominciare ad edificare un futuro (diverso ma uguale a sé stesso), ha regalato sorprese a non finire. In un finale di stagione davvero sorprendente e di gran caratura (che è difficile da trovare, specie in una serie italiana che però ha davvero poco da invidiare ad alcune tra le più celebri saghe criminali d'oltreoceano), anche se tutto ciò che avviene era qualcosa che prima o poi sarebbe destinato ad accadere ugualmente, forse in modi e maniere del tutto differenti, però così è andata e così doveva andare. I personaggi di Ciro e Genny infatti, amici fraterni, arrivano al loro punto di non ritorno, un "traguardo" che non vede vincitori, né perdenti. Dopotutto, lo spaccato d'Italia dipinto da Gomorra (in costante equilibrio su di un filo di rasoio) è sempre stato politicamente scorretto e capace di dare vita a discussioni e giudizi differenti. Difatti l'intera terza serie è sempre stata costruita su equilibri narrativi fragilissimi e non sorprende scoprire come questi equilibri siano infine stati fatti in mille pezzi, come un bicchiere di cristallo che si infrange al suolo.
mercoledì 14 febbraio 2018
Il GGG: Il grande gigante gentile (2016)
Come ben sapete, o se non sapete dovreste assolutamente sapere, Steven Spielberg è il mio regista preferito in assoluto. Tanto che quando a fine mese scorso hanno fatto un canale di Sky dedicato a lui, e in cui hanno mandato in onda tutti i suoi film, ho rivisto alcuni dei suoi straordinari lavori, altresì ho anche visto il bellissimo documentario della HBO in suo onore, che vi consiglio assolutamente di vedere perché è davvero un viaggio straordinario nella sua mirabolante cinematografia, dai suoi esordi e fino ai giorni nostri, nel mezzo interviste, dietro le quinte e tanto altro. Per cui mi aspettavo dopo il gran ritorno col bellissimo Il ponte delle spie, vincitore non per caso della classifica dei migliori film visti nel 2016, di vedere un film più che discreto, appassionante e coinvolgente. E invece niente di tutto ciò, perché con Il GGG: Il grande gigante gentile (The BFG), film del 2016 diretto e prodotto dal grande regista americano, questa volta egli non riesce a fare del tutto centro. Certo, la confezione è bella da vedere, altresì tecnicamente perfetto, una bella storia volendo, ma la sostanza è decisamente risibile, anche perché il target a cui è destinato il film è quello del pubblico giovane...molto giovane, forse troppo. Certo, Spielberg si mostra ancora una volta sensibile verso le tematiche della sofferenza del diverso, riportando in auge un famoso romanzo del 1982 scritto da Roald Dahl (già portato sul grande schermo col film d'animazione del 1989 Il mio amico gigante, personalmente sconosciuto in verità) e facendo buon uso di effetti grafici che conferiscono quel tocco di fiaba e magia, alla fine dei conti gradevole, che regalano comunque una visione sufficientemente valida ma non paragonabile ai migliori lavori del regista di Cincinnati. Perché il film, il primo diretto da Spielberg ad essere prodotto e distribuito dalla Walt Disney, che usa fino in fondo le possibilità dell'animazione digitale (e della figura di Mark Rylance, grande interprete del suo precedente film, su cui il GGG è modellato) per regalarci un sogno ricco di meraviglie e avventura, una volta tanto scevro da sequel e da godere così com'è, è a tratti noioso, tutto è visto e rivisto.
martedì 13 febbraio 2018
Liebster Award! Glorius Edition & le 'Covate d'oro'
Torna come ogni anno, anche se non ho ancora ben capito se sia questa la versione "annuale" o un estensione, il premio Liebster Award, questa Glorius Edition infatti sembrerebbe essere la seconda "opzione". Tuttavia questo ha poca importanza, l'importante è averlo ricevuto, anche se non è proprio la prima volta. Il gioco difatti (una catena di nomination), che qui è pianta stabile da due anni, non ha cambiato le regole, quelle di rispondere a 11 domande e formulare di altrettante domande per i nominati, e nemmeno lo scopo, quello di conoscerci un po' tutti facendoci gli uni gli affari degli altri su argomenti vari e variegati e far conoscere altri blog. A cambiare semmai, questa volta, sarà la scelta mia e personale di non nominare nessuno e di non formulare nessuna domanda. In quest'occasione vi farete insomma solo i fatti miei, anche se grazie al secondo "premio", anzi, giochino, qualcuno sarà comunque nominato e sarà costretto (ma senza pressioni) a partecipare. Ma andiamo con ordine, comincio prima a ringraziare Riccardo de Il Bazar di Riky per avermi nominato al Liebster Award, non tanto invece per aver formulato undici domande alquanto piccanti, a cui comunque darò risposta, e finisco per citare (obbligatoriamente, anche perché è lei "l'artefice" del gioco successivo) Paola di A chi non è come neve, che ha dato a tutti la possibilità di rispondere alle sue 11 domande. E quindi ecco le mie risposte:
1. Qual è la parolaccia che dici di più?
Vaffa..
2. Qual è il film più estremo che hai visto, quello che - ad esempio per l'elevata violenza - ti ha fatto stare male quando hai spento la tv?
In verità nessuno mi ha fatto mai quest'effetto, anche se davvero ripugnante è A Serbian Film
3. Qual è il Junk Food a cui non puoi rinunciare?
Le patatine fritte e la Nutella spalmata su qualunque cosa
4. Qual è il personaggio televisivo che quando lo vedi in tv, cambi subito canale? (esclusi i politici di ogni tipo).
Le prime donne, conduttrici, di Canale 5...
5. Qual è il cantante che appena lo senti, cambi schifato stazione radio?
In verità tanti, tra i primi Gigi D'Alessio, Giusy Ferreri e Marco Carta
lunedì 12 febbraio 2018
Life: Non oltrepassare il limite (2017)
Non strabilierà per originalità, ma Life: Non oltrepassare il limite (Life), che tenta di assolvere al suo compito di mero prodotto ludico, fornendo basi classiche di fanta-thriller già rodate e che fanno una certa presa sul pubblico, si segnala sicuramente come un signor sci-fi horror. Girato con eleganza dallo svedese d'origine cilena Daniel Espinosa, pur essendo l'ennesimo clone di "Alien", questo film del 2017, risulta infatti costruito con invidiabile cura sfociante in un'escalation tensiva a dir poco ottima, concretizzata grazie ad una sceneggiatura che una volta lanciata non ammette attimi di respiro. Giacché questo agghiacciante thriller, ambientato nello spazio e che affronta l'annoso tema della possibilità di trovare altre forme di vita al di fuori della Terra, anche grazie ad un comparto tecnico eccellente (scenografia e ambientazione sono ben curati ed assolutamente realistici), raggiunge, nonostante una trama non solidissima e oltretutto semplice nei contenuti e nello svolgimento (anche se del tutto funzionale), l'obiettivo di diffondere tensione e ritmo fino alla fine. Anche perché la pellicola ci parla di un team di scienziati, guidato dal capitano Kat (Olga Dihovichaya), che a bordo di una stazione spaziale, dopo aver trovato una traccia dell'esistenza della vita su un pianeta ritenuto sino ad allora inospitale, si ritrovano tutti, i dottori Miranda (Rebecca Ferguson) e David (Jake Gyllenhaal), i tecnici Roy (Ryan Reynolds) e Sho (Hiroyuki Sanada), e lo scienziato Hugh (Ariyon Bakare), in una situazione di grande pericolo. La creatura aliena infatti, alla quale viene dato il nome di Calvin, nata da una cellula biologica fossilizzata, fortemente capace di adattarsi all'ambiente circostante (che comincia via via a crescere e a svilupparsi), dopo essersi liberata non darà tregua all'equipaggio, facendo così iniziare un'incubo senza ritorno.
venerdì 9 febbraio 2018
La Bella e la Bestia (2017)
A nemmeno tre anni dall'apprezzabile e discreta, perché cupa, meno fiabesca e poco musical, versione francese della celebre fiaba con Vincent Cassel e Léa Seydoux, ecco l'ennesima riproposizione in salsa Disney de La Bella e la Bestia (Beauty and the Beast), il (comunque bellissimo) classico che nella versione animata giunse nel 1991 alla nomination all'Oscar come miglior film. Una riproposizione che però non sortisce in parte l'effetto voluto, perché anche se la storia ricalca fedelmente (troppo) l'originale, visto che le novità si esauriscono nell'invenzione di due piccole back story per i protagonisti e nel nuovo adattamento delle parole delle canzoni, a mancare in questa (almeno personalmente deludente) pellicola, è precisamente la magia, quella che dovrebbe rapire lo spettatore e farlo immergere in una favola senza tempo accompagnandolo nella straordinaria storia di un principe, di un incantesimo, di un odio che si trasforma in amore capace di spezzare ogni apparenza, ogni superficiale impressione, ed invece manca tutto ciò, manca un'anima a questo film che, seppur tecnicamente ineccepibile, ben girato, con le musiche passate alla storia, le scene corali, tutto molto ben fatto ma senza trasmettere nulla in più allo spettatore che si vede scorrere la pellicola senza riuscire davvero ad apprezzarne il senso, il focus, giacché non scocca quella scintilla di magia tra film e spettatore, non c'è un vero coinvolgimento, è tutto molto approssimativo, molto superficiale, quasi sbrigativo. Questo live action del 2017 infatti, diretto da Bill Condon, se tuttavia merita appunto un'ampia sufficienza grazie ad un comparto tecnico notevole, grazie a scenografie ed effetti speciali di prim'ordine, senza dimenticare gli scontati ottimi costumi, non riesce insomma a ricreare quella magia e quel coinvolgimento dovuti a film del genere, anche perché il cuore e il pathos dell'originale non si avvertono.
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giovedì 8 febbraio 2018
King Arthur: Il potere della spada (2017)
Guy Ritchie è un regista che fa sempre discutere e riesce a dividere il pubblico, dai suoi esordi e fino all'ultimo Operazione U.N.C.L.E. (che a me piacque parecchio), e anche questo suo nuovo adattamento della leggenda di Re Artù ha ricevuto abbastanza critiche, da alcuni accusato addirittura di essere al limite del trash, o, più semplicemente, un polpettone. Di certo gli incassi al botteghino in perdita non gli sono stati d'aiuto, ma King Arthur: Il potere della spada (King Arthur: Legend of the Sword), avventura action del 2017, diverte e si fa molto apprezzare, anche perché lo zampino di Ritchie è evidente, tanto nei dialoghi quanto in certe zampillanti scelte registiche. Infatti il regista britannico grazie alla sua rutilante cifra stilistica fatta di un montaggio serratissimo con linee temporali sovrapposte ed intersecate tra loro, riesce a rendere la storia (tutto sommato piuttosto semplice e scontata) un intrattenimento valido, in cui la noia non fa mai capolino. Certo, questo adattamento cinematografico è molto lontano dalla storia originale, ma avvalendosi di una sceneggiatura avvincente, ricca di dettagli e dialoghi molto curati sia nel linguaggio (tipico delle storie di genere), sia nella loro forza emotiva (spesso, infatti, le battute sono dirette e accattivanti, mentre raramente sentiamo qualche banalità), il regista fa centro. Ovviamente è necessario stare al gioco, pronti a sorbirsi dialoghi ridondanti, accelerazioni furiose in contrasto con ralenti bellici in cui Ritchie si specchia, ma capito il trucchetto il divertimento è assicurato. Il regista difatti, pur affrontando un tema inflazionato e più volte rivisitato, riesce abilmente a non snaturare il proprio stile e a marchiare il prodotto con la sua indistinguibile impronta ottenendo un risultato che, seppur non entusiasmante, si può definire soddisfacente.
mercoledì 7 febbraio 2018
American Horror Story: Cult (7a stagione)
American Horror Story ha avuto un innegabile effetto nella Tv degli ultimi dieci anni, in particolare per essere stata una delle prime serie antologiche e per aver riportato in televisione Jessica Lange. Inutile negare però che dopo Asylum (la migliore della saga) qualcosa si è rotto, le trame e i personaggi sono diventati ripetitivi fino a Hotel e Roanoke in cui si susseguivano solo una serie di immagini d'impatto a caso. Questa settima stagione di American Horror Story poteva quindi segnare la svolta per la serie, ma se avviene, lo fa in negativo, giacché gli anni e la scarsità di idee si fanno pesantemente sentire. Anche perché American Horror Story: Cult si è rivelata l'ennesima deludente stagione, una stagione che, seppur intrigante, è cominciata come macabra parodia di un evento da tutti scongiurato ed è divagata in un'insensata analisi del fenomeno delle sette nella recente storia americana (Evan Peters finisce addirittura e ridicolmente con l'impersonare perfino Andy Warhol, Marshall Applewhite, David Koresh, Jim Jones, Charles Manson e Gesù). Senza dimenticare che gli avvenimenti vengono prevedibilmente riproposti sotto forma di cliché per accumulo, dato che già dal primo episodio si capisce che vedremo qualcosa di già visto e assisteremo spesso a lamenti di Sarah Paulson, perdendo così l'opportunità di poter sviscerare con perizia le nuove fobie della moderna borghesia americana. Poiché reduce dal ben poco riuscito Roanoke, con Cult, American Horror Story decideva di puntare (furbescamente e in modo geniale, dopotutto Ryan Murphy di certo lo è) sull'attualità (la vittoria a sorpresa di Donald Trump nel novembre 2016) e sull'analisi di una società dilaniata da tensioni, rabbia repressa, paura e isteria, e il primo episodio, incentrato sulla fobia per i clown, ci regalava diverse buone premesse. A dieci puntate di distanza, purtroppo, la fiducia nei confronti degli showrunner, compreso Brad Falchuk, è andata dissipandosi di settimana in settimana, di puntata in puntata.
martedì 6 febbraio 2018
Monolith (2017)
Trasposizione dell'omonimo fumetto di Roberto Recchioni e Mauro Uzzeo (anche se in realtà film e fumetto sono stati ideati in contemporanea), Monolith, film thriller del 2017 diretto da Ivan Silvestrini e interpretato da Katrina Bowden, Damon Dayoub e Brandon Jones, ripropone in una veste inedita il conflitto uomo/macchina, scansionato stavolta, ma soprattutto, dall'angolazione ipertecnologica. Il film infatti, breve, realizzato negli Usa con (pochi) attori americani, ma che dal punto di vista produttivo e creativo è completamente italiano, un po' come il buonissimo Mine di Fabio Guaglione e Fabio Resinaro, dato che qui, come anche lì c'era e c'è per lunghi tratti un solo personaggio/attore sulla scena, che combatte con pericoli naturali e non, altresì assalito da allucinazioni varie, ci parla di una donna e il suo bambino, dentro un'avveniristica auto super accessoriata, blindata e a prova di ogni pericolo, che si ritrovano (e in mezzo a una strada deserta) impensabilmente in una situazione di grave pericolo, il bambino difatti rimane intrappolato all'interno di essa e toccherà alla sua mamma, e con tutte le sue forze e possibilità (e vicissitudini di varia natura), liberarlo, ma non sarà per niente semplice. Ma mentre in Mine c'era tanta carne al fuoco, che miscelata in modo abbastanza perfetto produsse un buon mix, in questo Monolith non tutto funziona a dovere. Le differenze difatti sono molte, anche perché il film, si riduce al concept dell'auto del futuro pericolosa e del bambino che ne è prigioniero, uno spunto molto "stiracchiato" che a tratti fa parere lungo un film che non raggiunge l'ora e mezza. Inoltre la riflessione sul dominio della macchina sull'uomo, aggiunge poco a quanto già raccontato dal cinema.
lunedì 5 febbraio 2018
Geek League: Il mio totem geek
Quando mi è stato chiesto (dalla appena nata Geek League e di cui membri, e dei loro "totem", li trovate a fine post) qual era il mio oggetto Geek che mi rappresentasse o più semplicemente che ha dato il via alle mie passioni, non sapevo che pesci pigliare, anche perché scegliere un cartone animato in particolare tra i tantissimi che da piccolo in poi ho visto e amato (qui), scegliere un personaggio dei fumetti (in particolare del Topolino) tra i tanti che da piccolo in poi ho conosciuto e amato, scegliere un gioco o giocattolo (anche collezioni) in particolare tra i tanti che da piccolo in poi ho avuto e a cui ho giocato (qui) o anche scegliere un film (qui), una serie (telefilm o programma televisivo di una volta) o una canzone (qui) che da piccolo in poi ho visto, sentito ed amato, non era affatto facile. E quindi, invece di scegliere l'oggetto, ho preferito scegliere il mezzo, il tramite, che ha allargato le mie passioni e che mi ha permesso di progredire tecnologicamente, di crescere intellettualmente ma anche di sviluppare abilità tecniche che non sapevo di avere, ovvero il Personal Computer. Questo però non sarà un viaggio in stile "Wikipedia" sulle origini di questo mezzo tecnologico e dell'impatto che ha avuto nella società, ma di come ha "cambiato" la mia vita, infatti, in quest'occasione vi parlerò del mio percorso con questo utilissimo mezzo (con cui al giorno adesso passo ben 7 ore di svago e divertimento). Il mio primo computer (senza internet, perché dovevo concentrarmi sulla scuola) l'ho avuto a ridosso degli anni 2000, e nei successivi tre anni ho imparato a usare bene (anche se a scuola avevo già fatto pratica) sia Word che Excel ma anche tutti gli strumenti di Microsoft Office, e ho giocato a nuovi videogiochi (su tutti i giochi di calcio Fifa a partire dal 1998 oltre a tanti giochi di macchine e di ruolo), dato che per 10 anni avevo solo giocato a quelli che avevo a disposizione dalla mia unica console e di cui probabilmente ci sarà spazio più in là per parlarne (lo sanno anche i muri del mio Sega Master System). Di questi videogiochi molti però (al contrario della collezione Fx Interactive che nel 2004/2005 in collaborazione con La Gazzetta dello Sport feci mia), non erano affatto "originali", anzi, molti grazie ad alcuni amici li ho avuti "gratis". Per poter far partire questi giochi ci voleva comunque una certa abilità di "hacker", abilità di "craccare" che in poco tempo ho fatto mia, tanto che finita la scuola e messo finalmente internet, nel 2003, ho scaricato tanti giochi (soprattutto da eMule), film, cartoni e fumetti (oltre ad alcuni manga) da leggere, senza nessuna fatica.
sabato 3 febbraio 2018
La Promessa 2018, ovvero i film che vorrei vedere entro l'anno
Seguendo l'esempio di Lisa di In Central Perk, ma soprattutto quello di Giuseppe de Il Buio in Sala, mi accingo anch'io quest'anno a stilare la lista di film (tra una delle tante) che dopo parecchi rimandi, dopo parecchio tempo e dopo averli quasi rimossi (anche involontariamente) dalla memoria, ho deciso finalmente di vedere. Almeno è quello che spero di riuscire a fare, tanto che se non dovessi riuscire nell'intento sarò costretto per penitenza a vedere una pellicola che probabilmente mai mi verrebbe in mente di vedere, e in questo caso la scelta è caduta su Le pagine della nostra vita (troppo melenso per i miei gusti). E siccome non vorrei assolutamente, questa speciale lista sarà divisa in due parti ben distinte, una facente parte la promessa in questione, l'altra con i titoli ancora mancanti degli Oscar 2015, 2016 e 2017, i titoli che cercherò e proverò (anche se non dipende molto da me ma dalla programmazione di Sky ed altro) a vedere prima degli Oscar 2018 in riferimento alla candidature di giorni fa e infine gli imperdibili quest'anno.
Due affascinanti thriller fantascientifici di Gareth Edwards del 2010 e 2014
Suggestivo horror drammatico di Lars von Trier del 2009
Visionario thriller fantasy del 2012 con Gemma Arterton e Saoirse Ronan
L'ultimo eccentrico lavoro di Terry Gilliam datato 2013
venerdì 2 febbraio 2018
Geek League: La scheda
Finalmente dopo una spasmodica attesa, l'idea nata dalla folle e ingegnosa mente di Miki Moz del Moz O'Clock, ovvero quella di riunire sotto un unico tetto i supereroi dai poteri e pensieri affini della cultura pop, geek e nerd, sta ormai prendendo forma. Eccomi qui perciò oggi a presentarvi la mia scheda personale che mi rappresenterà in questo nutrito gruppo di blogger, che si divertirà a stuzzicare l'attenzione di tutti.
Nome: Pan Fury
Alter ego: Peter
Blog: Pietro Saba World
Codice: H0011
Chi sono: Il tappa buchi della situazione, quello che se serve c'è sempre
Superpoteri: Grande appassionato di cinema e assiduo videogamer, amante della musica, del cibo e del pop
Punti deboli: Libri, Fumetti
Perché sono nella Geek League: Perché mi piace stare tra nerd e parlare di quello che mi appassiona
Per sapere però cosa questo progetto comporterà, vi basterà aspettare un po' di giorni, precisamente settimana prossima, per conoscere e vedere con i vostri occhi e grazie ad un ulteriore post di presentazione, che cosa questo gruppo di eroi riuscirà a combinare, e che cosa riserveranno ai loro affezionati lettori.
giovedì 1 febbraio 2018
Wonder Woman (2017)
Da quando il DC Extended Universe è iniziato, non possiamo dire che siano usciti gran prodotti, anche se L'uomo d'acciaio a me piacque abbastanza, certamente molto di più di Batman v Superman: Dawn of Justice, forse meno di Suicide Squad, anche se quest'ultimo parecchio deludente, facendo così sfumare importanti occasioni per la semplice fretta di "raggiungere" gli avversari Marvel. Tuttavia con Wonder Woman, film del 2017 diretto da Patty Jenkins (che con il suo Monster ha dato la possibilità a Charlize Theron di vincere un Oscar) e da cui non mi aspettavo un granché, sono riusciti a fare un lavoro più che discreto. Questa pellicola infatti li supera nel comparto narrativo, dato che in questo caso ci troviamo di fronte ad un blockbuster con una trama molto studiata, ben approfondita ed elaborata, anche se con un po' troppo buonismo che rende alcuni dialoghi prevedibili e alcune scene già viste in molti altri film e che avrei preferito non vedere. Ma come sappiamo non è mai facile produrre un film così "importante" sui supereroi senza commettere errori, che qui in verità, come vedremo, abbondano. Importante perché Wonder Woman è sempre stata una figura supereroistica molto apprezzata (anche grazie alla serie cult con Lynda Carter, che ogni tanto ho visto anch'io) ma anche rispettata, soprattutto per il suo spirito "girl Power" (che si sta affermando ultimamente in molte pellicole) e non poteva che essere più attuale che mai in questo periodo cinematografico e sociale.
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