mercoledì 28 aprile 2021
I vincitori e le mie considerazioni su i Premi Oscar 2021
venerdì 23 aprile 2021
Le serie tv del mese (Aprile 2021)
Accennato l'anno scorso della mia "missione recupero serie tv top", o è stato all'inizio del nuovo anno? Comunque sia, ribadito il fatto, finalmente è giunto il momento, da questo mese e per i prossimi 5 infatti, recupererò 7 serie della mia lunga lista (ma tra quelle più recenti), più altre 9 miniserie entro dicembre, quasi tutte di piattaforme streaming che (ancora) non ho e quasi tutte tra le più apprezzate degli ultimi anni. Per la scelta mi sono basato da un semplice criterio, serie già concluse e con più di una stagione sul groppone. Cosicché se BoJack sarà sempre presente con le sue 6 stagioni, le altre (3 più altre 3 che poi scoprirete) si alterneranno. In tal senso ai fini della classifica finale verranno tutte le stagioni (perché farò appunto di stagione in stagione) giudicate come un unicum (raggruppare 6 o 4 stagioni di una serie in un unico post mi sembrava infatti troppo complicato per me), anche se di eccezioni potrebbero comunque essercene alla fine. Comunque metodi e criteri, e probabilmente non ci avrete capito una mazza (ed anch'io), ecco qui (sotto) il punto di partenza.
BoJack Horseman (1a stagione) - Irriverente. Scandaloso. Politicamente scorretto. In sole due parole? BoJack Horseman, serie tv originale di Netflix creata da Ralphael Bob-Waksberg, di cui ingredienti alla base sono un cavallo alcolizzato, un coinquilino con idee strampalate, un vicino di casa facilmente entusiasmabile e un mondo dove animali e umani convivono. Uno spaccato reale sulla vita delle star hollywoodiane in chiave ironica, originale nel raccontare direttamente, con le stesse voci dei protagonisti (è immensa la fitta rete di star, dal mondo della televisione a quello del cinema fino ad arrivare al campo musicale, che questa serie riesce a riunire sotto di sé, e non sono solo i doppiatori), il lato più oscuro dell'altra medaglia di Hollywood. Con una scrittura brillante ed intelligente che esalta la natura profonda e riflessiva della serie (è infatti una comedy fondamentalmente triste: affronta col sorriso amaro temi delicati che toccano la vita di ogni essere umano), con un assortimento di personaggi interessanti e peculiari (che sono paradossalmente quasi tutti animali, BoJack è chiaramente l'MVP indiscusso), con un umorismo nonsense originale, Bojack Horseman si presenta, già alla prima stagione, come la migliore serie animata e (in virtù di veri e propri momenti drammatici) la migliore "dramedy" animata vista da me negli ultimi anni. Una stagione che parte subito col botto e non ci vuole molto a capire il motivo che ha portato questa serie ad entusiasmare il pubblico ed ora me, dato che quello humour scorretto, a volte pure ingiurioso e che non fa sconti a nessuno in nessun momento, è proprio quello che diverte e di cui non si riesce a fare a meno. A livello grafico, tutti i personaggi sono disegnati in maniera assolutamente intrigante, gli episodi sono brevi il giusto (circa 25 minuti), diretti e da vedere in qualsiasi momento, mentre alcune scene sono a dir poco spettacolari (su tutte quella delle droghe assunte per l'incredibile tentativo di scrivere un libro in 2 giorni, veramente una sequenza da star male dal ridere). La scelta di partire con dei cliché (persona famosa entrata in depressione, donna in carriera che non riesce ad avere famiglia, uomo famoso sempre gentile e allegro) si rivela essere un trucco, visto che niente è come sembra: tutti i personaggi hanno sfaccettature contraddittorie e, per questo, interessanti. Insomma, non voglio dilungarmi oltre, BoJack Horseman è una serie che, una volta iniziata, non si riesce più ad abbandonare, e non per caso ho deciso di vederla tutta. La prima stagione è infatti promossa a pieni voti ma ha quell'aria di stagione introduttiva che in alcuni casi tende a tirare il freno: aspetti che senza dubbio verranno superati nelle stagioni successive. Voto: 8
lunedì 19 aprile 2021
Le mie canzoni preferite (Marzo-Aprile 2021)
A Marzo (inizio mese) c'è stato il Festival di Sanremo, di conseguenza ho pubblicato (a fine rassegna) il mio Speciale, di conseguenza le canzoni si son presi tutta la scena musicale del mese (ed oltre), di conseguenza ho raggruppato questo mese e il precedente e pubblico a distanza di due mesi, pensavo quindi che poche sarebbero state le nuove (buone) uscite, ma fortunatamente non è successo, anche se solo sette questa volta le mie canzoni preferite (però sempre meglio che niente). Tornando alle canzoni Sanremesi, a distanza di tempo, ne ho rivalutate alcune, rivalutando così alcuni miei giudizi, cioè semplicemente toglierei una stella (da 3 a 2) a Willie Peyote, ne aggiungerei una (da 2 a 3) ai Coma Cose, Colapesce e Dimartino, ed alla Rappresentante di Lista. Il resto immutato. Detto ciò, ora potete cliccare su Play ai video per conoscere o riconoscere queste mie preferite canzoni, anche da Youtube se volete.
Nessun talent, ha esordito tramite social, su TikTok, ma io l'ho scoperto dalla radio, una bella scoperta!
Una discreta canzone, a dargli quel tocco in più il featuring ad opera della britannica Birdy,
la parte migliore è infatti quella cantata in inglese.
mercoledì 14 aprile 2021
I film del periodo (1-11 Aprile 2021)
Seppur impelagato da visioni a destra e a manca potevo non sfruttare l'occasione (che spero non unica sarà) di spulciare per un mese (tra inizio marzo ed inizio aprile), e in modalità gratis (in seguito ad un acquisto fatto da me per il mio compleanno), nel catalogo cinematografico Prime Video di Amazon? Ovviamente no, e complice la zona rossa e la conseguente compagnia di mio fratello (quasi ogni sera l'appuntamento era alle 21) di film ne ho visti tanti (lui predilige l'horror, ma non disdegna il thriller, la commedia e la fantascienza). Così tanti che ho dovuto dividerne le "conseguenze" in due, oggi la prima parte, la seconda al prossimo "periodo", periodo successivo a questo qui, in cui c'è di tutto, tutto il mio solito (stessa cosa al prossimo giro). Poiché, oltre a visioni "libere", eccone altre, diciamo così, "obbligatorie", infatti tra Amazon Original e nuove proposte in Exclusive, recuperi da Oscar e non solo (già segnati da tempo), qui sono (e saranno successivamente) presenti. In più un film per l'Angolo Vintage ed uno per la Japan Animation, insomma di tutti i generi e colori, buona lettura e/o visione.
Sound of Metal (Dramma 2019) - E' la storia di un batterista metal alle prese con un'improvvisa sordità che gli cambierà la vita. Uno strano piccolo film, scarno e coinvolgente. Una piacevole sorpresa. Scritto da Derek Cianfrance e diretto dall'esordiente Darius Marder, Sound of Metal è una parabola esistenzialista interamente arpeggiata sui chiaroscuri degli stati d'animo del protagonista. A qualche eccesso di dilatazione temporale fa da contrappeso un impeccabile lavoro sul suono, che restituisce pienamente la condizione di disagio di Ruben. Interessante e riuscito è infatti il tentativo di conciliare sensazioni soggettive con l'esigenza di renderle condivisibili al pubblico attraverso tecniche sonore di distorsione e sovrapposizione, un "incubo" anche per noi. Lontano da sentimentalismi, colpisce per la sua veridicità. Il regista dirige difatti un'opera prima scevra da cliché ma ricca di amore per un racconto trattato con una delicatezza unica. La presa di coscienza non è un percorso semplice e così non deve sembrare. Il dramma del protagonista, un ex tossicodipendente di buon cuore, viene analizzato senza sconti e senza patetismi, frugando fra le sue paturnie e le sue speranze di riscatto. Alla fine, a trionfare, sarà una più serena accettazione della vita con le sue svolte e i suoi cambiamenti. Il tutto narrato in modo scarno, diretto e coinvolgente. E' candidato ai Premi Oscar 2021 in sei categorie (un po' troppo parrebbero), tra cui Miglior Film, Migliore Sceneggiatura, Miglior Sonoro (l'unico che meriterebbe indubbiamente) e Miglior Attore, il protagonista Riz Ahmed in effetti è bravissimo e regge sulle sue spalle gran parte della riuscita del film (ma non sono da meno gli altri attori coinvolti in prima persona), un film forse superficiale ma bello. Voto: 7+
Kristy (Horror/Thriller 2014) - Essenziale e lineare "Kristy" si segnala come un buon intrattenimento, un home invasion su scala ampliata con il college a sostituire la consueta abitazione. I grandi spazi e la varietà di ambienti vengono ben sfruttati da Oliver Blackburn, offrendo un'ideale messa in scena per la caccia organizzata da un gruppo di giovani incappucciati e mascherati nei confronti di una studentessa rimasta sola (guardiani a parte, ovviamente liquidati senza troppi affanni) nell'imponente complesso. Il confronto avviene sostanzialmente tra due donne: la protagonista decisa a non lasciarsi sopraffare tanto facilmente e la sua antagonista, leader del gruppo e unica a non avere il viso nascosto. Il confronto tra l'angelica (sempre meravigliosa) Haley Bennett (quella di Swallow) e la luciferina Ashley Greene finisce pari e patta almeno a livello di doti recitative, entrambe convincenti con la vittima designata descritta magari velocemente ma con intelligenza, tanto da permettere allo spettatore di entrare in buona sintonia con la giovane. I primi minuti in questo senso sono fondamentali, culminanti in quel senso di libertà che la protagonista prova in solitaria danzando tra i corridoi del dormitorio, nuotando nella piscina o ammirando il cielo sdraiata nel campo di football, del tutto ignara riguardo l'incombente minaccia. Per la protagonista sarà una notte di terrore ma soprattutto di battaglia, potenziale ennesima vittima di quella che apparirebbe come una setta satanista. A dispetto di altri film appartenenti al filone è riscontrabile un accenno di chiarimenti, sinceramente non proprio indispensabili. Comunque sia utili per spiegare, forzando un poco, la ragione per la quale ogni vittima della gang viene chiamata Kristy, in quello che è un rimando religioso di natura etimologica. Nulla di eclatante, una pellicola onesta e priva di fronzoli capace di alimentare una certa tensione senza mai annoiare. Voto: 6,5
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venerdì 9 aprile 2021
[Cinema] David Lynch Filmography - Parte 2 (The Elephant Man, Strade perdute, Una storia vera)
Dopo aver visto e in un certo senso rivisto (sicuro ora infatti di aver già visto qualcosa un po' qui e un po' là ma nella loro completezza solo ora) gli ultimi tre film mancanti della filmografia di David Lynch, e ricordo che la prima parte inerente alla suddetta filmografia la trovate Qui, non ho più parole per descrivere il mio rapporto con un regista come Lui, un regista capace di cambiare registro e sorprendere positivamente, non cambiarlo affatto e sorprendere nuovamente. Continua a mettermi costantemente in crisi, anche quando il suo lato onirico e visionario (innegabilmente affascinante ma terribilmente astruso) rimane confinato, ma indubbiamente un regista da cui rimanerne attratto. Potrebbe forse mai entrare nella decade dei miei registi preferiti, ma un posto l'avrà sempre nei miei pensieri e nei miei ricordi, ricorderò difatti con piacere della visione di tutti i suoi film, uno più particolare dell'altro, attendendo chissà nuovi memorabilia.
The Elephant Man (Biografico/Dramma 1980) - Una delle storie più tristi mai portate sul grande schermo, con il giovane David Lynch bravissimo nel non farsi prendere eccessivamente la mano dal melodramma. E con The Elephant Man, a 35 anni egli firma il suo capolavoro (assoluto), un'opera imperniata sul contrasto tra il bene e il male, un apologo (tratto da una storia vera, quella di Joseph Merrick, ragazzo orribilmente deforme dell'Inghilterra vittoriana e del medico che se lo prese a cuore) sul diritto a una vita normale anche per gli ultimi (un personaggio simile a Quasimodo de "Il gobbo di Notre Dame", tanto per farvi un'idea se non avete ancora visto il film). Girato in un bianco e nero che conferisce al film tinte gotiche, The Elephant Man riesce a rimanere sobriamente in equilibrio rispetto a qualsiasi tentazione buonista e a reggere egregiamente il peso degli anni, nonostante qualche allettamento didascalico sulla brutalità del volgo, l'ipocrisia dell'aristocrazia londinese, la rettitudine degli esclusi e via psicologizzando. David Lynch ha saputo così trarre da questa storia la sua pellicola più poetica e struggente, fatta di uno sguardo umanissimo e partecipe da una parte (il medico magistralmente interpretato da Anthony Hopkins) contrapposto alla diffidenza e allo scherno della gente comune dall'altra. Il lento inserimento del reietto John (altrettanto magistralmente interpretato, e da John Hurt) all'interno della vita sociale londinese (fatta di piccoli passi e scoperte quotidiane) colpisce nel segno ed emoziona per il suo carico di grande umanità (si veda, ad esempio, il commovente incontro tra il protagonista e la Signora Kendal, nonché il primo, vero passo di Merrick verso un'esistenza "normale"). Il finale, così dolce e carico di significato, è la perfetta conclusione di un ciclo che si chiude, lasciando nel pubblico una sensazione allo stesso tempo di malinconia e tenerezza, di compassione ed empatia. Ma il film funziona proprio in virtù di questa compiutezza, che lo rende un capolavoro inestimabile. L'andamento lento della vicenda può far storcere il naso a qualcuno o sbadigliare qualcun altro ma non toglie nulla alla portata dell'opera. Un'opera (seppur "sfortunata", ricevette 8 candidature all'Oscar, ma chiuse la serata di gala a mani vuote) davvero da non perdere e da vedersi almeno una volta nella vita, per riflettere e poi commuoversi. Voto: 8
martedì 6 aprile 2021
[Games] Videogiochi del periodo (Gennaio/Febbraio/Marzo 2021)
Una nuova stagione videoludica è cominciata (la scorsa fine qui), anche se di nuovo c'è quasi niente (e in senso generale), anche perché quello che porterò in dote quest'anno saranno quasi tutti (spero comunque di trovare qualche gioco a buon prezzo prossimamente) videogiochi acquistati lo scorso (fine) anno. E tra saldi autunnali, black friday e saldi invernali (e nel mezzo di tutto ciò ho anche vissuto nostalgiche avventure gentilmente offerte da SEGA per il suo anniversario, ho infatti potuto farmi una partita a Sonic ed a tanti altri giochini), anche giochi (tre) gentilmente offerti da Ubisoft (uno è qui oggi, gli altri ancora da provare) e tanto altro rimasto in giacenza. Una mole di giochi che cercherò di portare a termine (giochi che ricordo appena usciti non sono, anzi, da un bel pezzo), nonostante alcune difficoltà che ultimamente sto cominciando a riscontrare. Colpa di meccaniche di gioco che in alcuni specifici giochi impediscono la fluidità di controllo dei comandi al giocatore, troppi pulsanti e troppo movimenti in sincronia, che appunto non giovano alle articolazioni delle mani, nel mio caso già deficitari di loro. Cosicché un cambio di "genere" sta avvenendo e avverrà, più avventure e meno giochi di ruolo, ve ne accorgete man mano, ma oggi ecco cosa ho portato.
Syberia 3 - Più di dieci anni sono tanti, tanti lunghi anni (dal 2004 al 2017) Kate Walker ha dovuto attendere per essere salvata dal triste destino che sembrava attenderla alla fine di Syberia 2. In un lasso di tempo del genere i videogiochi, i giocatori e il mondo in generale cambia (radicalmente può cambiare). È possibile, allora, che una saga come Syberia, protagonista tra il 2002 e il 2004, avesse ancora la forza di dire qualcosa di originale dopo un periodo così lungo? Dopo aver terminato il gioco la mia risposta è no, anche perché Syberia 3 è il sequel che temevi di una serie che non aveva bisogno di sequel. Ma c'è un aspetto di Syberia 3 che, già a pochi secondi dall'avvio del gioco, spalanca un mondo di ricordi piacevoli ai seguaci della saga come me: le musiche. Quelle musiche orchestrali soavi, imponenti, che nell'arco di poche note riescono a strappare il giocatore per trasportarlo in una fiaba senza tempo, dove la ricerca della famigerata Syberia altro non è che la metafora del viaggio di un popolo alla ricerca della propria identità. Una colonna sonora sopra le righe, che a distanza di tutti questi anni ricorda ancora come, oltre due generazioni fa, mollare la frenesia di New York e seguire l'avventura più incredibile e pericolosa del mondo sia stata la scelta migliore che potessi fare. Peccato che musiche, un doppiaggio esclusivamente in lingua inglese (sottotitolato in italiano) e un set di enigmi interessanti esauriscano i pregi indiscutibili di Syberia 3, incapace di offrire una narrazione avvincente come le precedenti e di presentare problemi tecnici (dinamiche, game design ed altro) inspiegabili e leggermente fastidiosi. Certo, si rimane comunque rapiti dallo stile retro-cyberpunk del gioco, ma è un po' una delusione. Un vero peccato perché molte delle location che si visitano possiedono ancora la magia di Syberia, che purtroppo però è in gran parte svanita, forse anche a causa dei troppi anni passati dall'uscita del secondo capitolo. Per questo motivo, si consiglia Syberia 3 solo ai fan duri e puri di Benoit Sokal che vogliono vedere che fine ha fatto Kate Walker. Voto: 6
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