E' passato anche Agosto, è passata probabilmente anche l'estate, tuttavia il tempo per il cinema e per la musica (a tal proposito il post sui tormentoni e le altre canzoni preferite dell'estate è già programmato) c'è sempre. E proprio questo connubio mi ha dato l'occasione di vedere un film concerto del 2014 diretto da Roger Waters e Sean Evans e basato sul tour The Wall Live (2010-2013) tenuto da Waters, intitolato per l'appunto Roger Waters the Wall. Un film che tuttavia non mi ha lasciato del tutto soddisfatto, anche perché personalmente non ho mai molto amato "The Wall". Troppo cupo, pesante, a tratti retorico. Dei Pink Floyd ho sempre preferito di gran lunga altri album, ma qui si va troppo sul soggettivo. Ciò nonostante, non ho potuto che ammirare la straordinaria messa in scena del concerto di Waters, una botta forte ai sensi, un mix frastornante di emozione e tecnologia, con effetti speciali da paura e quel muro gigantesco che viene lentamente costruito sul palco. Interessante, quindi, lo sviluppo su più livelli: da una parte un on the road con Waters che fa i conti col passato e visita i luoghi dove sono sepolti nonno e padre, entrambi uccisi dalla follia della guerra, dall'altra l'esperienza travolgente del live. Il che permette anche ai non fan di capire meglio le dinamiche e il senso complessivo di un'opera complessa e impegnativa come "The Wall", parabola sulla guerra, il senso di perdita, l'amore e la vita. Waters scava nel profondo della propria storia personale e della propria sensibilità, raccontando il dramma e l'assurdità di ogni conflitto, di ieri e di oggi, scagliandosi contro autoritarismi e condizionamenti. Un messaggio potente e tristemente attuale, in questi tempi di nuovi "muri" e sempiterne lotte. E, poi, la musica. Una superband e canzoni entrate di diritto nella storia del rock: dall'immancabile "Another Brick In The Wall" a "Comfortably Numb". Il tutto girato e mixato con suoni e immagini impeccabili, occhi e orecchie ringraziano per un'esperienza comunque "totalitaria" davvero incredibile. Un'esperienza personalmente non così intensa di quanto mi sarei aspettato ma discretamente soddisfacente, come in parte per i quattro film di questa lista.
venerdì 31 agosto 2018
giovedì 30 agosto 2018
I peggiori film del mese (Agosto 2018)
A neanche una settimana dal post di Ferragosto in cui vi rendevo partecipi di alcuni fatti miei (anche se in quell'occasione e in quel periodo a farla da padrone è stato il dolce far niente), eccone un'altra simile occasione, seppur in questo caso, trattandosi di quella consueta e strana occasione portatrice di notizie cattive (le cose peggiori del mese), una soprattutto c'è, ed è quella che la caldaia si è rotta, negli ultimi giorni non c'è stata l'acqua calda e per ovviare ad alcuni sistematici problemi, la si è dovuta (nonostante l'ingente spesa e nonostante non si è ancora deciso se cambiare casa o ristrutturare) cambiare. A non cambiare è invece l'abitudine a non rinunciare a vedere film che a prima vista non sembrano promettere così tanto e che poi inevitabilmente danno poco, un po' come questi film di questo mese che fortunatamente così tanto brutti non sono, o almeno non da sconsigliare in toto.
Moonwalkers (Commedia, Regno Unito 2015): Ci sono poche cose che accendono la fantasia dei cospirazionisti quanto la passeggiata di Neil Armstrong e soci sulla Luna del 1969. E' avvenuta, non è avvenuta, è stato un imbroglio o al contrario la più grande impresa compiuta dall'uomo? Ma che sia avvenuto o meno, lo sbarco lunare resta una realtà dell'immaginario ed è su questa ambigua ontologia che il suddetto film di Antoine Bardou-Jacquet gioca, ipotizzando che alla vigilia del lancio dell'Apollo 11 il ponte di comando americano, metta in cantiere un "finto" sbarco da studio da mandare in onda in mondovisione se le cose per Armstrong & Co. dovessero mettersi male lassù. Il piano viene affidato a un agente della Cia che ha combattuto in Vietnam e che deve volare a Londra per convincere il miglior regista sulla piazza, Stanley Kubrick, a prestare i suoi servigi per la più grande frode del secolo, in cambio una valigia piena di soldi. Ma per colpa di uno scambio di persona attuato da due squattrinati individui si troverà prevedibilmente in difficoltà, le cose infatti si complicheranno sempre più e la situazione precipiterà. Quello di Moonwalkers è quindi un cocktail veramente esplosivo, un cocktail grottesco e ricco di idee brillanti (l'idea di "scritturare" Kubrick è la genialata più divertente del film) e affascinante (ottima la ricostruzione d'epoca), tuttavia il film, non affonda nel mistero e non si prende molto sul serio, preferendo scegliere la strada della "parodia". Una strada parecchio impervia giacché tra sparatorie e omicidi vari, scene splatter e orge intraviste, la storia procede con un andamento discontinuo, uno stile barocco e decisamente trash, senza equilibrio. Certo, tutto è abilmente sostenuto dalla verve degli attori (un Ron Perlman sempre godibile e un Rupert Grint che può finalmente fare ciao ciao con la mano a Ron il Rosso di Harry Potter), alcune gag funzionano, ma il film, che in più occasioni dà l'impressione di afflosciarsi (dopotutto la sceneggiatura non è il piatto forte di un'operazione che gioca più che altro sull'impasto pop e postmoderno di diversi immaginari, dal Vietnam alla Swinging London, dai fricchettoni alla Guerra Fredda, da Kubrick al pulp tarantiniano), è un minestrone, disordinato, che miscela vari generi, con efficacia discutibile, in sostanza non si capisce cosa voglia realmente dire. Ed è un peccato, perché seppur davvero interessante è il finale che lascia il dubbio allo spettatore e geniali sono alcune trovate (visive), solo parzialmente riuscito è questo strano film. Voto: 5,5
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mercoledì 29 agosto 2018
Gareth Edwards Filmography: Monsters (2010) & Monsters: Dark Continent (2014)
Il suo esame Gareth Edwards due anni fa (quattro anni fa al cinema) lo passò brillantemente, il suo Godzilla riuscì infatti nell'impresa di risultare un gran bel film grazie soprattutto a lui (le sue idee furono infatti il motore trainante di un percorso stilistico interessante avviato in parte nei suoi precedenti lavori), lui che dopo il suo successo con quel film, ne fece un altro anche migliore, quel Rogue One che nell'universo di Star Wars, è uno dei migliori, in assoluto certamente della saga "antologica" avviata proprio con quel film (in tal senso bisogna dire però che Solo non ho ancora visto). Proprio in occasione della sua recensione (di un film che fece meglio anche della "nuova" saga principale), espressi non a caso l'idea che lui registicamente "migliori ad ogni film che fa", ed è stato così anche precedentemente a questi due più che discreti (ottimo in verità il secondo) prodotti, perché prima del film che ha segnato la sua consacrazione egli aveva già in qualche modo provato a tessere la tela, provando appunto a mettere già in campo le sue qualità trattando di fantascienza e mostri, ed è chiaro ora che Monsters, film del 2010 scritto e diretto da lui stesso, che ne ha curato anche fotografia, scenografia, montaggio ed effetti visivi, meno il suo deludente ed insipido sequel Monsters: Dark Continent, film del 2014 diretto da Tom Green (lui è solo e fortunatamente il produttore esecutivo), fosse il punto di partenza (l'antipasto) da cui cominciare a costruire la sua carriera, carriera cominciata con un film forse atipico ma alquanto interessante, tuttavia non perfetto ma sufficientemente riuscito che gli ha appunto dato l'occasione di dare l'esame di cinematografia "quasi" finale (il film con Felicity Jones lo fu e venne passato alla grande). Ma se del celebre kaijū del cinema giapponese ho già detto, non avevo ancora detto della duologia, proprio perché mi mancava, ed è solo merito delle mie promesse cinematografiche che sono finalmente riuscito a recuperare queste due pellicole, pellicole dal risultato però completamente e paradossalmente (visto la stessa cifra stilistica e tema) differente. Il motivo? Semplice, la recensione di entrambe lo dirà.
martedì 28 agosto 2018
[Tag] Vorrei ma non posto... #Top5Summer2018
"L'estate sta finendo" potrebbero tranquillamente, dopo questo bizzarro tempo degli ultimi giorni, cantare i Righeira, eppure manca quasi un mese alla chiusura della stagione estiva, perciò sono ancora in tempo per riproporre, come parzialmente promesso al commento del post omonimo scovato nel blog di Riccardo, ad un Tag esclusivamente estivo, per l'appunto #Top5summer2018, un Tag creato da Elisabetta Grafica a cui il buon Ricky ha partecipato (tramite nomination dell'autrice) settimane fa (qui). E quindi, con dei piccoli accorgimenti al regolamento "personale" di Elisabetta (qui il suo blog) eccomi partecipare anch'io a questo ennesimo giochino che mi da la possibilità di farvi conoscere ulteriormente qualcosa su di me, su i miei gusti musicali e sul mio pensiero, con inoltre alcuni ricordi estivi.
Partiamo con il regolamento:
1) scegli la colonna sonora della tua estate: una sola traccia, quella che metteresti a palla in auto per partire in vacanza! Può essere la tua canzone preferita, quella che ti dà un senso di libertà, quella energizzante che ascolteresti per andare a correre, quella che alzi a tutto volume quando per caso la trovi alla radio nel tragitto di ritorno da lavoro o che canti a squarciagola aspettando il semaforo verde, quella che non ti fa rimanere ferma quando la ascolti, quella che ti fa assaporare l'estate, anche senza vacanze. Non importa che sia nuova, di tanto tempo fa, di autori conosciuti o non...a te la scelta!
2) proponi un luogo del cuore da visitare, un posto che hai già visto, che ti ispira, che ti piace e che non vedi l'ora di rivedere. Può essere un luogo di villeggiatura ma, ancor meglio, una bellezza nascosta della tua città o nelle tue vicinanze, un itinerario nella tua zona, dietro l'angolo.
3) una frase, un motto ("quots"), un pensiero che ti senti tuo e che sussurreresti all'orecchio di una persona cara per farla sorridere della vita.
4) invita almeno un'altra persona (anche di più, non c'è un limite) a giocare insieme (e avvisala!). E se questa persona, per qualsiasi motivo, non accetta l'invito e non prosegue, fa nulla, non non c'è offesa...ognuno fa quello che può! Se invece non sei stata nominata e vuoi partecipare comunque, fatti avanti tu! Insomma, su questo punto c'è parecchia elasticità.
5) condividi sul tuo blog (se ne hai uno) e sui social questa iniziativa con #top5summer.
lunedì 27 agosto 2018
Fast & Furious 8 (2017)
Sono passati sedici anni ormai dal primo capitolo che dava finalmente una ventata d'aria fresca agli action movie, introducendo per la prima volta le famose corse clandestine lungo le strade delle città più grandi del mondo, in questo caso tutto ebbe inizio per quelle di Los Angeles per poi spostarsi sino al Giappone per la precisione a Tokyo nell'ottimo terzo capitolo. Ma dal quarto capitolo in poi il format delle corse clandestine è andato a farsi benedire, con l'aggiunta di un nuovo incipit d'intrattenimento, molto più spettacolare e adrenalinico ma pur sempre perdendo lo spirito dei bei vecchi tempi e delle sfide con le auto modificate proprio come i migliori Need For Speed (in tal senso evitabile la piccola citazione). Con il passare del tempo e dei capitoli successivi i nostri eroi hanno avuto perdite e aggiunte nei loro cuori e nelle loro vite, dal quinto capitolo hanno affidato a Dwayne "The Rock" Johnson un personaggio che passando gli anni ha preso più importanza, sino proprio a quest'ultimo capitolo, che avrebbe riportato discordanze tra lui e Vin Diesel sull'importanza dei personaggi sia nel set che fuori con qualche piccola lite, liti che stavano intaccando la realizzazione di questo Fast & Furious 8 (The Fate of the Furious), film del 2017 diretto da F. Gary Gray, e i prossimi capitoli, per la precisione il 9 e il 10 che dovrebbe essere l'epilogo di tutto questo teatrino di tradimenti ed esplosioni. Tuttavia l'ennesimo capitolo è stato prodotto, anche se questo purtroppo, seguendo la scia dell'emozionante (in particolare per la prematura scomparsa di uno degli attori protagonisti, Paul Walker) ma esagerato e banale settimo capitolo (qui la mia recensione), perda nuovamente equilibrio. Perché certo, è ormai da tanto che Fast & Furious si è reinventato, da pellicola di macchine e velocità a stunt movie un po' spy e molto action a la Point Break, un Mission Impossible su quattro ruote (e in tal senso come sia potuto accadere che un action che parlava di corse in auto clandestine e ladri di videoregistratori, era il 2001, abbia generato una saga alla James Bond, nonché una vera e propria mini-epica, sarebbe qualcosa da approfondire), ma qui l'esagerazione supera il limite di sopportazione.
venerdì 24 agosto 2018
The Witch (2015)
Tra mitologia e storia, le streghe nella letteratura, come nel cinema, hanno assunto molteplici forme, eppure non tutto è già stato esplorato. The Witch, stilizzato come The VVitch e sottotitolato Vuoi ascoltare una favola?, in inglese A New-England Folktale, film horror-storico del 2015 scritto e diretto da Robert Eggers, riesce infatti ancora a fornire una nuova lettura, inquietante e insieme in qualche modo realistica, tra verità e credenze popolari, del lento avvicinarsi di una giovane e innocente al maligno che si cela nel profondo del bosco. Certo, gli elementi sono quelli, non si scappa. Streghe, boschi infestati, sabba, puritanesimo, e le più tipiche incarnazioni animalesche del maligno. Ma di fatto forse nessuno aveva mai trattato questi elementi come realtà storiche da ricostruire con deferenza e da rispettare quasi "religiosamente". Il progetto è quello di ripulire gli eventi da patine, trucchetti, orpelli, e manierismi tipici soprattutto degli horror per teenager, cercando di arrivare con un clima d'angoscia là dove non si può con gli effetti speciali (mossa furba per un esordio low-budget). Ed ecco quindi la particolare cura fotografica, col ricorso maniacalmente esclusivo alla luce naturale di un sole spento (o di fioche candele e lumi a olio), e poi il ritratto minuzioso delle privazioni e delle durezze di tutti i giorni, la crudeltà della vita isolata guidata dalla fede che si somma alla crudeltà di esseri soprannaturali mai sembrati così naturali. È orrore vero, realistico, umano, umanamente pesante (se non proprio deprimente), sorretto anche dalla credibilità di ottime interpretazioni. E in tal senso non lasciatevi però trarre in inganno: The Witch è una pellicola horror solo per comodità di catalogazione e si offre a diversi e molto più profondi piani di lettura. Perché certo, essendo comunque un horror essa rispetta le regole del genere: non manca infatti lo spavento puro, volto a colpire l'emotività dello spettatore, tuttavia la pellicola rappresenta un'esperienza visiva ed emotiva tutt'altro che facile da decodificare e da smaltire proprio per i differenti piani narrativi che si offrono per più spunti riflessivi e chiavi di lettura dello stesso (tra religione e scienza, tra realtà e suggestione).
giovedì 23 agosto 2018
Picnic at Hanging Rock (Miniserie)
Innanzitutto, non ho né rivisto, né quasi certamente mai visto (di ricordi proprio non ne ho), il film Picnic at Hanging Rock di Peter Weir (di lui però ho visto ed amato parecchi film, L'attimo fuggente, Truman Show e Master & Commander su tutti), e quindi ovviamente nemmeno mi pongo il problema di un confronto con la pellicola, tuttavia questo secondo adattamento del romanzo omonimo scritto da Joan Lindsay, divenuta ora miniserie, una miniserie televisiva australiana, trasmessa su Sky Atlantic dal 5 al 19 giugno (io come sempre leggermente in ritardo, ma sarebbe stato meglio forse evitare del tutto), diretta da Michael Rymer, Larysa Kondracki e Amanda Brotchie, durante le quali poter rivivere il mistero dell'incontro tra un luogo mistico e delle giovani donne, proprio non mi ha convinto, anzi, evidente è la mia delusione per una storia che nonostante un incipit interessante ed intrigante, dato che al centro della trama di Picnic at Hanging Rock c'è un mistero, la sparizione di tre ragazze e un insegnante da un picnic tenutosi sotto un misterioso massiccio roccioso (la storia è ambientata in Australia), non riesca mai a decollare, perché purtroppo questa non è una storia investigativa con tanto di risoluzione finale in stile Agatha Christie o Conan Doyle (il "mistero", se così si può dire, dopotutto non verrà svelato), ma una di storia di emancipazione femminile, certamente interessante però non poi così tanto nuova o di grande densità. Perché anche se si assiste a un caso che diviene inevitabilmente sventura o meglio ad un avvenimento avvolto nel più fitto mistero: nel 1900, il giorno di San Valentino, tre allieve e un'insegnante spariscono nel nulla durante un picnic ai piedi delle formazioni rocciose ad Hanging Rock (Monte Diogene), site ad una cinquantina di chilometri da Melbourne, in Australia (un luogo mistico che trasuda fascino e pericolo), conseguentemente sorgono dubbi sulla tragedia che porterà a un declino vertiginoso dell'istituto scolastico, istituto che fungerà inesorabilmente da nascondiglio e prigione per le persone che vi risiedono, Picnic at Hanging Rock arranca faticosamente verso la conclusione.
mercoledì 22 agosto 2018
I film visti in vacanza a Ferragosto (2018)
E' stata, la scorsa settimana di Ferragosto, una settimana di completo relax, o quasi, dopotutto in questo periodo di riposo (un po' come tutti, ma non proprio tutti) non ho fatto altro che mettere fieno in cascina, non ho fatto altro che dare una direzione alla mia programmazione cinematografica e non, e quindi non ho fatto altro che programmare post, film o serie da vedere entro l'anno. E tuttavia nonostante tutto ciò ho avuto non solo il tempo di vedere comunque parecchi film, ma anche di dare un'occhiata ad un documentario bellissimo, che tuttavia non avrei voluto mai vedere. Il documentario, prettamente televisivo, in questione infatti era quello sull'indimenticato Robin Williams, che come purtroppo sappiamo si è tolto la vita nel 2014 a 63 anni, notizia che per tutti fu uno letteralmente shock, non solo perché pochi sapevano dei suoi problemi, ma perché egli, un genio della commedia e non solo, capace di far ridere e riflettere tutti, dai più grandi ai più piccoli, dando vita a moltissimi personaggi che fanno tuttora parte dell'immaginario collettivo di intere generazioni (da Peter Pan al buffo alieno Mork, dal dottor Hunter Patch Adams all'androide Andrew Martin ne L'uomo bicentenario, e tanti altri), ha lasciato un vuoto difficile da colmare. Difatti Nella mente di Robin Williams, documentario HBO diretto da Marina Zenovich e presentato al Sundance Film Festival, è un ritratto ora divertente, ora intimo e commovente di uno dei più grandi attori di sempre. Non a caso il film Come Inside My Mind, andato in onda su Sky Cinema e attualmente disponibile su Sky On Demand, ricco di interviste di colleghi e amici (David Letterman, Billy Cristal, Pam Dawber, Eric Idle, Whoopi Goldberg e il figlio Zak, che raccontano l'uomo dietro la maschera, una persona che non poteva sentirsi felice se non riusciva a far divertire gli altri) racconta tutta la vita dell'attore, dall'infanzia solitaria nel Midwest fino alla fine dei suoi giorni, passando per i suoi ruoli più iconici e per filmati d'archivio delle prime esibizioni teatrali a San Francisco. Dopotutto il documentario, che fa un ritratto dell'attore e dell'uomo e celebra la sua memorabile carriera, esplora la vita dell'artista attraverso le sue stesse parole, mostrando interviste inedite in cui spiega ciò che lo ha spinto a creare i personaggi nella sua mente e il processo creativo. E poiché scopriremo le sue lotte contro la depressione, l'alcol e la droga e vedremo gli ultimi anni con l'operazione al cuore nel 2009 e poi la tragica fine nel 2014, l'emozione è stata parecchio alta, e tuttavia proprio per questo che il documentario merita di essere visto, un po' come tutti i film che oggi vi propongo.
martedì 21 agosto 2018
Notte Horror 2018: La mosca (1986)
Arriva l'estate e al cinema o alla tv ecco che fanno capolino gli horror, ma nella blogosfera (stesso periodo, stesso genere) ecco che finalmente torna anche la Notte Horror, con la sua quinta edizione, la terza a cui partecipo, dopo The Faculty nel 2016 e Stigmate nel 2017, un'edizione in cui ho deciso di vedere un film che mi duole (e colpevolmente) ammettere non avevo mai visto, e il motivo è abbastanza semplice, ovvero che non solo in tv non è passato spesso e in orari non propriamente consoni, ma perché all'epoca e poi dopo, complicato era vedere questi generi di film, solo successivamente le possibilità, con l'avvento di internet (anche perché cd o dvd di film non ho mai comprato), sono aumentate sensibilmente, non a caso ultimamente la fase di recupero è all'inizio e questo film l'ho scaricato. E non sto parlando di un film qualsiasi, ma di un cult inossidabile, di un film ottimo che travalica il genere, perché ha tante cose da dire e tante critiche da fare, una mente intelligente alla sceneggiatura e un occhio stupendo che sa girare un'oretta e mezza praticamente perfetta, senza una sbavatura, tutto è perfettamente dove e quando deve esserci. Né più né meno. Anzi il di più c'è eccome: effetti speciali che sono tanto più inquietanti oggi, e a distanza di trent'anni, della CGI fasulla e anti-realistica che certe produzioni ci propinano oggi a dosi industriali. Un film che semplicemente oggi sarebbe impossibile realizzare, che si prende i suoi tempi, che cresce di tensione piano piano, scritto con la testa e recitato bene, senza strizzatine d'occhio varie né "gigionerie" fastidiose, cupo pessimista e cattivo, disturbante dall'inizio alla fine. Parlo ovviamente del bellissimo La mosca (The Fly), film del 1986 diretto da David Cronenberg, una perla del cinema e soprattutto del genere horror per davvero. Una perla così incredibile che dopo averla scoperta, andrò dritto (quando potrò) a recuperarmi tutti i film di questo straordinario regista, che conosco poco, soprattutto mi manca completamente il vecchio Cronenberg (quello giovane invece lo conosco abbastanza giacché ho visto tutti i suoi ultimi 4 lavori). E, diamine, ne vale la pena se siamo su questo livello.
lunedì 20 agosto 2018
Loving (2016)
Se la storia d'amore nata nel 1947 tra l'erede al trono del Botswana e un'impiegata bianca londinese, al centro del film A United Kingdom, cambiò la storia, almeno in una parte del mondo, la storia d'amore tra Richard e Mildred Loving (bianco lui, nera lei) a fine anni '50 cambiò invece uno dei pochi paesi che all'epoca senza esitazioni ancora non accettava il matrimonio interrazziale, parlo ovviamente degli Stati Uniti d'America, che sempre definitosi il paese della libertà negli anni '60 proibiva l'unione di due razze e che negli anni a seguire continuerà a lottare (e non ha mai finito di fare ancor oggi) contro la piaga razziale, sempre presente nel sud della sua sterminata nazione. Loving per questo, film del 2016 scritto e diretto da Jeff Nichols, è un film interessante, che parla di un argomento importante e relativamente poco noto, ma purtroppo non lo fa benissimo (e personalmente è leggermente migliore il film di Amma Asante). L'idea del regista è quella di raccontare la vera storia dei Loving, una coppia interrazziale residente in Virginia sul finire degli anni '50, le cui vicissitudini giudiziarie hanno portato poi alla messa al bando delle leggi nazionali che proibivano i matrimoni misti. La cosa segnò una grandissima conquista in tema di diritti civili per gli Stati Uniti, in quegli anni tema di discussione fortissimo all'interno del paese, dal momento che le persone di colore si trovavano ancora discriminate in molti ambiti della vita. Ci troviamo precisamente nel 1958, quando una coppia interrazziale, viene arrestata e condannata ad un anno di detenzione (che possono evitare se abbandonano lo stato e non vi fanno ritorno per 25 anni), rei di essersi sposati. Accettano il verdetto e si trasferiscono, ma dopo una lunga permanenza a Washington, Mildred abbraccerà l'idea di mettere in piedi una battaglia legale contro la Virginia, che passerà alla storia come "Loving contro Virginia", che porterà poi, come detto in apertura, all'abolizione del divieto di contrarre matrimoni misti.
sabato 11 agosto 2018
La guida tv della settimana di Ferragosto
Il blog e tutto il suo mondo di rubriche social (di consigli televisivi serali e notturni) va in ferie per tutta la prossima settimana, e quindi come già fatto in occasione delle scorse festività natalizie (qui), vi segnalo cosa andrà in onda di interessante in tv da stasera fino al 19 Agosto, perché solo il 20 del mese il blog riaprirà i battenti. Tuttavia una precisazione importante, anzi due: ovvero che se i canali cambieranno programmazione all'ultimo minuto non sarà di certo colpa mia, e che ovviamente poiché ad oggi è impossibile conoscere la programmazione di tutta la settimana che verrà, il post sarà (giornalmente forse o mercoledì/giovedì) aggiornato. In ogni caso, ecco i miei consigli su cosa c'è e cosa vedere nei prossimi giorni, ma soprattutto buone vacanze, a presto.
SABATO 11 AGOSTO 2018
Premium Cinema Emotion - Ore 19.03 La tempesta perfetta
Sky Cinema Stars - Ore 19.05 L'attimo fuggente
Sky Cinema Max - Ore 21.00 47 Metri
Rai Movie - Ore 21.10 Eden Lake
Italia 1 - Ore 21.10 Il Signore degli Anelli: Le due torri
Premium Cinema Energy - Ore 21.15 Whiteout: Incubo bianco
Sky Cinema Passion - Ore 22.45 The Illusionist: L'illusionista
Premium Cinema - Ore 22.54 Moglie e marito
Paramount Channel - Ore 23.00 Freddy vs. Jason
Premium Cinema Emotion - Ore 19.03 La tempesta perfetta
Sky Cinema Stars - Ore 19.05 L'attimo fuggente
Sky Cinema Max - Ore 21.00 47 Metri
Rai Movie - Ore 21.10 Eden Lake
Italia 1 - Ore 21.10 Il Signore degli Anelli: Le due torri
Premium Cinema Energy - Ore 21.15 Whiteout: Incubo bianco
Sky Cinema Passion - Ore 22.45 The Illusionist: L'illusionista
Premium Cinema - Ore 22.54 Moglie e marito
Paramount Channel - Ore 23.00 Freddy vs. Jason
venerdì 10 agosto 2018
La mia compilation Anni '80
Ve l'avrò detto e più volte ripetuto che gli anni '80 son per me, musicalmente gli anni d'oro della suddetta arte d'espressione (non sminuendo in ogni caso i '70 e i '90). E così, dopo avervelo promesso, ecco la mia compilation definitiva (forse), relativa a quegli anni. Una compilation che ha già avuto una postilla, con La mia top 10 dei tormentoni estivi degli anni '80 redatta l'anno scorso, di cui alcuni brani tuttavia, ci saranno anche in questa "nuova" raccolta, raccolta che appunto conterrà categoricamente (e però) solo le canzoni uscite tra il 1980 e il 1989. Una passione nata per quest'epoca di musica grazie al cinema (ma non solo ovviamente), grazie soprattutto ad un film in particolare, per sapere quale vi basterà cliccare sulla playlist (mettere tutti i video era impossibile, e perciò saranno tutte in una raccolta). Qui sul post infatti scriverò solamente la lista completa dei titoli, titoli che comprendono nomi prestigiosi della discografia mondiale, Europe, Michael Jackson, Bonnie Tyler, Roxette, Cindy Lauper, Madonna, Guns N' Roses, Queen, Bon Jovi, Rick Astley, Spandau Ballet, Tears for Fears e tantissimi altri. E per finire anche gli artisti italiani. Tutti titoli quindi di cui inutile è commentare, bisogna solo sentire e basta, perciò mettetevi comodi e alzate il volume, perché il viaggio è parecchio lungo.
- Robert Tepper - No Easy Way out
- Survivor - Burning Heart
- John Cafferty - Hearts On Fire
- Survivor - Eye Of The Tiger
- Europe - The Final Countdown
- Europe - Carrie
- Bonnie Tyler - Total Eclipse of the Heart
- Michael Jackson - Beat It
- Michael Jackson - Billie Jean
- Roxette - Listen To Your Heart
- Roxette - The Look
- Cyndi Lauper - Time After Time
- Cyndi Lauper - Girls Just Want To Have Fun
- U2 - Pride (In The Name Of Love)
- Madonna - Like A Prayer
- Madonna - La Isla Bonita
- George Michael - Careless Whisper
- Phil Collins - Another Day In Paradise
- Belinda Carlisle - Heaven Is A Place On Earth
- Eurythmics - Sweet Dreams
- Guns N' Roses - Paradise City
- Guns N' Roses - Welcome To The Jungle
- Guns N' Roses - Sweet Child O' Mine
- Aerosmith - Rag Doll
- AC/DC - Back In Black
- Mike Oldfield - Moonlight Shadow ft. Maggie Reilly
- Alphaville - Forever Young
- Queen - I Want To Break Free
- Queen - Crazy Little Thing Called Love
- Queen - A Kind of Magic
- Queen - Radio Ga Ga
- Queen - Another One Bites the Dust
- Freddie Mercury - Living On My Own
- Dead Or Alive - You Spin Me Round
- Toto - Africa
- The Police - Every Breath You Take
- Bon Jovi - Livin' On A Prayer
- Bon Jovi - You Give Love A Bad Name
- Wham! - Wake Me Up Before You Go-Go
- Culture Club - Karma Chameleon
- Culture Club - Do You Really Want To Hurt Me
- The Human League - Don't You Want Me
- Baltimora - Tarzan Boy
- Rick Astley - Never Gonna Give You Up
- Rick Astley - Together Forever
- Tears For Fears - Everybody Wants To Rule The World
- Tears For Fears - Shout
- The Buggles - Video Killed The Radio Star
- Supertramp - It's Raining Again
- Men At Work - Who Can It Be Now?
- The Proclaimers - I'm Gonna Be
- Spandau Ballet - True
- Spandau Ballet - Gold
- Bryan Adams - Heaven
- David Bowie - Let's Dance
- Starship - Nothing's Gonna Stop Us Now
- Simply Red - Holding Back The Years
- Crowded House - Don't Dream It's Over
- Gazebo - I Like Chopin
- Double - The Captain Of Her Heart
- Paul Young - Everytime You Go Away
- Bruce Springsteen - Dancing in the Dark
- Scorpions - Rock You Like A Hurricane
- The Clash - Should I Stay or Should I Go
- Raf - Cosa resterà di questi anni 80
- Raf - Self control
- Ivana Spagna - Easy Lady
- Vasco Rossi - Vita spericolata
- Tullio De Piscopo - Andamento Lento
- Massimo Ranieri - Perdere l'amore
- Antonello Venditti - Ci Vorrebbe Un Amico
- Ricchi e Poveri - Sarà perché ti amo
- Maledetta primavera - Loretta Goggi
- Gianna Nannini - Bello e impossibile
- Toto Cutugno - L'Italiano
giovedì 9 agosto 2018
Kubo e la spada magica (2016)
Sembrava scontata nel 2017 la vittoria del Premio Oscar come miglior film d'animazione a Zootropolis, anche perché era l'unico che all'epoca avevo visto (e che avevo recensito in modo del tutto positivo) e perché la critica ne parlava così bene che tutto era ormai deciso, e infatti vinse quel premio ed anche con merito, tanto che sembrava che tutti gli altri in lista non avrebbe avuto speranza, eppure, anche se sono comunque convinto sia stata quella la scelta giusta, è innegabile che questi proprio brutti non erano affatto, anzi, film come Oceania e La mia vita da zucchina (del quintetto mi manca ancora La tartaruga rossa), avevano infatti ottime chance perché sono poi risultati dei gran bel film d'animazione, un po' come lo è senza dubbio il bellissimo Kubo e la spada magica (Kubo and the Two Strings), film d'animazione in stop-motion del 2016 diretto da Travis Knight che, seppur non perfetto, è certamente uno dei migliori film d'animazione prodotti negli ultimi anni, un film, una favola, suggestiva, visivamente e tecnicamente brillante ma soprattutto emotivamente profonda. Un'avventura epica dalle lontane radici fantasy, affascinante, misteriosa, coinvolgente ma non per questo meno divertente. Uno di quei rari casi in cui si riesce a vedere realizzata con (apparente) semplicità la sintesi da molti inseguita di una animazione in grado di parlare a diversi pubblici, di offrire insegnamenti e spunti, senza cadere nella pedanteria o nella retorica e soprattutto di farci perdere davvero in una favola in cui anche la magia è credibile. La produzione della Laika non è nuova a questi successi, dopo La sposa cadavere, Coraline e la porta magica, ParaNorman e Boxtrolls (che tuttavia non ho ancora visto), ma nel caso del film diretto dall'esordiente (alla regia, ma già produttore degli ultimi due dei suddetti) Travis Knight la fascinazione è davvero notevole. L'avventura del piccolo Kubo infatti, cantastorie e mago degli origami, costretto a sfuggire da persecutori soprannaturali e a cercare di scoprire il mistero legato alla sua famiglia, indizio dopo indizi, ci fa attraversare con lui mondi talmente diversi nei quali viene spontaneo sospendere l'incredulità, tanta è la forza visiva e narrativa di quello che vediamo scorrere sullo schermo.
mercoledì 8 agosto 2018
Westworld (2a stagione)
Parto subito col dire che purtroppo questa stagione non è all'altezza della prima (che ho letteralmente adorato, qui la recensione), e credo che difficilmente la serie tornerà mai ad avvicinarsi così tanto alla (quasi) perfezione (che non esiste e forse non esisterà mai), ma siamo sempre davanti ad uno dei migliori prodotti televisivi contemporanei, capace di distinguersi tanto per la raffinatezza delle tematiche quanto per l'ottima qualità della realizzazione. Perché questa seconda stagione di Westworld è qualcosa di notevole, un'opera dalla qualità di gran lunga superiore alla media televisiva, ma allo stesso tempo altalenante, a tratti deludente, soprattutto al confronto della prima, indimenticabile stagione. Questa doverosa premessa per dire che, di conseguenza, mai mi sarei aspettato di rimanere insoddisfatto o indifferente alla visione di Westworld 2, eppure eccomi qui a tirare le somme sulla seconda stagione, da poco (2 mesi) conclusasi e, a conti fatti, la mia opinione è più negativa che positiva. O, cosa ancora peggiore, è più un'opinione neutra, da parte di una persona che non è rimasta particolarmente colpita da quanto visto sullo schermo. Perché dopo una prima stagione che mi aveva non solo soddisfatto ma anche incuriosito a scoprire di più, attendevo con grande aspettativa la seconda stagione, sperando che gli sceneggiatori avessero in serbo per noi spettatori una prosecuzione all'altezza dell'originale. E invece, anche se questa volta gli autori non hanno fatto giochi di prestigio con la trama, ma hanno deciso di giocare a carte scoperte (il problema è capire in che ordine vadano lette queste carte, come incastrare tra di loro i tanti pezzi di questo puzzle dal disegno sfocato), non tutto funziona in modo adeguato. Questo perché viviamo gran parte della storia dal punto di vista di Bernard (Jeffrey Wright) e la sua mente è danneggiata, frammentata, passa continuamente da una memoria all'altra rendendogli difficile comprendere l'ordine temporale delle vicende. Noi siamo confusi tanto quanto lui e questa soluzione di farci immedesimare nel personaggio personalmente l'ho trovata brillante, seppur fonte di alcune problematiche. Non è un segreto che i due "creatori" Christopher Nolan e Lisa Joy si divertano come matti a confondere gli spettatori, sfidarli a capirci qualcosa in ciò che stanno guardando, ma forse qui si sono fatti scappare un po' troppo la mano, rendendo le cose talvolta più complesse del necessario. La storia tende ad una frammentazione eccessiva e non riesce a scorrere naturalmente come dovrebbe, rendendo in alcuni punti la "sfida" più frustrante che divertente. E infatti sembri che la seconda stagione di Westworld abbia perso per strada un elemento non proprio secondario: la narrazione.
martedì 7 agosto 2018
[Cinema] Il livello della commedia italiana moderna
Negli ultimi mesi Sky ha proposto ai suoi spettatori, tramite la dicitura "a pochi mesi dalle sale", alcune commedie italiane in prima visione, in questo caso specifico quattro pellicole, e quindi quale migliore occasione come questa, tastando così il polso alla commedia di genere, per capire, dopo l'ovvia visione, quale sia il livello della commedia italiana moderna?. Ebbene, le mie perplessità e i miei dubbi, siccome ultimamente mi trovo spesso a valutare mediocremente tante commedie soprattutto italiane, hanno avuto conferma. Perché in Italia solo una commedia su 4 riesce nel suo intento (come potrete vedere dalle mie recensioni), riesce a raggiungere la sufficienza piena (di più è alquanto raro), mentre la metà sono da bocciare (probabilmente era meglio non produrre nemmeno) e l'ultima da "rimandare". Certo direte voi, questo è soprattutto un giudizio più soggettivo che oggettivo, tuttavia è innegabile non accorgersi di questa crisi comica, di come molte commedie ricamano sempre intorno agli stereotipi, alla banalità ed alla volgarità, insieme ad una prevedibilità e una superficialità di fondo, e che solo pochissimi prodotti grazie a sprazzi di originalità, genialità ed imprevedibilità riescono ad alzare la qualità del Made in Italy (non è un caso che film come Perfetti sconosciuti o alcuni della cinematografia di Checco Zalone, Quo vado?, l'abbiano fatto). L'arte della nobile commedia all'italiana infatti (assente oramai dagli anni '70 e '80) ultimamente latita. Questo perché un tipo di commedia fece capolino vent'anni fa (il cinepanettone, con l'idea che per far ridere bisognava essere volgari), e da allora tutte, cercando di realizzare il successo di un "franchise tematico" che a parte nei primi film fece furore fino a diventare però successivamente un vizio (un qualcosa di ormai abusato e di basso livello), finiscono nel vortice della mediocrità. Per fortuna però alcuni nuovi soggettisti e sceneggiatori, seguendo l'insegnamento dei grandi maestri che ci facevano ridere o sorridere, e slegandosi in gran parte da quel tipo di commedia, brillantemente provano a rialzare il tiro, anche se tutti non ci riescono. Tuttavia quei pochi lo fanno e anche bene, seppur non eccezionalmente (Piuma e L'ora legale gli esempi ultimi da me constatati in positivo). Ed è paradossale tuttavia che al centro di questa nuova linfa ci sia un solo attore. Difatti in questi anni di profonda crisi della commedia all'italiana, l'unica autentica certezza sembra esser diventata Edoardo Leo. Con lui, infatti, la commedia all'italiana sembra aver trovato quel giusto equilibrio tra innovazione e tradizione. Che si tratti di un film da lui diretto e interpretato o come nel caso dell'ultimo film della mia selezione solamente interpretato (anche se in Io c'è il suo contributo sembra esserci pure nel soggetto e nella sceneggiatura), il cinema di e con Edoardo Leo presenta sempre delle caratteristiche ben precise che lasciano immaginare che l'attore romano, negli ultimi anni, scelga con molta attenzione le sceneggiatura da sposare senza lasciarsi "corrompere" dal vil denaro (fulgidi esempi il brillante Loro chi? e la spassosa trilogia di Smetto quando voglio). Massimo rispetto per Leo, dunque, che in poco più di cinque anni ha saputo donare nuova linfa al genere italiano per eccellenza imponendosi come miglior commediante del momento, sperando che di attori, registi e sceneggiatori così nel futuro ci siano ancora, perché comunque adesso il livello della commedia italiana è intorno alla mediocrità.
lunedì 6 agosto 2018
Sharknado 5: Global Swarming (2017)
Dopo la chiusura del canale Sci-fi della ormai defunta AXN, avevo poche speranze di recuperare (stessa cosa dicasi per la quarta stagione di Z Nation) Sharknado 5, poi un giorno senza saperlo (verso metà luglio) è approdato su DMAX (e in tal senso spero che prima o poi l'ultima stagione della serie sugli zombie approderà anch'essa in Italia), perciò mi sono messo comodo, ho spento il cervello e l'ho finalmente visto. Perché dopo aver visto e commentato tutti i precedenti capitoli (qui la recensione del quarto) l'attesa per il quinto capitolo era un qualcosa di difficilmente quantificabile, anche se non come per il quarto. L'attesa per quello che è ormai considerato appuntamento fisso (di ogni cultore del trash) dell'estate non solo americano dal 2013, è proprio in questo periodo infatti che la saga di Sharknado si arricchisce di un nuovo tassello della propria, personalissima, mitologia. Il punto più alto mai toccato dalla Asylum, capace di dar vita ad un franchise capace di diventare virale ed emergere nella svariata lista di produzioni coeve della casa di produzione americana grazie ad un'idea di cinema di serie z tutto indirizzato su una spiccata, e irresistibile, esagerazione e su una vena citazionista sempre più marcata. Dopo il primo capitolo, sicuramente il più debole e acerbo (ma tuttavia il meno peggio tecnicamente e narrativamente, e certamente il più geniale perché i sequel sono solo seguiti della genialità protesa col primo), la serie si è avviata verso un crescendo, sempre ovviamente rivolto ad un ridicolo "sense of wonder", che si è ulteriormente evoluta (in attesa forse a giorni del sesto capitolo) con Sharknado 5: Global swarming, film del 2017 e quinto capitolo (capitolo che dà a chi ancora segue la saga quello che si aspetta, astenersi quindi tutti gli altri) della saga sugli squali volanti più famosi al mondo. Saga fantascientifica e demenziale che supera se stessa in trovate folli e fantasiose. Il quinto episodio della saga sfiora infatti vette di follia inarrivabili: il fantasioso sceneggiatore Thunder Levin e il regista Anthony C. Ferrante (rei di tutti i capitoli) dimostrano difatti di potersi inventare situazioni ancora più assurde (e di questi tempi creare qualcosa che non si è mai visto è praticamente impossibile, per cui un complimento è doveroso).
venerdì 3 agosto 2018
Scappa: Get Out (2017)
Il 23 gennaio, all'annuncio delle nomination degli Oscar 2018, un nome su tutti balzò all'occhio con grande sorpresa ed incredulità, era quello di Scappa: Get Out, prodotto (secondo alcuni estimatori) dal Re Mida dell'horror indipendente Jason Blum (e la sua casa di produzione Blumhouse) e scritto e diretto dall'esordiente Jordan Peele. Personalmente infatti proprio non capivo come avesse fatto questo film (un ibrido con elementi del thriller psicologico, della commedia nera, della fantascienza e dell'horror), alquanto prevedibile dal trailer e non proprio originale nella trama (appunto questo Get Out da noi tradotto semplicemente con la parola scappa, che è il percorso che dovrà fare il nostro povero sciocco e innamorato ragazzo di colore in una giornata che già sembrava andare nel verso sbagliato per lui e la sua mente) a ricevere quattro candidature, compresa quella cruciale di Miglior Film. Per questo non posso perciò non rivelare che questo lungometraggio lo aspettavo da molto tempo e con ansia, e non solo perché sono un amante del thriller che questi anni ci ha regalato delle perle di rara bellezza e tensione, come lo sono stati The Invitation del 2015 e Man in the Dark del 2016, non dimenticando It Follows, opera seconda di David Robert Mitchell, ma proprio per capire il perché di questo successo, il perché di queste candidature e il perché dei premi vinti. Non riuscivo insomma a trovare risposta, ma la risposta c'è, ed è negli scorrevolissimi cento minuti di Get Out, che dopo un primo atto di tensione e di presagi ed un secondo di pura suspense disseminata tanto di indizi validi quanto di volutamente fuorvianti, rivela con un twist ingegnoso la sua vera natura: quella di un horror cristallino, mix di terrori terreni e paranormali, ironico ma tremendamente diabolico e strettamente aderente al cinema di "mezzanotte". Un film che riesce ad intrigare e intrattenere grazie ad un ritmo straniante, a dei dialoghi arguti e intelligenti e ad un'ottima costruzione narrativa della tensione. Questo film del 2017 è infatti, dopo averlo visto, il thriller psicologico-horror (poiché pur avendo gli stilemi dell'horror e alcune scene che lo ratificano come appartenente a pieno titolo al genere, è la psicologia che regge tutto il gioco rendendo ogni scena importante e portatrice di un proprio senso esclusivo) che non ti aspetti.
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giovedì 2 agosto 2018
La mia collezione di Topolino
Quasi un anno fa, anzi, praticamente un anno fa, era il 3 agosto (qui) vi parlai di come e perché il Topolino era il mio passatempo estivo. Un passatempo che tuttavia non ho più ripreso in modo costante, ma che ultimamente ha trovato nuova linfa in me grazie anche a tanti post sull'argomento di alcuni amici blogger, che come me hanno sempre avuto una passione smodata per questo "classico" dei fumetti, un classico che ha tenuto compagnia a tante generazioni di appassionati. E così dopo aver spulciato nella mia libreria alla ricerca di questi fumetti, ho deciso di farvi vedere la mia collezione attraverso delle immagini scannerizzate della loro copertina, copertina che negli anni ha subito alcune modifiche, ma che rimangono sempre e comunque marchi distintivi di questo genere di passatempo letterario. Collezione che conta (e da quello che so nessuno è stato mai buttato, ma così sicuro purtroppo non sono) 80 Topolino, che raggruppa un arco lungo di 12 anni. Il primo numero infatti è del 1996, il numero 2119 del 9 luglio, un numero a cui sono legato proprio perché era estate e non avendo niente da leggere scelsi proprio il Topolino per una lettura non impegnativa. L'ultimo numero invece è del 2008, il numero 2760 del 21 ottobre, un numero speciale quello con Wall-E, film che ho adorato parecchio, che ha segnato però la fine. Una fine tuttavia solo cartacea, giacché ho letto altri numeri successivi (anche ultimamente) in modo digitale, ma questo è un altro discorso, ora concentriamoci sui numeri cartacei, a cui aggiungerò alcune news, e infine vedrete anche altre copertine di altri fumetti che ho trovato nella mia libreria, piena soprattutto di videogiochi (a cui dedicherò forse un post però più in là).
mercoledì 1 agosto 2018
Animali notturni (2016)
Personalmente non amo questi tipi di film sofisticati, criptici, che durante ma soprattutto a fine visione lasciano parecchi punti interrogativi senza una risposta sicura. Ve ne sarete forse accorti di ciò da alcune mie recensioni, da alcuni giudizi a certe pellicole simili (anche se non per tutti i suddetti casi). Sia chiaro però, Animali notturni (Nocturnal Animals), film drammatico e neo-noir del 2016 scritto, diretto e co-prodotto da Tom Ford (basato sul romanzo del 1993 di Austin Wright Tony & Susan), è un film solido, ma non è un grande film. Infatti questa pellicola, che mi ha lasciato abbastanza perplesso, anche perché pensavo meglio, vista la miriade di osanna ricevuti a destra e a manca, è una pellicola molto pretenziosa che cerca di mettere in scena, con un doppio livello narrativo, il tema della vendetta e dell'abbandono, inseguendo costantemente una profondità, in ciò che vuole narrare e veicolare, che però mai raggiunge. E in tal senso l'opera seconda del regista/stilista dopo A Single Man non pecca nel tema, sempre meritevole di interesse, ovvero le cicatrici, dolenti ancora dopo anni, causate da rapporti sentimentali finiti male, bensì nella struttura (un racconto-cornice da dramma sentimentale che racchiude come narrazione di secondo livello un revenge movie nel profondo West, con atmosfere alla Killer Joe o Non è un paese per vecchi), potenzialmente intrigante ma non priva di difetti, e nel legame troppo strombazzato tra i due livelli narrativi. L'impressione è difatti che la montagna abbia partorito il topolino: costruzione diegetica ambiziosa, grande fotografia, attori in grande spolvero, intensità dialogica, cura certosina nella messa in scena, quello che manca sono storie interessanti, approfondite, che non sappiano di già visto e stravisto. In questo senso, le due parti di cui è composta l'opera, quella reale su Susan e quella romanzesca su Tony e l'indagine del detective, vanno a pescare da bacini tematici particolarmente frequentati nel cinema hollywoodiano: la ricca donna infelice, il crimine e la violenza in scenari desolati. Non a caso la pellicola ci racconta della vita di una gallerista che va in crisi quando riceve un manoscritto da parte del suo ex-marito, la cui storia sembra essere una inquietante metafora del loro rapporto di coppia.
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