Dallo scorso mese di Settembre su Sky, come sempre più spesso fa, dato che ogni tanto alcuni cicli di film o saghe vengono riproposte più volte, è arrivato un nuovo appuntamento dedicato a tutta la famiglia: Family Time. Ora non che io sia molto appassionato di film del genere per ragazzi, anche se alcuni non sono malissimo, ma poiché ogni venerdì alle 21 (su Sky Cinema Family ovviamente) mandavano in prima visione titoli inediti di produzioni europee e film presentati al Festival del Cinema (soprattutto al Giffoni) ho deciso di seguirla, questa rassegna di film. Difatti molti di questi, visti lo scorso mese sono stati presentati al Giffoni Film Festival, una delle più importanti e conosciute manifestazioni del panorama internazionale del cinema per ragazzi, che da sempre da quando ero piccolo seguivo, perché nonostante questi film siano effettivamente abbastanza mediocri, sotto molti aspetti, alcuni di essi, negli anni, hanno regalato alcune fantasiose e divertenti ore di intrattenimento. A volte infatti qualche gioiellino è venuto fuori, l'anno scorso per esempio ne vidi due vincitori se non sbaglio, Antboy, il primo e il secondo, e come tanti precedentemente, di cui però non ricordo i nomi. Ebbene, ecco quindi le mie piccole recensioni, non è che ci sia tanto da parlare in effetti, d'altronde hanno tutti una base abbastanza banale, anche superficiale, per raccontare storie di amicizie e non, con l'unico scopo di intrattenere bambini e ragazzi, di certo non gli adulti, di farli riflettere e soprattutto farli divertire. Cominciando dal primo, Labyrinthus, che comunque non fa parte di questo ciclo di film, è stato mandato in onda ad agosto, ma poiché anch'esso è stato presentato, anzi, premiato al Giffoni Film Festival, mi è sembrato giusto metterlo in questo post. E poi paradossalmente è forse il migliore di tutti. Perché questa spettacolare avventura cibernetica ambientata fra vita reale e mondo virtuale, del 2014 di produzione belga e olandese, mi è piaciuta molto, per l'originalità e la particolarità.
In Labyrinthus ci viene raccontata la storia di Frikke, un ragazzino di quattordici anni (che conosce molto bene l'universo dei videogiochi), che si imbatte in uno strano gioco per computer dove i suoi protagonisti sono ragazzi reali e animali reali (tra cui il gatto della sorellina che cade in un sonno profondo), in carne e ossa, le cui esistenze e i cui corpi sono stati misteriosamente (tramite fotocamera) caricati e trasportati nel labirinto del videogame. Frikke inizia a giocare, e presto incontra Nola, una ragazza intrappolata nel gioco. Mentre i due cercano di scappare dal cattivo del videogame, che ha giurato di fare del male a Nola se Frikke lascerà o perderà il gioco, appare nel labirinto anche Marko, il migliore amico di Frikke. In una frenetica e concitata corsa contro il tempo, Frikke dovrà trovare il malvagio creatore di questo terribile gioco, prima che sia troppo tardi. Come detto in precedenza questi tipi di film hanno sempre una base stabile ma accessibile a tutti, perciò anche se i dialoghi, le situazioni e le interpretazioni non sono all'altezza di grandi produzioni, tutti possono vederli e gustarseli. Ed è quello che ho fatto perché soprattutto questo Labyrinthus è un film bello, coinvolgente e pure emozionante. Non solo per le immagini spettacolari e digitali di questo strano labirinto, a metà tra Inception e Alice nel paese delle meraviglie, curato e ben fatto, ma anche per la storia (comunque prevedibile) di amicizia, tra fantascienza e fantasia. In più ci mettiamo bizzarre intuizioni e passabili cliché, senza dimenticare la deliziosa protagonista femminile, carinissima. Insomma davvero non male il film, anche se alla fine tutto è un po' confuso e non sappiamo neanche che fine fa il povero gatto della sorella del protagonista, dimenticanza incomprensibile. Voto: 6+
Primo film di Settembre, che però non è stato messo in cartellone, poiché non mi ha convinto per niente, e quindi ho deciso di 'nasconderlo', perché (Apenstreken) Monkey Business: Una scimmietta dispettosa (film olandese in concorso all'edizione 2015 del Festival di Giffoni), è forse il film più ridicolo che ho visto, di tutti questi e forse di sempre. Basta un dato per capire il perché, dalla storia assurda, prevedibile e troppo buonista, ai dialoghi (brutti e stereotipati), a tutto il resto quella che si salva è la scimmietta, la protagonista principale, comunque messa in disparte (quasi non c'entra niente), che è solo il pretesto per raccontare dell'intraprendente Wim, orfanello che scappa dall'istituto in cui è ospitato per poter andare a scuola. Infatti in questa inedita ed edificante avventura per ragazzi, ambientata nell'Olanda del primo '900, l'istruzione non è ancora obbligatoria e molti bambini, soprattutto quelli provenienti da famiglie povere, vengono mandati a lavorare nelle fabbriche o nei campi. E spesso è la stessa (cattiva e brutta) direttrice dell'orfanotrofio in cui vivono a venderli. Per sfuggire al suo triste destino perciò, il piccolo Wim scappa dall'istituto, deciso a frequentare una scuola. Grazie all'amicizia di una bambina e all'aiuto di un'astuta scimmietta, proverà a coronare il suo sogno, dando così inizio ad un'estate piena di nuove amicizie, guai e avventure emozionanti (si fa per dire). Insomma un film alquanto pessimo anche se le buone intenzioni ed alcuni spunti c'erano per fare meglio, ma poiché hanno deciso di abbassare la sceneggiatura al livello infantile, il tutto mi è sembrato troppo fanciullesco. Neanche il 3D l'ha salvato nonostante non potrei appurare (ma è francamente sicuro), davvero inconcludente, e neanche lontanamente interessante nonché coinvolgente. S.V.
Il secondo film in programma (sia della rassegna che cartellone) è stato invece Max, un film più maturo, emozionante e anche spettacolare, perché il film tratto da una storia vera, vede come protagonista, per l'appunto Max, cane da guerra che in seguito ad un trauma subito per la morte del militare a cui era affidato durante la guerra in Afghanistan, rientra in patria dalla famiglia del soldato scomparso. Qui il cane incontrerà il fratello, con lui nascerà un legame straordinario e insieme (anche ad una ragazzina) scopriranno un segreto sul drammatico lutto che condividono. Max infatti, film del 2015 diretto da Boaz Yakin (Safe), non è il solito polpettone, non è la solita storia, anzi, è davvero bello, non solo per il bellissimo pastore belga ma per la drammatica vicenda che capita a lui e a tantissimi altri cani che per servire il paese (quello americano) che sacrifica anche gli animali, però unici e utilissimi per trovare armi, droghe e bombe, quindi imprescindibili. E questa storia è proprio per ringraziarli per quello che fanno. Il film prende difatti le orme, da un vero eroe, quelle di Moby, ora star del cinema grazie a questo film che lo vede protagonista. Ma prima della finzione ha vissuto veramente le brutture dei campi di battaglia. Impiegato fra le fila della Marina statunitense in Afghanistan, Moby è stato anche ferito, un proiettile lo ha colpito all'altezza dell'occhio destro, ma per fortuna non gli ha lasciato danni fisici permanenti. Come molti altri veterani bipedi, però, anche Moby non è riuscito a lasciarsi alle spalle le esperienze vissute, soffre di disturbi da stress post-traumatico e rumori come quelli dei fuochi d'artificio lo terrorizzano perché gli ricordano le esplosioni. Anche per questo alcuni responsabili delle associazioni dei veterani di guerra sperano che questo film possa aiutare la gente a comprendere le difficoltà di chi torna dalla guerra e di che cosa voglia realmente dire vivere con un disturbo post-traumatico da stress (PTSD). Da tutto questo il regista gira intorno raccontando la storia di un giovane adolescente che si trova ad affrontare una tragica perdita in famiglia e che trova amicizia e protezione in un eroico cane soldato appartenuto al fratello caduto. Il soldato era l'unico che poteva toccarlo, che poteva lavorarci insieme. Nessun altro era in grado di avvicinarlo. Un rapporto che, poco per volta, si è trasferito al ragazzino. Max, è quindi un film commovente, ma anche pieno di avventura quando i due si trovano ad avere a che fare con un sinistro militare che arriva in città (l'unica forzatura insieme all'inevitabile storia d'amore di un film comunque costruito discretamente). In definitiva bel film, un dramma che dà un nuovo significato alla frase "migliore amico dell'uomo". Una storia di crescita e umanità nei confronti di tutti. Menzione speciale per gli attori, Lauren Graham (Una mamma per amica) e Thomas Haden Church (La mia vita è uno zoo) sono protagonisti nei panni di genitori sia del figlio Marine caduto (Robbie Amell, visto di recente nell'A.S.S.O. nella manica) che del suo fratellino di 14 anni Justin (Josh Wiggins). Voto: 6
Il terzo film Fungus, andato in onda in due parti, il 16 e il 23 settembre, è invece un atipico e alquanto strano film tv girato in live action, prodotto da Imaginarium Studios Production per Sky Television, e tratto dall'omonimo libro per bambini di Raymond Briggs, Fungus The Bogeyman. Incentrato sul bizzarro personaggio di Bogeyman, diventato un cult tanto da ispirare anche Paul McCartney nel brano BogeyMusic, il film racconta la storia di Fungus (Bogeyman, L'Uomo Nero), strano essere che vive nel sottosuolo insieme alla moglie Mildew e al figlio Mould, e il cui lavoro (come quello di tutti i Bogeymen), è fare scorribande notturne nel "Mondo di sopra", quello degli umani, per seminare il panico tra di loro. Tra ribellioni e fughe del figlio, e rocambolesche avventure per riportarlo a casa, Fungus abbandonerà il suo aspetto 'mostruoso' per prendere le sembianze umane e mimetizzarsi nel loro mondo, scoprendo ogni giorno cose nuove. Il film vede un cast d'eccezione con Timothy Spall (Il discorso del re, Turner) nelle sembianze umane di Fungus, e la partecipazione di Dean-Charles Chapman, il giovane attore britannico che interpreta il ruolo di Tommen Baratheon nella serie tv Il Trono di Spade a partire dalla quarta stagione. Fungus, film britannico del 2015, è forse quello più originale e divertente di quelli visti, perché grazie ai bellissimi costumi e geniali intuizioni è davvero simpatico. Non tanto alcune immagini disgustose e orripilanti (c'è veramente di tutto e puzzolente) che condiscono i vestiti, le case e la vita di questi strani esseri, quanto per il modo in cui il film è concepito, divertire divertendo. Anche se non è che fa proprio ridere, ma è proprio per questo che alcune trovate nonostante la prevedibilità (come quella della storia, un po' campata per aria a volte) e la bruttezza di alcune fa sorridere. Si sorride per il modo in cui il regista immagina il sottosuolo e le dinamiche dei personaggi, ma anche per la 'stranezza', sia visiva sia fantasiosa del mondo immaginato e poi messo pazzescamente in scena. Un mondo sia brutto che bello, capovolto e intricato nonché abbastanza non spiegato adeguatamente per risultare interessante. Comunque è un film che si lascia vedere, anche se a volte il rischio di vomitare è elevato, difatti esagerano davvero tanto in fatto di 'abbellimenti' insaturi. In ogni caso originale e fresco, ma non eccezionale. S.V.
Infine ultimo film di Settembre, un film d'animazione danese del 2015 (della durata esigua di 70'), Albert e il diamante magico, cartoon colorato e sgargiante a firma Karsten Killerich (affermato animatore danese, già autore di Nome in codice: Brutto anatroccolo) e pensato per bambini piccoli, molto piccoli. Troppo piccoli, probabilmente. Le avventure di Albert (libro per ragazzi di Ole Lund Kirkegaard pubblicato nel 1968) infatti messe in scena a distanza di ben quasi 50 anni dalla loro ideazione, risultano antiquate e visivamente che caratterialmente troppo infantili. Tecnicamente e narrativa inadeguato ai tempi, il confronto con film e anche prodotti televisivi attuali è impietoso. In ogni caso Albert e il diamante magico vede come protagonista un bambino pasticcione e pieno di idee creative che vive a Kalleby, una località inventata che prende spunto dalle cittadine di provincia danesi, dove il regista trascorreva le lunghe estati giocando lungo il ruscello vicino a casa. Gli abitanti del paese non vedono di buon occhio il bambino perché da quando ha iniziato a camminare è stato l'artefice di molti guai, tra cui la distruzione dell'unica statua di Kalleby dedicata al famoso mongolfierista del paese. Per sopperire a questa mancanza, grazie alla sua immaginazione, supportata dall'amicizia di Egon, lo porta a progettare un piano per riuscire ad andarsene da Kalleby e realizzare il suo sogno più grande: salire su una vera mongolfiera ed essere riconosciuto in modo positivo dagli abitanti a lui tanto ostili. Intraprende perciò una piratesca avventura alla ricerca del più grande diamante del mondo, cercando di avere la meglio su una banda di scagnozzi. Albert e il diamante magico è un piccolo film d'animazione dalla grafica semplice ma accattivante che sembra, suo malgrado, non riuscire a trovare una sua incisività narrativa. E quelle piccole avventure che a volte riescono a diventare grandi nei film d'animazione più riusciti, qui sembrano invece restare piccole, incapaci forse di trovare un modo per trasformarsi in qualcosa di più delle loro semplici aspirazioni. Nonostante la genuina e incosciente voglia di mettersi in gioco dei protagonisti infatti, il film non riesce a catturare del tutto lo spettatore. L'attenzione dei bambini risulta altalenante, forse anche per l'inspiegabile assenza di momenti musicali che avrebbero potuto creare un momento di comunione con i protagonisti. Una struttura molto, a volte troppo, lineare (semplice e facile da seguire) e priva di reali momenti di ilarità o vicinanza ai giovani protagonisti portano questo film d'animazione ad essere piacevole per un pubblico di bambini molto piccoli, ma non del tutto convincente per un pubblico di bambini già al di sopra dei 7 anni. Comunque le cose migliori si trovano all'inizio, con i primi minuti divertenti e vivaci. Seguono situazioni iperboliche, momenti formativi e una serie di disavventure causate dall'equivoca presenza di tre banditi alla ricerca di un diamante, ma senza riuscire a coinvolgere mai. L'avventura poi ha un andamento schizofrenico, con un continuo cambio di toni e situazioni che vogliono omaggiare la pantagruelica fantasia dei più giovani, ma finiscono per sottrarre coesione narrativa alla storia. La fretta, infatti, pare essere la cifra del film di Killerich: personaggi (poco caratterizzati e non molto simpatici) e scenari si susseguono per inerzia, la crescita del protagonista è implicita e avara di sottolineature, il finale fin troppo sbrigativo. Infine visivamente piacevole ma poco vario. Insomma mediocre e non tanto bello. Voto: 5,5
Antboy avrei voluto recuperarlo... Invece di questi che citi credo di possa interessare solo il primo, anche se gli dai un voto bassino e sicuramente ha dei difetti.
RispondiEliminaGli altri, specie Max (cani, guerre... naaah), non sono nelle mie corde^^
Moz-
Infatti credo che dovresti, un voto basso perché anche se bello molto cose vengono dimenticate e tralasciate senza spiegazioni, però è molto originale ;)
EliminaLa guerra è solo il pretesto, sparatorie comunque non ci sono, ma se non è per te fai bene ad evitarlo :)