Negli ultimi due mesi, dopo un'estate cinematograficamente e televisivamente parlando intensa, sono riuscito a vedere ben 4 serie, che chi più chi meno hanno un po' deluso le mie aspettative, tranne una, partendo da Aquarius che dopo aver visto e recensito la prima, comunque discreta, stagione, non ha invece fatto quello che gli veniva chiesto, ovvero chiudere il discorso e non lasciare niente al caso, perché non è che avesse avuto tanto successo. Invece come volevasi dimostrare non solo questa seconda stagione è a tratti confusa ma addirittura si chiude come se ancora ci fosse qualcosa da dire, non che non ci fosse, anzi, ma tutto è rimasto e rimarrà a metà, poiché la serie è stata cancellata. Una stagione che comunque e nonostante fosse iniziata un po' in sordina, visto qualche inciampo nella prima stagione, si è rivelata essere invece molto interessante sotto tanti punti di vista, anche se i pregi (la regia, le grandi atmosfere, i costumi, auto, modi e vizi dell'epoca, le grandi musiche e il cast di tutto rispetto) e i difetti (la forzatura di certe situazioni e tanti altri problemini narrativi) sono rimasti gli stessi. Aquarius però, creata da John McNamara, andata in onda su Sky Atlantic fino al 26 settembre, composta come la prima di 13 episodi da quaranta minuti circa, funziona grazie a David Duchovny (l'ex Mulder di X Files), che interpreta magistralmente i panni del detective Sam Hodiak, un ruolo che sembra calzare a pennello con le capacità dell'attore dinanzi la telecamera. Hodiak è un personaggio che assomiglia, e non casualmente, al più celebre agente dell'FBI a caccia di alieni: geniale, altruista, intuitivo, impulsivo, carismatico e anche spiritoso. David è talmente bravo che eclissa perfino colui che dovrebbe essere il protagonista assoluto della serie, ovvero Charles Manson (Gethin Anthony). In questa seconda stagione i rapporti non idilliaci tra Sam e Charlie si raffreddano un po', ma è nell'ultimo episodio, che doveva preannunciare un'altra stagione (che non ci sarà), che i nodi vengono al pettine, perché quello che Hodiak temeva succede. Il delirio di Manson ha ormai abbracciato la strada dell'omicidio e la scia di cadaveri che lui e i suoi accoliti si lasciano dietro comincia a farsi lunga e densa. Per tutta la serie, la fatidica notte di sangue del 9 agosto 1969, ci viene riassunta a singhiozzi all'inizio e alla fine di ogni episodio. Cosa che mi ha un po' infastidito, ma finalmente all'epilogo, ci è possibile rivivere la vicenda per intero. Una vicenda ovviamente assurda perché non ci sono motivi validi per fare ciò che ha fatto.
Charlie infatti si vendica su chi gli ha negato la celebrità e la possibilità di realizzare i suoi sogni canterini, ma nel frattempo, cerca anche di addossare la colpa di questa strage alla popolazione afroamericana della città. Ciò che Charles vuole veramente è il caos più totale, una rivolta in cui sguazzare e prosperare. Purtroppo l'ingenuità dei suoi adepti, complice anche il periodo storico, lo aiuta a perpetrare i suoi obiettivi, mettendo a segno una serie di omicidi brutali, una mattanza che passerà alla storia. Emma è l'unica del gruppo sconvolta dall'accaduto, mentre suo padre, l'ormai spiantato Ken, non sembra più utile alla causa, anzi, per la verità è divenuto un personaggio scomodo e così viene strangolato da Charlie. Insomma, una cascata di corpi raccolti in un solo episodio. La puntata si chiude con il ritrovamento di una catenina sulla scena del crimine da parte di Brian, che era passata di mano troppe volte e che in qualche modo mette nei guai sia Hodiak che il tossico collega. Ma non sapremo mai cosa succederà, anche se nella realtà Manson sarà preso e consegnato alla giustizia. Questa seconda stagione ha visto comunque l'intrecciarsi di più sotto-trame, di più vicende che hanno percorso spesso binari separati ma che alla fine paiono incontrarsi e incastrarsi quasi alla perfezione. Sam ha risolto alcuni problemi che si trascinava dietro dalla prima stagione, ma ne ha visti fiorire degli altri; Brian, Grey Damon (True Blood), è ormai schiavo della droga e proprio per via di quella e delle nuove idee rivoluzionarie e razziali della moglie, si ritrova solo e sconsolato; la bellissima Charmain, interpretata dall'attrice Claire Holt (The vampire diaries), è divenuta un poliziotto in grado di badare a se stessa, capace di rimettere in riga anche gli squali dei suoi colleghi dai tratti maschilisti; ed infine Charlie come detto ha dato libero sfogo alla sua psicopatia, uscendo dal guscio e dai timori reconditi che lo affliggevano e seminando morte e distruzione ovunque vada. Insomma il Charlie Manson che la storia ricorda è venuto fuori, è stato tuttavia sociologicamente e psicologicamente molto interessante assistere alla crescita e allo sviluppo della sua follia e all'evolversi del suo gruppo di invasati. In generale quindi, si può serenamente riconoscere l'ottimo lavoro fatto dalla regia e dagli sceneggiatori in questa seconda stagione di Aquarius, ma che non convince per niente. Poiché passato un anno, la situazione è rimasta invariata, la scrittura si è fatta sicuramente un tantino più ambiziosa, ma l'estetica rimane fin troppo pulita, edulcorata, politicamente corretta. Un difetto non da poco se si considera che i flashforward che sono legati al crimine più efferato e noto di Charles Manson, l'uccisione di Sharon Tate, non viene raffigurata in modo drammaticamente adeguato. L'altro problema irrisolto è proprio il personaggio di Manson, penalizzato, come lo scorso anno, da una caratterizzazione annacquata e una performance approssimativa di Gethin Anthony. Eppure in definitiva Aquarius rimane e rimarrà, a livello puramente ludico, un prodotto paradossalmente godibile. In ogni caso, un vero peccato, perché con la presenza di Duchovny mi aspettavo qualcosa di meglio, anche se il suo fascino resta inscalfibile anche quando il materiale non è all'altezza (come ben sa chi ha visto il primo e l'ultimo episodio della nuova stagione di X-Files). Non malissimo ma neanche buona. Voto: 6-
Altra serie che mi ha deluso è stata Arrow, che è tornata mesi fa, con una quarta stagione a dir poco deludente. Tra personaggi scritti male, trame confuse e villain poco incisivi, la serie sull'arciere di smeraldo infatti non riesce a raggiungere la qualità offerta dalle prime due stagioni colpa anche del 'peso' della concorrenza sia interna (DC) che esterna (Marvel), ma anche per colpa di tante evidenti esagerazioni in ambito puramente narrativo, con poteri divinatori annessi, anche se non è facile individuare le cause del declino di una serie fortunata e molto seguita come Arrow. Ma i bassi ascolti e lo scontento dei fan per questa stagione sono la conferma del peggioramento che sta avendo la serie nonostante il buon inizio e il grande potenziale a disposizione. In un momento in cui i supereroi vanno alla grande sia al cinema che in televisione e dopo aver realizzato due ottime stagioni e aver catturato milioni di fan in tutto il mondo, gli showrunner sembrano aver deciso di concentrarsi più sui nuovi figli (The Flash, Legends of Tomorrow e Supergirl) lasciando all'arciere di smeraldo solo gli scarti e il poco tempo a disposizione. Perché è dall'arrivo di Flash e l'espansione dell'universo televisivo DC che Arrow ha cominciato a perdere colpi con una terza stagione fiacca e confusa e priva di quel dinamismo che aveva caratterizzato le prime due. Questa quarta stagione riesce a superare la terza in negativo presentando ancora una volta una storia troppo lunga e centellinata accostata da mini trame fin troppo sbrigative e mai veramente approfondite il tutto accompagnato da una caratterizzazione dei personaggi molto abbozzata e priva di giustificazioni. C'è da dire comunque che non è proprio tutta colpa degli sceneggiatori. Con l'arrivo del velocista scarlatto e di numerosi altri supereroi come Firestorm e Atom (già presente nella scorsa stagione), delle avventure temporali di Legends of Tomorrow e di quelle extraterrestri di Supergirl, c'era la necessità di alzare la posta in gioco. Oliver Queen e il suo team di certo non potevano continuare con le solite scaramucce urbane, c'era bisogno di un pericolo più grande e di avversari più temibili. Ecco allora che entra in gioco Damien Darhk (Neal McDonough) e il lato mistico dell'universo DC. Il misticismo però non sembra sposarsi bene con il mondo dell'arciere e Damien Darhk appare meno incisivo delle nemesi passate e le sue intenzioni risultano sempre più sconnesse e incoerenti episodio dopo episodio. Quello che resta perciò è una stagione piatta e poco delineata, non povera di contenuti, le idee ci sono e anche buone, ma sono idee che non vengono mai sfruttate a dovere. L'handicap di Felicity ad esempio viene gestita con superficialità risolvendosi con un sorriso in soli tre episodi e senza più farne parola in seguito, il mistero della lapide di inizio stagione si trascina goffamente per tutta la serie e dopo la grande rivelazione (e l'episodio lutto) si torna alla normalità, il ritorno di Roy Harper viene gestito coma la visita di un comprimario qualsiasi e non come il ritorno di uno dei protagonisti delle scorse stagioni, Thea e il suo ciclico e continuo percorso da antieroina, Malcom Merlyn e il uso balletto tra buoni e cattivi (Thea avrà preso da lui in quanto doppiogioco) per non parlare dei flashback sull'isola, il segno più caratteristico della serie, diventati dei meri riempitivi di scarso interesse ed elemento di disturbo in ogni singolo episodio. A cosa sono serviti? Qual è la storia che gli autori ci volevano raccontare? Forse non lo sanno neanche loro. A confondere e incasinare ancora di più la stagione ci pensano quei fattori non necessari alla serie in se ma utili per franchise esterni. Arrow è diventato a poco a poco il trampolino di lancio per la 'next big thing' dell'universo DC televisivo. Dopo aver introdotto Barry Allen nella seconda stagione e Atom nella terza, quest'anno abbiamo avuto un mini arco narrativo per la resurrezione di Sara Lance (inutile per Arrow ma necessaria per Legends of Tomorrow), alcuni episodi sfruttati per il ritorno di Ray Palmer/Atom (anche questo inutile per l'arciere e anche questo finalizzato alla serie sulle Leggende), abbiamo un episodio con Constantine come guest star (fine a se stesso), un episodi in compagnia di Vixen (protagonista dell'omonima webserie animata e prossima protagonista di, tanto per cambiare, Legends of Tomorrow), abbiamo l'episodio crossover con The Flash (l'unico veramente sensato se non fosse collocato a caso in mezzo alla stagione). A condire il tutto ci si mette anche una pesante dose di fanservice, in particolare urta non poco la relazione tra Oliver e Felicity, prima amore poi amicizia poi cosa non si sa. L'ultimo episodio (che alla fine Oliver avrebbe sconfitto Darhk lo sapevamo tutti dall'inizio) poi, si è dimostrato essere il perfetto epilogo nonché la perfetta sintesi di questa quarta stagione, un concentrato di grande premesse purtroppo non sviluppate come dovuto, che hanno portato il serial a diventare quasi una parodia di se stesso in più di un'occasione. Trama debole, personaggi che fanno scelte confuse e cattivi non molto incisivi, anche le coreografie appaiono più svogliate e meno studiate del solito e si cerca anche di inserire a forza un lato comico che non sembra appartenere al personaggio. Si spera che con la quinta stagione (cruciale per l'arco narrativo ambientato sull'isola) gli showrunner tornino a concentrarsi sul loro primogenito e si facciano perdonare le ultime due stagioni aggiustando un po' il tiro, magari sfruttando quel Flashpoint che aprirà la terza stagione del velocista scarlatto. Mi auguro infatti che le vicende che gli autori decideranno di raccontare il prossimo anno siano più solide e coinvolgenti di quelle viste in questa serie, recuperando quel senso di avventura che faceva apparire quelle dei primi due anni anche più interessanti di quanto accadeva nel presente. Voto: 5
Il mito di Frankenstein è uno dei temi più interessanti e probabilmente abusati anche grossolanamente di sempre, il classico di Mary Shelley infatti continua a suggestionare gli autori moderni, sia per il cinema che per la televisione, a volte con risultati a dir poco non soddisfacenti. È anche il caso di Second Chance, di produzione Fox (da agosto a ottobre in Italia), che prende la parabola del Prometeo post-moderno e lo trasforma in un futuribile esperimento genetico ma non con i risultati sperati, perché anche se mi è piaciuto non tutto ha funzionato. A far discutere di "Second Chance" è innanzitutto la trama ardita, non solo per il riferimento a Mary Shelley, dato che il parallelo con la storia di Frankenstein si riduce a pochi elementi, il ritorno dalla morte e un corpo dalla forza sovrumana, il resto è materiale da intrattenimento televisivo di una classica tv generalista d'oltreoceano, ovvero, la struttura di un procedurale, un dramma familiare ad alimentare il fuoco emotivo del rimpianto, la strizzatina d'occhio dell'amore tra i suoi protagonisti e la spruzzata di temi sci-fi che è lo spirito dei tempi. In ogni caso il protagonista è l'anziano ex sceriffo Jimmy Pritchard, reduce da una vita dissoluta a base di donne ed episodi di corruzione, che una notte viene ucciso nel corso di una rapina nella casa del proprio figlio, agente dell'FBI. Qui la storia ha una brusca svolta: Pritchard viene letteralmente risuscitato da due ricchi fratelli gemelli, Mary e Otto Goodwin, esperti nel campo delle biotecnologie e titolari del social network 'Lookinglass', perché convinti che il sangue dello sceriffo potrebbe curare la rara malattia di Mary. Pritchard, in ottima salute e anche ringiovanito, si trova così di fronte alla scelta di perseverare nei vizi di un tempo oppure reinventarsi come un uomo probo. Comunque la trama anche se non così originale riesce all'inizio a divenire man mano intrigante e avvincente, anche se nonostante le premesse interessanti, alla fine diviene stantio e abbastanza prevedibile. Second chance infatti presenta numerose incongruenze (buchi) nella trama a partire dalla scarsa credibilità realistica dei gemelli e delle tecniche in loro possesso, e addirittura già dal pilot, che svela immediatamente gli aspetti principali e i personaggi, anticipando il climax, capiamo come e dove andranno i fatti e come finirà, in più sono presenti alcuni cliché come i criminali con accento dell'Est Europa che infastidiscono non poco. La serie come detto è liberamente ispirata al celebre "Frankenstein, o il moderno Prometeo" che la giovane scrittrice Mary Shelley compose sulle rive del Lago di Ginevra nella piovosa estate del 1816, ma proprio per questo e solo per quello che si adagia troppo su una formula a prova di bomba, che non a caso le è valsa ad emergere dalla pilot season, non riuscendo a convincere, e ogni elemento alla fine sembra accontentarsi di un tratteggio grossolano nonostante la serie, frutto della fantasia di Rand Ravich (il creatore e produttore esecutivo, anche se in alcuni episodi c'è anche la mano sapiente di Howard Gordon, 24), autore di telefilm ben considerati come Life e il più recente Crisis, cerchi in ogni modo di ribaltare la situazione ma senza riuscirci, nonostante alcune puntate e alcuni spunti davvero interessanti. Il problema di Second Chance però è che abbandona troppo presto il procedural spingendosi troppe volte verso la fantascienza ma soprattutto i personaggi non vengono tratteggiati e caratterizzati in modo adeguato, con dialoghi un po' assurdi ed errori di sceneggiatura. Per esempio nel personaggio del figlio, un agente dell'Fbi non infallibile e legato da un rapporto conflittuale con il padre, interpretato da un bravo Tim DeKay (White Collar, Carnivàle) che ruba spesso la scena a un più ingessato Robert Kazinsky (True Blood), costretto troppo spesso dalla sceneggiatura a galleggiare in una vasca o a concedersi qualche siparietto da commedia non particolarmente riuscito. Troppo poco però per un intreccio che fa della scorciatoia narrativa il suo principale segno distintivo e che sembra mancare di fantasia sia in termini di messa in scena che di racconto in quanto tale. Insomma una serie che parte bene, finisce comunque discretamente ma nel mezzo non c'è praticamente niente, solo una cosa ha attirato la mia attenzione ed è la presenza della bellissima Dilshad Vadsaria (Revenge) che da sola riesce in ogni caso a rendere appetibile e minimamente visibile una serie che purtroppo non coinvolge quanto vorrebbe ma che si lascia vedere senza problemi, per quanto le 11 puntate (le uniche dato che la serie è stata cancellata) sembrino anche troppe, in definitiva esperimento non del tutto riuscito. Voto: 5+
In ultima analisi c'è una serie che al contrario delle precedenti non ha sicuramente deluso, anzi, ma l'epicità e il coinvolgimento è stata al di sotto delle aspettative, poiché nonostante il potente soggetto alcuni problemini ci sono comunque stati. Questo perché trasportare un capolavoro della letteratura come Guerra e Pace nuovamente sul piccolo o grande schermo non è una cosa facile. Da sempre infatti il capolavoro di Tolstòj ha affascinato cinema e televisione, e nel corso dei decenni sono stati fatti molti adattamenti (alcuni anche visti). Ma quest'ultimo adattamento (girato in Russia, Lettonia e Lituania) nato da una coproduzione tra BBC e Western Company, riesce in ogni caso, nel corso delle 8 puntate da 60 minuti circa l'una (andate in onda su Laeffe), a farsi valere. Grazie non solo ai costumi di scena, fedelmente ripresi da quelli dell'epoca, ma per aver osato qualcosa in più. Un sontuoso ritratto della Russia di inizio ottocento, con scene audaci e accattivanti, non mancano infatti sequenze gratuite di nudo, anche integrale, azione e violenza. La rilettura della serie è chiaramente messa in chiave moderna, per prendere più ambiti e cercare di accontentare tutti, anche a chi non hai mai veramente seguito o letto il capolavoro di Tolstòj come me. Perché prima di tutto, per correttezza, confesso di non aver letto Guerra e Pace, anche se a mia discolpa, posso dirvi che l'ho sempre guardato con molto interesse. Mi sono perciò avvicinato a War and Peace (la serie) con occhi profani. La mini serie, che vede tra i produttori esecutivi Andrew Davies (Bridget Jones) che già si è cimentato più volte con romanzi classici quali il Dottor Zivago e Orgoglio e Pregiudizio, è diretta da Tom Harper, che ha già alle spalle alcuni grandi successi inglesi come This is England, Peaky Blinders e Misfits. I protagonisti ovviamente sono gli stessi del romanzo, perciò troviamo, Pierre (interpretato da Paul Dano di 12 anni schiavo), figlio illegittimo di un conte, sempre fuori posto nell'alta società e il suo miglior amico, il brillante e infelice Andrej (James Norton) che invece vuole fare qualcosa per il suo paese arruolandosi in battaglia. Entrambi sono innamorati di Nataša (Lily James di Cenerentola 2015), erede di una nobile famiglia di Mosca. Là fuori però c'è la guerra che divampa, e la vita dei tre ragazzi cambierà radicalmente. In Guerra e Pace ovviamente come molti sapranno non è solo l'amore il punto cardine della vicenda, anzi, già dalla prima puntata c'è spazio anche per un po' di azione, la scena dello scontro tra russi/austriaci e francesi è decisamente convincente, facendoci capire che il vero villain di questa storia sarà proprio la guerra che inevitabilmente cambierà gli equilibri, i rapporti e le vite di ognuno dei personaggi. E mentre tanti baldi giovani sono a battagliare, l'ingenuo Pierre si ritrova fidanzato a sua insaputa con Helene, che è un po' la profumiera della città. Purtroppo però Pierre è innamorato della tenerissima Natasha (e fa bene). Un amore che inizia già tormentato e che non potrà che complicarsi sempre di più perché si sa e ora più che mai so che, a Tolstoj le cose semplici non son mai piaciute. Lui infatti ci catapulta in un vortice di fatti storici che s'intrecciano con la scienza, la filosofia e tante, tante storie di vita personale, amori, famiglie, morti e mortacci. Il pilot è soprattutto incentrato sui personaggi, che ci vengono introdotti durante una serata mondana a casa di Anna Pavlovna Scherer (che qui ha il bellissimo volto di Gillian Anderson). Così oltre a quelli già citati, troviamo l'annoiato dandy Anatole e il tenero Nikolai. Ovviamente da lì la serie spiccherà il volo, fino all'attesissimo e bellissimo finale. Comunque con una trama che, per sua natura, ha ben poco di innovativo c'è da segnalare il fatto che gli attori fanno davvero un'ottima impressione, interpretando perfettamente la crescita interiore dei protagonisti, e che anche la scelta musicale è efficace, drammatica al punto giusto e mai eccessiva. War and Peace è quindi una trasposizione televisiva ben fatta e molto sfarzosa. Probabilmente proprio la crescita introspettiva dei protagonisti è il punto forte di una serie che mi è piaciuta tanto per i così tanti intrecci, per lo sfondo storico interessante, le relazioni complicate dei personaggi e i cambiamenti psicologici degli stessi. Ogni personaggio (inutile descriverli tutti, certi poi sono proprio odiosi) infatti cresce e cambia in modo credibile. Personaggi che da quello che ho capito, simboleggiano tutti un'allegoria della vita umana, ma fondamentalmente insieme rappresentano il fatto che gli uomini da sempre sono schiavi delle passioni e dei dettami della società in cui si ritrovano a vivere, e che solo una mente aperta e priva di pregiudizi può scardinare quegli stereotipi e quelle leggi morali pregne di preconcetti. Alle vicende si accompagnano delle ambientazioni e delle tradizioni mozzafiato, dai boschi innevati russi, al Palazzo d'Inverno a San Pietroburgo, alla sfarzosità di Mosca, ai balli tipici locali, alle celebrazioni delle festività, ai balli dei salotti, ai convenevoli, ad abiti che lasciano senza parole, fino ad arrivare al cast che comprende anche Stephen Rea, Greta Scacchi, Jim Broadbent, Tom Burke, Tuppence Middleton, Aneurin Barnard e Callum Turner, che si amalgama alla perfezione. Credo perciò che nonostante io non conosca affatto il romanzo, questa serie, è una di quei pochi progetti capaci di far sognare, desiderare e sperare. Tutto il fascino, la grandezza, la genialità e i dettagli del libro di Lev Tolstoj sono accuratamente riportati sul piccolo schermo. In ogni caso per chi già conosce ma soprattutto per chi ancora non conosce questa serie, vi consiglio di vederla, perché son sicuro che non ve ne pentirete poiché questa trasposizione sarà in grado di scalfire anche i cuori più diffidenti, così almeno potrete fare bella figura anche senza avere letto il libro. Voto: 6+
La serie di "Guerra e pace" la voglio recuperare!😊 Invece "Arrow" mi ha deluso, io ho abbandonato la serie alla terza stagione perché mi annoiava troppo! Buona giornata Pietro! 👋
RispondiEliminaBeh sì dovresti in effetti :)
EliminaHai scelto il momento giusto di lasciarlo, fatto bene, ciao ;)
Anche io avevo iniziato a guardare Arrow, poi però dopo qualche puntata l'ho perso anche se mi sembrava interessante.
RispondiEliminaInvece ora, a proposito di serie tv, sto seguendo assiduamente "Desperate Housewives", pensavo non mi piacesse invece non assolutamente male!meno male esiste lo streaming xD
Un abbraccio, Pietro :-*
Ma guarda Arrow non è male anche se delude, però lo vedo solo perché ho visto le precedenti, comunque si può sempre recuperare :)
EliminaSì, qualche volte è utile lo streaming anche se quella serie non fa proprio per me ;)
Ti dirò, non escluderla a priori perché potrebbe sorprenderti :-D
EliminaGran dispiacere per la cancellazione di Aquarius, non se la meritava considerando tutto lo schifo che continua, trovo sia un peccato proprio perché ormai si sarebbe conclusa, dubito fortemente sarebbero andati oltre la terza stagione. Se ti va passa a leggere la mia sulla prima stagione, appena possp recupero la tua rece ;)
RispondiEliminaHo appena letto, purtroppo però la seconda stagione ha disatteso le aspettative, ma chissà potrebbe anche piacerti ;)
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