venerdì 23 agosto 2019

Searching (2018)

Tema e genere: Thriller innovativo che segue la storia di un padre alla ricerca di sua figlia, usando esclusivamente il punto di vista di smartphone e computer.
Trama: Un uomo da poco rimasto vedovo è scosso dalla sparizione della figlia. In parallelo alle indagini, lui stesso cerca indizi utili a rintracciarla tra password, messaggi, siti web e profili social.
Recensione: Non un semplice filone ma un vero e proprio nuovo genere cinematografico, quello degli screen life movies è un fenomeno che sta prendendo piede negli ultimi anni grazie soprattutto alla figura del regista kazako Timur Bekmambetov, che magari non ci sa esattamente fare quando si tratta di dirigere un film (a lui si devono opere mediocri come Wanted, La leggenda del cacciatore di vampiri e il più brutto di tutti, il remake di Ben-Hur) ma se c'è da farsi venire nuove idee e andare a produrle, bisogna rendergli atto che ha il fiuto per gli affari. A lui si deve quello schizofrenico b-movie girato interamente in prima persona che è Hardcore! di Ilya Naishuller ma anche l'antesignano di questo Searching, vale a dire l'horror Unfriended (che a me tuttavia non convinse). Se avete visto questi film sapete già di cosa sto parlando: l'idea è quella di una narrazione continua in cui l'inquadratura corrisponde sempre al monitor di un computer, con lo spettatore che assiste in diretta all'apertura di finestre web e chiamate face-time fra i vari personaggi. L'idea è semplice ma efficace, soprattutto quando svolta bene come fanno Aneesh Chaganty (regista americano di origina indiana qui al suo esordio dietro la macchina da presa) e John Cho (anche Debra Messing contribuisce però all'efficacia del tutto) in questo piccolo, piccolissimo thriller che sfrutta questo linguaggio per raccontare una storia da giallo che appassiona davvero. Perché se all'apparenza è questa una tecnica forse un po' difficile e "fredda", in verità non lo è, poiché superato il primo impatto, prevale la narrazione, semplice e lineare, che si concede qualche colpo di scena ma che è sempre capace di creare un filo conduttore solido e coerente, che guida lo spettatore fino al fine. Infatti, nonostante il doppio filtro dello schermo dentro lo schermo, è impossibile non fare il tifo per la famiglia Kim. Difatti si empatizza con loro fin da subito, fin dalle primissime scene, che ci raccontano in pochi minuti la nascita e l'evoluzione di una famiglia stroncata da un lutto prematuro: una sequenza asciutta ma ricca di sentimento, che ricorda vagamente l'ormai iconica sequenza d'apertura di Up. Ed è così che il nostro cuore è con il padre David quando, ancora segnato dalla morte della moglie, realizza con dolore che Margot, la sua unica figlia, è scomparsa nel nulla. Cercando affannosamente indizi tra i messaggi privati e i profili social di Margot, David si trova a fare i conti con un'ulteriore amara verità, ovvero che non conosce per nulla sua figlia. Naturalmente non vi dirò come andrà a finire (soprattutto a chi non ha ancora avuto l'occasione di vederlo) ma vi assicuro che la vicenda riuscirà ad appassionarvi. L'anima b-movie che trasuda questa operazione commerciale priva di regia (o con una regia che è presunta tale, mettiamola così) mette in risalto le indubbie qualità narrative di Aneesh Chaganty, che rinuncia in toto al valore cinematografico ed estetico della sua opera per puntare tutte le sue fiches sul bisogno primordiale del racconto, sul piacere del racconto, sulla potenza del mistero e sulla voglia che lo spettatore avrà di svelarlo. Non solo: nel corso dei cento minuti del film la sceneggiatura avvincente dello stesso regista ci coinvolgerà al punto da farci affezionare ai personaggi, alle loro vicende passate e ai loro destini, e nel farlo riuscirà anche a farci riflettere sull'accanimento e la sete che i media e internet hanno nei confronti di determinati fatti di cronaca nera. Il regista Aneesh Chaganty si è proposto insomma di realizzare un film che permettesse di comprendere quanto la tecnologia sia penetrata nella vita quotidiana di ognuno, con scene girate principalmente in soggettiva, e ci riesce, anche perché pur non essendo un film "di denuncia", Searching mette in guardia lo spettatore dai pericoli della Grande Rete, dove l'inganno è praticamente dietro l'angolo.

E quindi Searching, presentato in anteprima al Sundance Film Festival 2018, che si avvale di due (certamente non i volti più scontati per queste parti) discreti interpreti, fa piacere vedere un nome asiatico come protagonista (non stereotipato) di un film statunitense, e la Messing dopo anni di Will & Grace forse riuscirà a ritagliarsi uno spazio al di fuori del genere comico, rappresenta un esperimento filmico (anche se non il primo) riuscito, con trame ben congegnate ed accattivanti, solo in parte incompiute. La trama scorre in modo coerente senza pesare sulla narrazione o tediare lo spettatore. La regia particolare di questo film funziona anche per la storia che è proprio grazie alla tecnologia che viene risolta, quella che si usa tutti i giorni. Searching segue le regole del thriller classico, nonostante un leggero calo a metà, si riprende subito spiegando perfettamente tutto ciò che a tratti, poteva sembrare inverosimile. Rischiava di farlo, ma nel corso della storia tutto acquista un senso. E quello che ne rimane è un film sorprendentemente bello e particolarmente affascinante da non sottovalutare.
Regia/Sceneggiatura/Aspetto tecnico: Negli anni vari progetti hanno provato a sfruttare il tema della comunicazione nell'era digitale per raccontare la propria storia attraverso degli strumenti utilizzati proprio per la comunicazione virtuale, con risultati più o meno riusciti. In questo panorama si inserisce questo thriller raccontato, appunto, interamente dal punto di vista del mondo virtuale, social, informatico. Questa tipologia di narrazione non è semplice, come potrebbe sembrare inizialmente, da gestire perché impone limiti piuttosto stretti e forzati che possono, se mal gestita, influire negativamente sull'aspetto estetico e tecnico, nonché registico, della pellicola. Per riuscire a funzionare la regia e il montaggio devono coesistere più che mai e Searching riesce nell'impresa, nonostante qualche piccola incertezza iniziale e qualche momento zoppicante nella fase centrale. Perciò grazie al grande, efficiente ed efficace montaggio e alla regia molto astuta, intelligente e consapevole dei propri limiti, il film riesce a catturare l'attenzione dello spettatore e ad incuriosirlo ancor di più con il suo modo quasi originale, almeno per un thriller, di raccontare una storia altrimenti già vista. Certo non sempre convince del tutto, però il film si affida a John Cho che ripaga la fiducia a lui riposta con un'eccellente interpretazione e alla sceneggiatura che riesce ad incuriosire sempre di più il pubblico fino a farlo arrivare completamente immerso ad una fase conclusiva dai risvolti interessanti, ben organizzati e architettati che risultano se non altro piuttosto inaspettati lasciando lo spettatore se non altro colpito e genuinamente sorpreso, per una trama che ha saputo scoprire le proprie carte nel modo e nel momento giusto. Nota abbastanza tiepida per la colonna sonora televisiva e ridondante e per la fotografia abbastanza piatta ed impersonale. Quindi per quanto non perfetto nella forma, Serching riesce a fare ciò che un thriller dovrebbe fare, quindi intrattenere e colpire, in un modo nuovo e sorprendentemente funzionante per il genere.
Cast: Un plauso a tutti, a iniziare al sottovalutato John Cho, fino alla bravissima Debra Messing e a Michelle La, che interpreta Margot adolescente.
Commento Finale: Si apre con un computer che si accende Searching, film diretto dall'esordiente Aneesh Chaganty e prodotto da Timur Bekmambetov, regista russo che ha coniato il termine screen life movies per descrivere quei film che sono interamente girati con inquadrature che riproducono il monitor di un computer. Ed è proprio quello a cui assistiamo in questo curioso giallo che ci mette per tutta la durata di fronte a dei monitor, tra ricerche sui social network e chiamate in Face Time. Non è la prima volta che accade (si può citare ad esempio Unfriended del 2015, ma anche altri, anche dello stesso produttore), ma si riesce comunque a percepire un'originalità di fondo in questo lungometraggio che parte da una trama semplice per poi finire col regalare una serie di colpi di scena difficilmente prevedibili. Il gioco può apparire un po' furbo e costruito a tavolino, ma il film riesce sorprendentemente a fare il suo dovere regalando una visione incisiva e in grado di tenere alta la tensione fino alla fine. È in fondo un divertissement dal sapore thriller che risulta particolarmente godibile grazie a un montaggio efficace e, soprattutto, a una sceneggiatura appassionante che fa dimenticare qualche limite formale che potrebbe anche infastidire. Comunque la si pensi e da qualsiasi lato lo si guardi, Searching è un prodotto che non lascia indifferenti, ed è forse questo il suo massimo merito.
Consigliato: Sì, giacché Searching è un buonissimo film, che avrebbe forse meritato una maggiore esposizione a livello promozionale. Perché al di là della sua componente di intrattenimento, è anche un film capace di portare a riflessioni più profonde su come la tecnologia sia entrata, fin troppo, nelle nostre vite, nascondendo pericoli sempre maggiori e in costante mutamento. Essere all'oscuro di quanto ci accade attorno rischia di esporre noi stessi, e soprattutto i nostri figli, a pericoli sconosciuti solo qualche anno fa. Da vedere.
Voto: 7
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6 commenti:

  1. Questo film mi sembra proprio interessante.
    Sia per le dinamiche genitoriali, sia per i pericoli del web che mette in risalto.
    Insomma, sono felice che ti sia piaciuto anche se il regista ha fatto passi in falsi in passato, e scommetto che io gli darei un bell'otto.

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    1. Ha infatti una doppia funzione il film, intrattenere e far riflettere ;)
      Non il regista, il produttore, comunque sì, spero che entrambi in futuro ci regalino altri film con questi discreti risultati :)

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  2. Era la mia prima volta con un film così diverso e mi ha conquistata. Tesissimo, gestione magnifica dei tempi. Del seguito non sentivo il bisogno ma esperimento più che riuscito!

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    1. Neanch'io sinceramente ne sento il bisogno, anche perché fare meglio di questo film è difficile, un film appunto gestito benissimo ;)

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  3. Direi un'idea niente male e soprattutto difficile a farsi.Si rischia la noia se è fatta non bene questa pellicola, mi sembra invece di capire che questo inserimento del virtuale che ci invade in ogni campo, può anche essere utile o meno nel ritrovare ( o meno) persone scomparse quindi fatti alquanto gravi.
    La mia opinione è da vedere , perchè mi sembra una novità nel suo genere pur avendo qualche pecca come in tutte le produzioni,lo ritengo innovativo ed interessante.
    Buona notte caro Pietro

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    1. Sì infatti, il rischio c'era ma è stato evitato, grazie ad una struttura non appunto perfetta ma solida nelle sue intenzioni, e quindi certo, da vedere e consigliare ;)

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