venerdì 27 settembre 2019

I peggiori film del mese (Settembre 2019)

E' ormai ufficiale da giorni che l'estate abbia lasciato il posto all'autunno, il solstizio c'è infatti stato, e quindi la prima è passata e il secondo è iniziato. Tuttavia c'è chi avrebbe preferito che l'estate continuasse e chi voleva finalmente che terminasse. Non io in entrambi i casi, non faccio difatti parte né di uno né dell'altro gruppo, perché se l'estate si è portato finalmente via alcuni malanni metereopatici (dati dal caldo) che mi assillavano, l'autunno ha cominciato a portarmene altri, soprattutto uno, l'assillante congelamento delle mani, che non fa altro che accentuare le mie già difficoltà di gestualità nel "guidare" il computer. Fortunatamente di metodi per evitare ciò ci sono e di sicuro li userò, ma è comunque una seccatura. Al contrario di seccature (altre seccature) questo settembre non ha portato, sia in campo reale che virtuale. Anzi, in quest'ultimo campo qualcosa si è mosso, ma di questo ne parlerò meglio domani. Per adesso, e in attesa di conoscere gli altri film del mese (quegli altri che mi sono piaciuti) appunto domani (ops...lunedì), ecco quelli peggiori, quelli possibilmente da evitare.

Looking Glass (Thriller, Usa 2018)
Tema e genereNicolas Cage e Robin Tunney in un thriller voyeuristico.
Trama: In un motel nel deserto, una coppia scopre l'esistenza di una stanza segreta dove accadono torbidi e inaspettati eventi. Quando ci scappa anche il morto, l'arrivo di un fastidioso poliziotto mette sottosopra la vita di entrambi.
Recensione: Nonostante la presenza del mitico Nicolas Cage e della bella e in forma (nonostante una certa età) Robin TunneyLooking Glass non è un film che si potrebbe considerare della, tipica grande qualità. In primis è tutto strano, come strani sono i comportamenti dei protagonisti, quest'ultimi che lo sono per colpa della pessima sceneggiatura, tanto che difficilmente si attende il finale per capire chi è l'assassino (sfido chiunque a non capire chi sia il colpevole dopo i primi 60 minuti). Il thriller di Tim Hunter ci porta nella vita di una coppia sconvolta da un dramma, dal quale decide di allontanarsene e di voltare pagina acquistando un motel in un posto quasi totalmente disabitato, se non da pochi esseri guardinghi e sospettosi. Durante il film le scene spesso sono abitate da brevissimi flashback che rammentano ciò che è accaduto alla coppia e da cui si può dedurre che hanno perso la loro unica figlia. Ma il film non approfondisce mai la questione e non suggerisce cosa le sia accaduto: questa è una delle tante piccole pecche drammatiche del film, che ha il pessimo vizio di aprire infinite sotto-trame senza mai risolverle o concluderle. Looking Glass - Oltre lo specchio è simile al film di Drew Goddard 7 sconosciuti a El Royale per l'ambientazione e la scelta di usare l'idea dello specchio semiriflettente inserito in un motel (senza dimenticare una certa somiglianza anche con Vacancy), ma per il resto i due film sono totalmente agli antipodi. Il film è in parte un thriller voyeuristico, in parte un dramma coniugale, ma sfortunatamente, nessuno di questi elementi si fonde perfettamente con l'altro. La pellicola, nonostante un'interessante premessa che racchiude delle buone potenzialità, soprattutto alcune che lo collegano nelle prime scene alle atmosfere di Psycho, non si solleva minimamente dalla sua stasi, da un'inerzia narrativa che soffoca ogni scena e ogni intrigo, diventando una mera e pallida imitazione di un decadente spettacolo auto-indulgente. Looking Glass - Oltre lo specchio è un desueto B-movie noir, un film che possiede l'estetica di un low-budget di fine anni '80, al centro del quale non c'è un vero tema di base, non c'è un messaggio o un motivo per cui la maggior parte dei personaggi agisce o fa ciò che si vede nel film. La trama è divergente, confusionaria, cambia registro e direzione e invece di rendere interessante l'omicidio e creare tensione, offre solo la noia e la prevedibilità di un finale stanco e poco travolgente.
Regia/Sceneggiatura/Aspetto tecnico/CastLooking Glass - Oltre lo specchio è uno spreco di attori di talento, che tentano di dare il massimo (forniscono infatti prove abbastanza ordinarie) per un film avvilito da una scrittura povera, piena di cliché, con dei personaggi poco caratterizzati e una storia determinata da una sovrabbondanza di trame, e da una regia non particolarmente frizzante, regia che inoltre non riesce a trasmettere nulla di forte o emozionante. Il film, che gioca un po' a Sherlock Holmes, e il gioco è tutto lì, per il resto, il film si trascina in maniera bizzarra, inusuale, anche per colpa del pessimo montaggio, scivola in una resa dei conti finale vuota e disordinata che dà la mazzata finale ad un film decisamente mediocre.
Commento Finale: Latita nelle spiegazioni e nei dettagli che riescano a fornire una qualche soluzione a delle domande che sorgono spontanee e che rimangono senza una risposta valida. Nel complesso, Looking Glass si lascia guardare, anche se per quasi un'ora non succede nulla di rilevante, ma non riesce a trasmettere grandi sensazioni positive o quella certa atmosfera intrigante che si meriterebbe un voto positivo. Nicolas Cage qui non è neanche male (ha fatto decisamente di peggio), e la storia per buona parte è anche interessante, peccato davvero per il finale che è ridicolo e senza senso, rovina il film e fa calare decisamente il voto sotto la sufficienza.
Consigliato: Dico solo che se non volete perdere tempo evitatelo, punto.
Voto: 4,5
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Bentornato Presidente (Commedia, Italia 2019)
Tema e genere: Sequel della commedia Benvenuto Presidente! del 2013.
Trama: Dopo 8 anni di felice esilio in montagna, Peppino Garibaldi deve tornare a Roma per riprendersi la moglie. Si ritroverà non più al Quirinale, ma a Palazzo Chigi.
Recensione: Non avevo intenzione di vederlo, poi spinto da alcuni commenti ho voluto provare, ma era meglio se non l'avessi fatto, perché come previsto, da bocciare è questo film. Se già il primo film non era un granché ma almeno risultava passabile, questo secondo è una vera delusione. Il ritorno sulla scena politica per motivi sentimentali del fugace ex Presidente della Repubblica Giuseppe Garibaldi risulta solo una scusa per un instant movie che cerca molto bonariamente di sbeffeggiare l'attuale momento politico ed i suoi leaders, ma la presa in giro si dimostra talmente soft e telefonata da strappare solo qualche sorrisetto ogni tanto (l'unica fonte di vivacità sono infatti le non velate prese in giro alla classe politica attuale, alla lunga però si nota una certa ripetitività). Se poi ci aggiungiamo l'improbabile assurdità delle soluzioni politiche che il film suggerisce, secondo le quali il nostro incattivito popolo di anarchici individualisti ed egoisti si trasformerebbe in un batter d'occhio in un esempio di orgoglioso civismo per il mondo, vi rendete conto pure voi che proprio non ci siamo. Qualche scena azzeccata c'è, ma ce ne sono anche alcune imbarazzanti davvero improponibili. Claudio Bisio, con la professionalità costruita sui palchi teatrali di tutt'Italia, prova a tenere in piedi la baracca, ma non ci riesce, anche perché gli altri fanno poco. Sarah Felberbaum (che prende il ruolo che fu di Kasia Smutniak) è davvero una magnifica ragazza, ma è rigida e non è (ancora) una brava attrice. Pietro Sermonti si sta specializzando in ruoli da carognetta. Il resto del cast è macchiettistico al massimo e non ha modo di farsi apprezzare adeguatamente. Pellicola decisamente insufficiente.
Regia: Poco cambia che i due registi, Giancarlo Fontana e Giuseppe G. Stasi, nati e cresciuti a Matera, cerchino di dargli un po' di verve e ritmo con un montaggio sincopato e pop, in qualche modo innovativo, il film comunque non decolla.
Sceneggiatura: Troppi i registri, parte come una favoletta con la bella famigliola che si è trasferita in montagna, ma che a "fare Frozen non resiste", prosegue verso l'eccesso e la farsa (come se la realtà nella quale viviamo non fosse già di suo eccessiva) e poi vira verso la spy story condita di love story e fantapolitica. Ne deriva un pot-pourri che vorrebbe denunciare la realtà, ma che non critica proprio nulla.
Aspetto tecnico: C'è qualche interessante scena girata in tecniche interessanti, per il resto né la fotografia né la colonna sonora alzano la qualità.
Cast: E' un confuso pasticcio nonostante la bravura di alcuni attori di "contorno" (come Pietro SermontiIvano Marescotti o Antonio Petrocelli), mentre Claudio Bisio ha l'impresa ostica di rendere credibile un personaggio impossibile e Sarah Felberbaum sostituisce in modo poco convincente Kasia Smutniak nel ruolo dell'algida Janis. Non pervenuti gli altri, Paolo Calabresi e Gugliemo Poggi, semplicemente macchiette.
Commento Finale: Il film non ha il coraggio di infilare il coltello nella piaga. E così l'ennesimo film italiano scritto con paura di "urtare" qualche parte, finisce quindi per non centrare nessun bersaglio, risultando impalpabile. Il finale poi è pura fantascienza involontaria (rimediata in minima parte dal post-finale nel corso dei titoli di coda). Bocciato come previsto.
Consigliato: Per me è no, poi dipende dal momento, dalla voglia e dalla capacità di sopportazione.
Voto: 4,5
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Miss Bala - Sola contro tutti (Azione, Usa 2019)
Tema e genere: Basato sull'omonimo crime action messicano del 2011, segue le vicende di una donna che a seguito del rapimento di una sua amica sarà costretta a lavorare per un boss criminale.
Trama: Gloria scopre un potere che non sapeva di avere quando viene trascinata suo malgrado nel pericoloso mondo della criminalità oltreconfine. Sopravvivere richiederà tutta la sua astuzia, inventiva e forza.
Recensione: Decisamente poche sono le parole da spendere per questo film, che da dire e da far vedere in effetti ha ben poco. Il film infatti non solo racconta cose già viste, ma lo fa in modo sbagliato. Perché il film, a metà tra Miss Detective e un qualsiasi action spionistico, si rivela un pessimo prodotto. Eppure il film originale nel 2011 (che non penso e credo di aver visto) si guadagnò l'anteprima a Cannes e la prima selezione agli Oscar come rappresentativo del Messico, colpa di Hollywood quindi? In parte, anche perché è evidente che esso sia solo un prodotto commerciale realizzato su commissione, ma la colpa è anche della sua stessa struttura. Perché certo, a tratti è interessante, siamo in Messico e le cose narrate sembrano plausibili (soprattutto a Tijuana che è una delle città più pericolose), però l'azione è blanda, il ritmo quasi mai avvincente, e non credo sia colpa del nuovo, di corso. Da un punto di vista della caratterizzazione del personaggio, interpretato da Gina Rodriguez (che non è niente di che davvero, e in tutti i sensi), Miss Bala scoprirà una forza che ignorava di sé, tenendo testa al boss locale. Il film perciò gioca sugli stereotipi del genere con Miss Bala che, tradotto, significa letteralmente "Miss proiettile". Insomma, c'è una discreta retorica rappresentata, sbandierando slogan in forza al "girl power". Cosa che non sarebbe un problema, se non fosse che il film, diretto da Catherine Hardwicke, regista texana nota per aver lavorato dietro la cinepresa del primo Twilight (e questo già dice tutto), fa acqua da molte parti, non fa nessun effetto.
Regia/Sceneggiatura/Aspetto tecnico/Cast: Non esattamente riuscita la regia, decisamente scadente la sceneggiatura, tecnicamente è di basso livello, alla buona e meglio la recitazione del cast, di tutto il cast (da citare Anthony Mackie, che non si sa perché si trovi lì), compresa quella dell'attrice protagonista.
Commento Finale: Bruttissimo non è, si può anche vedere se non c'è altro, il fatto è che su Narcos, polizia corrotta e DEA è già stato detto molto, e anche molto bene. Non si può girare un filmetto scadente e pretendere di aggiungere qualcosa. Si ottiene esattamente l'effetto contrario, riducendo temi tanto importanti e coinvolgenti in mortificanti concorsi per reginette di bellezza e infinite sparatorie tediosissime. Sceneggiatura alla Beautiful, trama copiata qua e là (male), interpretazioni dimenticabili, finale da latte alle ginocchia. Da salvare la vaga, vaghissima idea iniziale, con l'illusione di averci provato.
Consigliato: No, io per esempio mi son pentito di averlo visto.
Voto: 4
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Morto tra una settimana (o ti ridiamo i soldi) (Commedia, Gran Bretagna, 2018)
Tema e genere: Una commedia noir dai toni delicati con l'attore britannico Tom Wilkinson nel ruolo bizzarro e simpatico di un killer professionista prossimo alla pensione.
Trama: Un giovane aspirante suicida, non riuscendo a farla finita, assolda un killer professionista. Ma quando la sua vita ha una svolta positiva, cerca invano di annullare il contratto.
Recensione: Classica commedia britannica nera, diretta dall'esordiente Tom Edmunds, che si rifà a una gloriosa tradizione, Morto tra una settimana (o ti ridiamo i soldi) attinge anche alla contemporanea moda dell'umorismo scorretto e del cinismo allegro. Lo spunto non è originalissimo, già altre volte il cinema ha raccontato storie simili: qui si punta sull'interazione tra il candore del giovane Aneurin Barnard e la sagacia di un attore di classe come Tom Wilkinson, sulla bellezza e presenza di spirito della ragazza interpretata da Freya Mavor, o sui duetti tra i due coniugi (Tom Wilkinson e Marion Bailey, attrice molto divertente nonché moglie del regista Mike Leigh). La commedia nera esaurisce nella prima parte gli spunti migliori, ma molte battute e situazioni sono divertenti solo sulla carta (la cooperativa del sindacato assassini). Ovviamente chi non ama l'umorismo macabro se ne tenga alla larga (a un certo punto il perfetto killer inizia a infilare una serie di errori via l'altro, uccidendo persone sbagliate). Peraltro la seconda parte, con il capo del killer (il solitamente bravo Christopher Eccleston, qui un po' troppo sopra le righe) e i nuovi assassini dell'Est che dovrebbero togliere il lavoro a Leslie smorza il ritmo e il divertimento anche per i meglio intenzionati (pur aumentando il livello di cinismo, con battute su tutto e tutti, fra cui sul buon Michael J. Fox). Tutto diventa un po' contorto, le divagazioni allungano il brodo (pur di un film tutt'altro che lungo). E il finale lascia anche l'amaro in bocca e toglie quel poco di divertimento che il film aveva seminato inizialmente. Va bene scherzare su tutto, ma l'epilogo difficilmente garantirà un buon ricordo a un film più promettente che apprezzabile, per quanto ben realizzato e ottimamente interpretato dagli attori principali. L'intento del regista era sicuramente di costruire un'opera noir alla fratelli Coen o evocare l'atipico e bello In Bruges - La coscienza dell'assassino (2008), ma l'eccessiva semplicità nell'approccio alla trama non ha aiutato. A tratti ricorda il veramente dark e dalle atmosfere fredde e umoristiche In ordine di sparizione (2014), ma non ne eguaglia la portata tematica, né la forza registica, rintanandosi in un'opera prima godibile ma prettamente scolastica.
Regia/Sceneggiatura: Tom Edmunds esordisce alla regia e sceneggiatura del suo Morto tra una settimana (o ti ridiamo i soldi) con un'idea innovativa e curiosa (in parte riprendendo il bel film Mr. Ove), riuscendo a comporre un'opera prima sì apprezzabile ma non indimenticabile. Perché il film nasce sì da un'idea originale ma spreca il proprio potenziale con uno stile molto scolastico, in cui la sceneggiatura ricopre il ruolo più pasticciato, bene all'inizio, banale alla fine.
Aspetto tecnico: La regia è semplice ma bene studiata e merita anche la fotografia, che ben ricorda le atmosfere umide e autunnali inglesi, ma non spicca.
Cast: Tutti svolgono il loro compito al meglio, in particolare Tom Wilkinson (candidato all'Oscar per In The Bedroom e Michael Clayton).
Commento Finale: Commedia nera dall'impianto (teoricamente) spassoso ma dai toni plumbei e dalle atmosfere dark, Morto tra una settimana (o ti ridiamo i soldi) muove da uno spunto piuttosto spiazzante e originale e si appoggia su un canovaccio tutto all'insegna di bizzarrie assortite e stramberie varie, sicari sornioni (ma in fondo amabili) e caricature del disagio giovanile. Un contesto abbastanza curioso ma tutt'altro che sorprendente, specialmente per il modo in cui è sviluppato e portato avanti da una narrazione quasi spesso incompiuta e zoppicante, compiaciuta e sfilacciata. Al suo esordio nel lungometraggio dopo alcuni corti, il regista e sceneggiatore Tom Edmunds mostra infatti una mano un po' troppo acerba e malferma, che sembra non avere abbastanza sicurezza nel dosare tutti gli ingredienti e nell'assemblare un prodotto sufficientemente organico e compiuto. Tom Wilkinson gigioneggia come di consueto, ma il suo personaggio, nonostante il carisma e la simpatia corrosiva dell'attore inglese, a suo agio in ruoli del genere, è comunque pallida, sbiadita ombra della maschera ironica e paradossale che poteva essere. Anche il cinismo di fondo del film, tirando le somme, è decisamente troppo innocuo, ambiguo e caramellato per stupire in modo autentico e gli sketch, sebbene qua e là ritmati e corredati di una componente action, sono troppo alimentari e grossolani per intrattenere con successo e generare una black comedy all'altezza della situazione.
Consigliato: Come dicevo pocanzi, chi non ama l'umorismo macabro se ne tenga alla larga, per tutti gli altri nessun problema.
Voto: 5+
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A-X-L: Un'amicizia extraordinaria (Fantascienza, Usa 2018)
Tema e genere: Sullo sfondo dei classici film per famiglie degli anni '80, un'avventura fantascientifica dal taglio teen.
Trama: Miles è uno sfortunato ciclista adolescente che si imbatte in un cane robot, addestrato per scopi militari, di nome AXL. Dotato di grande intelligenza artificiale e di buon cuore, AXL in breve forma un intenso legame con Miles, con grande disappunto degli scienziati militari che farebbero qualsiasi cosa per riaverlo indietro. Sapendo quale sia la posta in gioco nel caso in cui AXL venga catturato, Miles si allea con Sara, la ragazza per cui ha una cotta, per proteggere il suo nuovo miglior amico.
Recensione: Non una cattiva idea ma eccessivamente "fredda" questa pellicola, anche per via di attori assai mediocri e di una trama che riporta subito alla mente cult d'altri tempi (da "Corto circuito" a "Robocop" o "Wall-E"). Il film infatti, opera prima di Oliver Daly, sembra prendere a piene mani dai classici film uomo-animale selvaggio e dalle fortunate operazioni per famiglie degli anni '80, solo che lo fa nel modo più sbagliato possibile. La patina da sci-fi non nasconde difatti la banalità di questa forse evitabile (a tratti noiosa e sicuramente facilmente dimenticabile) operazione. Un'operazione schiacciata da uno script che si concentra tanto sul restituire (o forzare) un'emozione allo spettatore, da dimenticarsi completamente di approfondire aspetti vitali. Non basta mostrare un cane e un ragazzo che giocano sorridendo e divertendosi o un filmato sintetico per raccontare qualcosa in più sulla vicenda. Un film del genere avrebbe meritato sicuramente maggior sviluppo e approfondimento, quantomeno per regalare qualcosa che rimanga allo spettatore a visione ultimata. Non è un caso che non venga sollevata nessuna domanda sul dilemma etico dell'esistenza di questa bestia tecnologica, che esiste sempre e solo per mettere in scena la stucchevole morale alla base del film, di un film ulteriormente appesantito dall'incursione militare finale praticamente senza "gusto". Insomma in questo Real Steel un po' sfigato e con gli animali non c'è, niente di originale e soprattutto niente di interessante, niente che riesce a suscitare un qualche minimo sense of wonder in ciò che stiamo vedendo, in ciò che la storia ci sta raccontando o nelle azioni che questi personaggi devono compiere nel corso della loro avventura per raggiungere i propri obiettivi. Quel che manca è la personalità necessaria a fare breccia nel cuore dello spettatore, al quale non importa niente né del cane, né del suo amico umano, né tanto meno di un evitabile sequel con il quale il tremendo finale sembra volerci minacciare. Certo, complessivamente è un prodotto ludico che intrattiene senza troppi sforzi, sostenuto da un ritmo discreto e qualche presenza femminile niente male, troppo poco però per ambire alla sufficienza.
Regia/Sceneggiatura: Se ci si sofferma, anche solo per un attimo, sulle numerose influenze di  A-X-L: Un'amicizia extraordinaria si rischia di parlarne per giorni. Quello che realizza il regista Oliver Daly (che parte così, cinematograficamente parlando, male), attraverso una messa in scena televisiva e quasi mai suggestiva, non è altro che una storia (modello Disney) che punta forzatamente all'emozione dello spettatore, con tutti i cliché del caso. Un'occasione per riflettere sulla tecnologia gettata completamente alle ortiche. Costruita su una sceneggiatura piatta, i personaggi e le relazioni risultano sin da subito abbozzati, i dialoghi non fanno il minimo sforzo per risultare avvincenti e alcune scene lasciano allo spettatore una sensazione di disorientamento.
Aspetto tecnico: Il cane a tratti sembra fatto di una CGI agghiacciante (utilizzata nei campi larghi per mostrarlo in movimento), a tratti invece è mosso dall'animatronica (nei primi piani), ma in nessuna delle due varianti riesce ad ingannare l'occhio di chi lo sta guardando, soprattutto perché c'è troppa discordanza fra le due versioni. La colonna sonora è quanto di più classico si possa ascoltare, niente che non si sia già sentito in prodotti teen di questo tipo.
Cast: I due giovani attori principali (Alex Neustaedter e Becky G.) sono bravi e carini (soprattutto lei), ma di carisma livello zero. A dar loro manforte Thomas Jane, che fa il suo, ma che sfortunatamente continua a partecipare a film mediocri.
Commento Finale: Si lascia guardare ma la trama poteva meglio essere sviluppata, quasi priva di contenuti, mentre il rapporto cane padrone troppo poco credibile e sviluppata troppo velocemente. Non arriva alla sufficienza.
Consigliato: Se cercate il nuovo E.T. statevene alla larga, se invece avete zero pretese allora sì, ma con riserva.
Voto: 5
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Lo schiaccianoci e i quattro regni (Fantasy, Usa 2018)
Tema e genere: Adattamento cinematografico del racconto Schiaccianoci e il re dei topi di E. T. A. Hoffmann e del balletto Lo schiaccianoci di Pëtr Il'ič Čajkovskij.
Trama: Una ragazzina in crisi per la morte della madre si trova a vivere un'avventura mirabolante in un mondo di fantasia, dove i giocattoli prendono vita.
Recensione: L'effetto Alice attraverso lo specchio (in senso narrativo e non solo di riuscita complessiva) era dietro l'angolo e, infatti, Lo schiaccianoci e i quattro regni (che in termini di ispirazione tuttavia prende anche da Narnia) ci è caduto con tutte le scarpe. Diretto da Lasse Hallström (e per trentadue giorni di riprese aggiuntive da Joe Johnson) l'ennesimo maestoso film della Disney si rivela essenzialmente come uno dei giocattoli di cui parla: eccepibile nella sua forma estetica, ma vuoto se si va a scrutarne l'interno. Con una consequenzialità che si rincorre veloce nel racconto, dove gli eventi accadono con una fluidità che però non sembra giovare alla narrazione, rendendola soltanto più fanfarona, Lo schiaccianoci e i quattro regni presenta un problema già nel proprio titolo, in contrasto con la realtà della propria storia. Non c'è schiaccianoci dentro questo film. O meglio c'è, ma la sceneggiatura va concentrandosi principalmente sulla figura di Clara, riducendo la pellicola ad una sola elaborazione del lutto e della presa di coscienza, escludendo tutte le dinamiche tra la protagonista e il suo compare che rendono veramente intrigante la storia de Lo schiaccianoci. Mackenzie Foy non aiuta poi a supportare questa decisione del racconto. La giovane attrice statunitense non sa tenere sulle proprie spalle il fatto di dover vestire i panni del personaggio principale, riservando una recitazione che mostra dell'incapacità, partendo fin proprio dalle espressioni del voto. Non è però l'unica a dover rivedere il proprio operato all'interno del film. Una Keira Knightley nelle vesti violette di Fata Confetto dà, probabilmente, la sua peggior interpretazione, fatta soltanto di faccette da macchietta che sembrano oscurare la bravura che solitamente la contraddistingue. Sarà per una libertà troppo fantasiosa del film (questa è infatti una versione molto libera, cioè molto diversa, dal racconto Lo Schiaccianoci e il Re dei Topi di Ernst Hoffmann del 1816 e dalla versione successiva, e meno "horror", di Alexandre Dumas da cui fu tratto il celebre balletto con le musiche di Tchaikovsky, del racconto originario il film mantiene l'ambientazione natalizia e poco altro), sarà per una direzione incorretta degli attori, ma Lo schiaccianoci e i quattro regni sembra andar peggiorando di man in mano più si procede verso la fine, dove forse l'unica possibilità di riscatto è possibile trovarla nei costumi e nella scenografia. Se si fosse scelto di silenziare il film, Lo schiaccianoci e i quattro regni avrebbe sicuramente rimediato in meraviglia. Risulta infatti irresistibile il designer delle scene e l'arredo che brilla e fa brillare gli ambienti in cui vengono introdotti i personaggi, i quali indossano alcuni tra gli abiti più sfarzosi e minuziosamente elaborati che il cinema abbia visto in questi anni. Uno stupore suscitato dall'incanto per la superficie che non trova riscontro con la sostanza, che può consolarsi visto il suo risplendere in costumi "da favola". Una notte di Natale senza un vero e proprio dono, solo un grande meccanismo cinematografico che stavolta non ha saputo trovare la forza di splendere, se non solo esternamente.
Regia/Sceneggiatura/Aspetto tecnico/Cast: Non funziona molto questo film (un film che non brilla certo in originalità), dalla sceneggiatura (che ha alcuni momenti meccanici, e molti personaggi e situazioni che lasciano perplessi) talmente telefonata che il presunto colpo di scena è avvertibile da chiunque abbia oltre 15 anni (essa inoltre non riesce a conferire un significato profondo a quello che si vede, non ci sono spunti di riflessione, dal momento che le vicende si svolgono in modo sbrigativo e fugace). Ci sono anche attori importanti, tipo Keira Knightley, Helen Mirren, Morgan Freeman (quest'ultimo che insieme allo schiaccianoci nero alzano le quote del politicamente corretto), ma sono tutti lì per esigenze alimentari, prendersi un po' di soldini e buonanotte. Mackenzie Foy invece, la piccola Murphy di Interstellar, non sembra proprio a suo agio. Assodato che il film tecnicamente sia di gran livello, sia per quanto riguarda la fotografia, i costumi e le scenografie (e la musica), sia per quanto riguarda la regia, movimenti di macchina fluidi e mai spinti, Lasse Hallström dopotutto non è uno sprovveduto (ha diretto tra gli altri Chocholat e Hachiko, ed ultimamente il buon Amore, cucina e curry ma anche il mediocre Qua la zampa!), è quindi questo un film un po' scialbo, oltreché freddo, il cui problema principale non è neanche la mancanza di sentimento a cui, visto il genere, si può facilmente passare sopra, quanto la mancanza d'epica, fondamentale per un live action moderno. Si poteva, poi, fare qualcosa di più coi combattimenti, che ci sono, ma solo accennati e per giunta anche noiosi. Che poi va bene che non cantano, però ballano, anzi danzano, per me è no.
Commento Finale: Esteticamente tutto molto bello, per carità: ambientazioni, costumi, trucco, un luna park visivo di ottima fattura, una girandola di colori fantasmagorica ma per il resto, per quanto riguarda i contenuti, si è rivelata una pellicola poverissima, tra dialoghi sconcertanti e zuccherosi buoni sentimenti.
Consigliato: Sì, ai bambini, o al massimo agli appassionati della danza e ai fan del genere.
Voto: 5
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A casa tutti bene (Commedia, Italia 2018)
Tema e genereGabriele Muccino racconta ancora una volta la famiglia disfunzionale in A casa tutti bene, coadiuvato da un cast stellare che finisce però per essere l'unica cosa interessante del film, di questa commedia agrodolce.
Trama: Il pranzo per i 50 anni di matrimonio di una coppia raduna a Ischia una numerosa famiglia. Rimarranno tutti bloccati per giorni a causa del maltempo, e saranno problemi per tutti. Ognuno si troverà difatti a fare i conti con la propria personale situazione, sentimentale, familiare o professionale.
Recensione: Dopo anni ed anni dal suo (fortunato) sbarco in America, Gabriele Muccino torna a dirigere un film in Italia, con un cast che raccoglie il meglio del cinema italiano, ci sono quasi tutti (basta vedere la locandina). Un film però su di una famiglia disfunzionale, l'ennesima. Questo è infatti il tema del film, che affronta ancora una volta insoddisfazioni, bugie e beghe familiari. Sì perché il regista romano parte dall'idea inflazionata ma sempre intrigante di sfruttare una riunione di famiglia per descrivere tipologie umane e come esse si compongono in un quadro più generale, lo fa purtroppo però puntando troppo su soluzioni facili e luoghi comuni. Le scene abbondano di pianti, strepiti e concitazione, richiamando alla mente format televisivi piuttosto fastidiosi ma di vasto seguito. In questo modo la drammatizzazione inevitabilmente si appiattisce e fatica ad oltrepassare la superficie dello stereotipo di genere. E' ovvio che se nelle riunioni famigliari tutto andasse liscio non avrebbe senso farci su un film, come insegna il Vintenberg di Festen ma anche il Monicelli di Parenti Serpenti. Ma non basta evidentemente puntare sul ritmo e sull'emotività per realizzare un buon film, anche se hai in squadra attori di spessore (e anche alcune new entry interessanti, una, Elena Cucci), anche perché stereotipi e banalità si rintracciano pure nella stesura dei personaggi e delle dinamiche. Giacché è questo un film di Muccino all'ennesima potenza che sembra mostrare i ragazzi de L'ultimo bacio ormai cresciuti, ma impantanati in personaggi numericamente eccessivi per essere approfonditi ed apprezzati. Un film corale in cui si fatica un po' a seguire le vicende personali di ogni coppia, troppo caciarone e avvolto in un tourbillon di eventi repentini che un po' stordisce lo spettatore. Tutto da buttare quindi in A casa tutti bene? Quasi. Sono soltanto pochissimi infatti i momenti in cui si intravede brillare qualche luce sotto la coltre di difetti. A volte si ha la sensazione che il regista riesca a dare la sensazione della coralità di voci che sta rappresentando, sulla scia del meglio del cinema nostrano, e altrove che in qualche misura colga la poesia dell'amore, ma si tratta solo di qualche inquadratura, veramente troppo poco. Perché nel complesso il suo tentativo di raccontare vizi e virtù dei vari componenti della famiglia, facendogli gettare la maschera sul loro ego e la loro voglia di essere migliori di ciò che sono, riesce solo a metà. L'argomento non viene indagato e la sceneggiatura non mette nessuno in discussione né permette di scoprire l'animo umano. Resta un pretesto che, grazie alla bravura degli attori, si regge in piedi. Per raccontare una tragedia si dovrebbe partire dalla commedia, invece qui si inscena il melodramma. Le risate sono contenutissime e i pianti e la disperazione degli attori (comunque tutti ottimi) sono estremi (soprattutto quelli di alcune troppo isteriche), cercando la commozione facile con note musicali e col montaggio ad hoc. Si può fare meglio.
Regia/Sceneggiatura/Aspetto tecnico/Cast: Tutti i pregi e i difetti dei più noti film italiani di Gabriele Muccino (quelli americani, come La ricerca della felicità, il suo miglior film, dipendevano  dalla committenza, e non è stato certo un male per lui) si ritrovano in A casa tutti bene amplificati: l'ottima capacità di dirigere gli attori si accompagna alla tendenza a portare sempre i vari personaggi a un livello di isteria che comporta urla, litigi furibondi e scene scomposte dopo che si è superato il punto di rottura, e le performance dei pur bravi attori che ne risentono. E se una certa facilità di racconto e di descrizione (nei tic, nelle tensioni, nel modo di esprimersi, nel manifestare i propri desideri) è indubbia, alla fine rimane sempre la sensazione di una rappresentazione parziale, di un narratore che si limita a raccogliere gli sfoghi di uomini e donne sempre inquieti e infelici e che lui sembra amare poco (soprattutto quelli vicini a lui per età). E che lascia sempre un passo più indietro di come erano all'inizio. Cinismo? No, piuttosto una scarsa capacità di andare oltre all'abbozzo, all'aneddoticità, alla superficialità. Si dice di tanti registi italiani, ma mai come nel caso di Muccino le sue qualità di regista meriterebbero che si affidassero a penne e soggetti altrui. Invece la sceneggiatura (scritta in questo caso a quattro mani con Paolo Costella, con la collaborazione dell'attrice Sabrina Impacciatore, nel film ovviamente presente) è troppo spesso saldamente presidiata da chi poi la dovrà mettere per immagini. E si sa, in Italia tutti vogliono fare gli autori. Mentre tecnicamente niente da segnalare, in positivo dico, perché in negativo, ci sono note musicali ed un montaggio ad hoc, che cercano solo la commozione facile.
Commento Finale: Gabriele Muccino ha fatto un film molto nel suo stile, forse troppo: emotività e conflitti sono estremizzati a discapito dell'approfondimento. Troppi luoghi comuni anche nella sceneggiatura e nella caratterizzazione dei personaggi. Si salva poco in questo film, al più qualche inquadratura in grado di dare il senso della pluralità di voci che si stanno rappresentando, secondo una tradizione del cinema italiano che però Muccino in questo film spreca.
Consigliato: Probabilmente lo spettatore ritroverà in qualcuno dei personaggi sfumature della propria vita, ma di certo non basta. Viceversa l'unico (forse) motivo che potrebbe giustificarne la visione è la gara di bravura del super cast assoldato dal regista, qui per fortuna frenato nei suoi virtuosismi registici.
Voto: 5
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Ecco infine i film scartati ed evitati:
Conta su di me Un film didattico sicuramente da non sottovalutare, ma al momento non me la sento.
Deadwood - Il film Non ho seguito la serie, se e quando lo farò, forse lo vedrò.
Samson Sospettavo che ne sarebbe uscito un pastrocchio storico, ne ho avuto conferma, e perciò nessun rimpianto.
Little Italy - Pizza, amore e fantasia Ma povera Emma Roberts, scritturata per un film decisamente stereotipato (e perciò sicuramente mediocre) già dal titolo.
Un marito a metà Le commedie francesi mi piacciono, tuttavia il soggetto di questo film proprio non m'intriga.
Sposami, stupido! L'inutile remake francese di una commedia americana (Io vi dichiaro marito e... marito) stranamente e sorprendentemente riuscita.
Invisible Sue Quasi non ci potevo credere, i tedeschi che ci copiano, è evidente infatti il rimando al film di Salvatores, e quindi passo.
Asher C'è Ron Perlman certo, ma di action così ce ne sono a bizzeffe, non ha senso sacrificarmi.
Mrs Mills - Un tesoro di vicina Sophie Marceau regista di una commedia francese decisamente poco interessante.
November Criminals Un giallo decisamente poco credibile, e dalla trama abbastanza prevedibile, meglio lasciar perdere.

17 commenti:

  1. Lo schiaccianoci e i quattro regni ha deluso anche me ed abbiamo dato lo stesso voto, davvero povero come film in termini di emozioni, o di una storia convincente.

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    1. Già, a questo punto era meglio se avessero fatto Lo schiaccianoci originale o quello rivisitato nella sua interezza, il racconto intendo.

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  2. Non mi pare di averne visto nemmeno uno... Per fortuna. ;)

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  3. Deadwood è un sequel della serie?
    Comunque, tra i titoli proposti conosco solo Bentornato presidente, che ho evitato.
    Gli altri manco sentiti per sbaglio^^

    Moz-

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    1. Sì esatto, anche se non capisco perché arrivi a distanza di così tanto tempo dalla serie...mah
      Hai fatto bene, al contrario di me che non avrei dovuto dargli una chance.

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  4. Non li ho visti, mi è andata bene!

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  5. Giusto per curiosità, cosa ne pensi di "Shazam"?

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    1. Per ora niente, dubbi soprattutto, ma saprai tutto quando lo vedrò e poi lo recensirò ;)

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  6. Questa volta almeno uno l'ho visto: Morto tra una settimana (o ti ridiamo i soldi), che non ho trovato così male. Certo, non è delle migliori commedie nere in circolazione e si fa dimenticare in fretta, però la sufficienza la raggiunge vista la dose di ironia e carineria dei protagonisti.

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    1. Beh, e diciamo che hai visto quello meno peggio, perché gli ho dato quel voto ma comunque non mi sono di certo pentito (al contrario di altri qui) a vederlo ;)

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  7. Benvenuto presidente l'ho visto qualche mese fa in televisione. Visto, ma non tutto: ho abbandonato la visione perché mi annoiava.
    Come satira politica ho trovato molto più interessante "Viva l'Italia", con un super Michele Placido :)

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    1. Ovviamente non guarderò il seguito :D visto che poi è anche peggio del primo..

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    2. Non conviene proprio, anche perché il peggio viene proprio dopo...
      Viva l'Italia? Sì, leggermente migliore e sicuramente più vedibile ;)

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  8. A me ha emozionato Lo Schiaccianoci e i Quattro Regni forse perché l'ho visto al cinema e durante il periodo natalizio e io a Natale mi emoziono con poco... :)

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    1. Può essere, ed è anche giusto, dopotutto il Natale è sempre un periodo un po' particolare, particolarmente bello ed emozionante ;)

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