Come di consueto ormai nell'universo Marvel, di cui questo è il ventesimo film del suo MCU, è necessario partire da un accenno alle puntate precedenti. Scott Lang, ladruncolo di mezza tacca diventato Ant-Man (nel primo sorprendente episodio a lui dedicato del 2015) grazie a una tuta che gli dona incredibili superpoteri "dimensionali", è stato arrestato per le sue azioni in Captain America: Civil War (quando si schierò con il "Capitano" nello scontro tra supereroi, infrangendo gli accordi di Sokovia). Bloccato agli arresti domiciliari e sorvegliato dalla polizia (guidata dal goffissimo agente Woo, Randall Park), viene richiamato in azione dal professor Hank Pym (ancora interpretato da Michael Douglas), e dalla figlia Hope, ora diventata the Wasp (con tanto di ali, che Scott/Ant-Man non ha) per cercare di recuperare Janet, la moglie di Pym (la new entry Michelle Pfeiffer), dispersa decenni prima nel mondo subatomico: da cui Scott è riuscito a tornare, senza contare che gli è pure apparsa in sogno Janet. I tre dovranno superare vari ostacoli, tra cui Ghost, una figura invisibile e misteriosa. Ero molto curioso di vedere Ant-Man and the Wasp, film del 2018 diretto da Peyton Reed (regista anche del primo capitolo), non solo perché il primo mi aveva conquistato, ma perché principalmente perché ero curioso (come tutti lo sono stati, del resto, almeno per quelli che l'hanno visto) di vedere in che modo avrebbero collegato il film ad Infinity War, visto solo poco tempo fa, e se ci fosse qualche elemento chiave per Avengers: Endgame (scorsa settimana al cinema), di questo però nessuna parola, tranquilli. La curiosità non è stata del tutto ripagata, dato che questo sequel, pur essendo un buonissimo film d'intrattenimento, non riesce ad essere "scoppiettante" quanto il suo predecessore per più motivi. La trama in diversi punti non è molto convincente e sembra che alcune situazioni vengano sbrogliate in maniera fin troppo semplice rispetto alla complessità delle materie trattate, senza contare qualche ingenuità che gli spettatori più attenti avranno potuto notare. Ciò non toglie che sia appunto una visione piacevole, leggera e, nel complesso, estremamente godibile. Come alla fine i film di super-eroi dovrebbero essere. E quindi qualche défaillance la si può accettare. Anche perché sinceramente pensare che questo sequel potesse superare l'originale era impensabile. Certo, ci si aspettava qualcosa in più, colpa forse delle aspettative elevatissime dopo il clamoroso diciannovesimo lungometraggio, ma tutto sommato va bene così, dopotutto il minimo per la Marvel è sufficiente ed in grado di superare senza difficoltà la rivale DC in qualsiasi lungometraggio uscito ultimamente, tranne Wonder Woman da una parte (pollice su) e Black Panther dall'altra (pollice giù).
A proposito del diciannovesimo lungometraggio, come dicevo, sarà stato quel film ad alzare troppo il livello, per farmi giudicare abbastanza tiepidamente questo sequel, questo sequel che si tiene in piedi ma che si regge tuttavia su di un equilibrio precario, sottile e pericolante? Non del tutto, però ha pesato eccome. Perché anche se non si dovrebbe, mai come in questo caso influente, impattante, determinante ai fini di una corretta analisi di quanto visto è il precedente lungometraggio. Non era facile, del resto, essere la prima produzione della Casa delle Idee a debuttare al cinema dopo Infinity War, capolavoro già entrato nei libri di storia, capace, da solo, di riscrivere gli standard del genere di riferimento. Il contraccolpo, soprattutto per il pubblico meno avvezzo ai continui cambi stilistici e nei toni propri del fumetto, avrebbe potuto spezzare qualsiasi entusiasmo, eccitazione, attesa. Del resto, diciamocelo, soffermandoci sulla sinossi di Ant-Man and The Wasp (dopo un chiaro suggerimento al fatto che la madre di Hope, Evangeline Lilly, e moglie di Hank, può essere ancora viva, era scontato che questo film si sarebbe concentrato principalmente sul come riportarla indietro), il salto, concettuale e dimensionale, è effettivamente gigantesco. Passare da una battaglia su scala galattica, a quella che sembra una scaramuccia tra eroi di serie B, potrebbe effettivamente scoraggiare chiunque. Eppure, un po' come accaduto con Spider-Man: Homecoming, la riduzione del campo di battaglia, l'abbassamento dei toni, se attenua l'epicità che emana l'avventura, dall'altra ha il piacevolissimo vantaggio di avvicinare la storia allo spettatore, di coinvolgerlo più direttamente ed intimamente. Se nel primo film dedicato ad Ant-Man si finiva per fare il tifo per un papà un po' sfortunato, un po' incapace, questa volta ci si scopre affascinati dalla storia d'amore senza tempo, né confini che lega il Professor Pym, interpretato da un ispiratissimo Michael Douglas, alla moglie, l'originale Wasp, scomparsa ormai da decenni, inghiottita nel regno quantico durante una missione di cui abbiamo già scoperto i drammatici risvolti proprio nel prequel. La trama, così come l'inserimento nell'intreccio del villain di turno, ruota attorno a questa vicenda familiare, con il povero Scott Lang a recitare la parte di chi, per una volta, vorrebbe fare la cosa giusta, giusta per lui e sua figlia quantomeno, ma che si trova invischiato in grossi guai per riconoscenza nei confronti di Pym, ma soprattutto per riconquistare fiducia e cuore della bella Hope van Dyne, con la quale sembrava potesse nascere una relazione, almeno stando a quanto visto nella pellicola originale.
A tal proposito la famiglia è stato senz'altro uno dei temi che Ant Man and the Wasp ha saputo meglio gestire. Da un lato con Hope e il suo desiderio quasi brutale di ritrovare sua madre. Dall'altro con Scott (Paul Rudd), agli arresti domiciliari dopo quanto accaduto in Civil War, ma incapace di restare in disparte mentre i suoi amici hanno bisogno del suo aiuto. Anche in questo caso il suo rapporto con Cassie è stato fondamentale e forse tra le scene più dolci di tutta la pellicola. Si tratta ancora una volta del binomio famiglia/dovere che già Occhio di Falco aveva gestito in Age of Ultron ma che, nel caso di Scott, si interlaccia anche ai suoi problemi con la giustizia. La forza di Ant-Man and The Wasp consiste proprio nella sua capacità di creare un sottile equilibrio tra le istanze supereroistiche, alimentate da una regia sempre all'altezza della situazione, e quelle legate allo sviluppo dei personaggi, aspetto non sempre curato con la dovuta attenzione almeno in parte delle produzioni Marvel. Quando Ant-Man e Wasp non sono intenti a salvare il (loro)mondo, tra inseguimenti per le strade di San Francisco e combattimenti in laboratori iper-tecnologici, il terzetto composto da Scott, Pym e Hope danno prova di saper reggere la scena sia quando c'è da scavare affondo nel dramma che ha strappato la povera Janet dall'amore della figlia e del marito, sia quando si tratta di creare qualche siparietto comico, spesso e volentieri con l'azzeccatissima partecipazione di Michael Pena, nuovamente nei panni di Luis, a suo agio nell'interpretare un personaggio ad un passo dal diventare una scialba macchietta, invece perennemente in grado di divertire, proprio perché si tiene ben lontano dall'eccesso. Grosso del merito, soprattutto in chiave comica, va riconosciuta anche alla sceneggiatura, intelligente, mai demenziale, perché pur con minor coraggio e personalità rispetto al prequel, riesce ugualmente a divertire lo spettatore. Inoltre i collegamenti con gli altri film Marvel sono stati gestiti (come al solito) in maniera chiara, definita, lineare. Non sarebbe la Marvel se non prestasse attenzione ai particolari dopotutto. In quei particolari rientra naturalmente la bellezza e quantità di dettagli utilizzata nella ricostruzione del Regno Quantico, che a tratti ha ricordato alcuni dei mondi attraversati da Strange durante la sua "iniziazione" alle arti magiche, nel film a lui dedicato. Si tratta di colori, dimensioni, geometrie davvero spettacolari, davvero sbalorditive.
A proposito, oggettivamente la parte riguardante l'intera parte di trama legata al Regno Quantico è senz'altro tra le migliori e interessanti di questo secondo film. E' vero, i discorsi che coinvolgono elementi e teorie scientifiche spesso eccessivamente complesse per essere spiegate (o capite) sono tanti, forse troppi. Eppure avevamo già sentito parlare di una parte della macchina costruita da Hank e Hope del primo Avengers, quando Bruce e Tony avevano ipotizzato di utilizzarlo per ritrovare il Tesseract. E poi oggettivamente la qualità delle scene d'azione è altissima. I continui ridimensionamenti di personaggi e oggetti danno spazio a trovate geniali e creano uno spettacolo visivo entusiasmante, coadiuvato da una buona fotografia, luminosa a coloratissima, e dalla regia di Peyton Reed che è riuscito di nuovo a rendere perfettamente comprensibili anche i momenti più caotici, cosa non da poco visti i continui cambi di prospettiva. Altro aspetto che rende Ant-Man and the Wasp godibilissimo sono sicuramente i personaggi e i loro interpreti. Spicca sopra ogni cosa l'alchimia tra i protagonisti Paul Rudd (non a livello di Chris Pratt e Ryan Reynolds come personaggio iconico, ma che merita, anche grazie al suo sguardo sincero, nelle sue espressioni ora divertite, ora lievemente terrorizzate, c'è ancora il padre apprezzato nel prequel, al quale si aggiunge l'uomo, finalmente l'uomo, in grado di rischiare tutto, pur di aiutare, l'appellativo di eroe) ed Evangeline Lilly, che insieme non stancano mai, poi Michael Pena (come detto) è simpaticissimo come sempre e mi sembra quasi scontato rimarcare la bravura di due grandi star come Michael Douglas e Michelle Pfeiffer. Vediamo ora invece, cosa non va in questa pellicola, del perché non è probabilmente un film imperdibile, dei difetti che fanno abbassare il giudizio, il voto finale. Si nota infatti un po' di confusione nella trama, soprattutto per quanto riguarda la cascata di cattivi che sbucano da qualsiasi parte. Parlo di confusione perché penso che con una densità tale di eventi, Ant Man and the Wasp avrebbe potuto tranquillamente cavarsela con un solo cattivo. Qui difatti le cose si fanno leggermente più atipiche rispetto al precedente (nel primo Ant-Man avevamo una situazione da fumetto molto classica con il Calabrone, che comunque nel suo piccolo funzionava, soprattutto visivamente, anche se rimaneva stra-stereotipato), perché troviamo in parallelo due villain mossi da motivazioni completamente diverse tra loro.
Walton Goggins interpreta Sonny Burch, un classico criminale senza scrupoli (parte in cui si rivela sempre perfetto) che vuole impadronirsi della tecnologia Pym a fini di lucro, mentre ad Hannah John-Kamen (vista in Black Mirror) spetta il ruolo ben più interessante di Ghost. Ava, questo il suo vero nome, non è neanche definibile una villain vera e propria: non vuole far male agli altri a prescindere, ma è afflitta da un dolore personale così forte da spingerla a fare di tutto nel tentativo di mettergli fine. È sicuramente un personaggio più complesso del solito e si entra facilmente in empatia con le sue ragioni, eppure, al di là anche di un'ottima resa dal punto di vista estetico, non riesce mai ad essere incisiva, a lasciare davvero un segno nella mente dello spettatore, forse perché alla fin fine suscita più pena che timore. Ed è un peccato, perché con un po' più di fiducia, maggiore attenzione alla sua figura, credo che il film avrebbe potuto essere più lineare e giovarne notevolmente. Manca un pizzico di coraggio nella gestione del villain insomma, come era prevedibile, Peyton Reed ha dovuto lievemente aggiustare il tiro, rinunciando ad un pizzico dell'efficacissima estetica che ammaliò il pubblico del primo Ant-Man. Eppure, nonostante la sensazione di avere a che fare con un prodotto meno genuino e più confezionato, si è testimoni di uno spettacolo che non solo convince, ma che non fa per nulla rimpiangere le gesta sovrumane degli Avengers. Si perché, anche se non ha qualità che lo facciano spiccare particolarmente tra gli altri film del Marvel Cinematic Universe (anche perché in verità anche ai fini dello svolgimento della storia dell'universo Marvel non dice praticamente niente), Ant-Man and The Wasp è uno spettacolo da non perdere. Certo, alla fine ciò per cui lo ricorderanno maggiormente i fan (e tutti) sarà la prima delle due scene post-credits: che lascia a bocca aperta, forse valendo anche da sola il prezzo del biglietto, ma nel complesso è questo e comunque un film decisamente riuscito, divertente ed avvincente. Voto: 7
A tal proposito la famiglia è stato senz'altro uno dei temi che Ant Man and the Wasp ha saputo meglio gestire. Da un lato con Hope e il suo desiderio quasi brutale di ritrovare sua madre. Dall'altro con Scott (Paul Rudd), agli arresti domiciliari dopo quanto accaduto in Civil War, ma incapace di restare in disparte mentre i suoi amici hanno bisogno del suo aiuto. Anche in questo caso il suo rapporto con Cassie è stato fondamentale e forse tra le scene più dolci di tutta la pellicola. Si tratta ancora una volta del binomio famiglia/dovere che già Occhio di Falco aveva gestito in Age of Ultron ma che, nel caso di Scott, si interlaccia anche ai suoi problemi con la giustizia. La forza di Ant-Man and The Wasp consiste proprio nella sua capacità di creare un sottile equilibrio tra le istanze supereroistiche, alimentate da una regia sempre all'altezza della situazione, e quelle legate allo sviluppo dei personaggi, aspetto non sempre curato con la dovuta attenzione almeno in parte delle produzioni Marvel. Quando Ant-Man e Wasp non sono intenti a salvare il (loro)mondo, tra inseguimenti per le strade di San Francisco e combattimenti in laboratori iper-tecnologici, il terzetto composto da Scott, Pym e Hope danno prova di saper reggere la scena sia quando c'è da scavare affondo nel dramma che ha strappato la povera Janet dall'amore della figlia e del marito, sia quando si tratta di creare qualche siparietto comico, spesso e volentieri con l'azzeccatissima partecipazione di Michael Pena, nuovamente nei panni di Luis, a suo agio nell'interpretare un personaggio ad un passo dal diventare una scialba macchietta, invece perennemente in grado di divertire, proprio perché si tiene ben lontano dall'eccesso. Grosso del merito, soprattutto in chiave comica, va riconosciuta anche alla sceneggiatura, intelligente, mai demenziale, perché pur con minor coraggio e personalità rispetto al prequel, riesce ugualmente a divertire lo spettatore. Inoltre i collegamenti con gli altri film Marvel sono stati gestiti (come al solito) in maniera chiara, definita, lineare. Non sarebbe la Marvel se non prestasse attenzione ai particolari dopotutto. In quei particolari rientra naturalmente la bellezza e quantità di dettagli utilizzata nella ricostruzione del Regno Quantico, che a tratti ha ricordato alcuni dei mondi attraversati da Strange durante la sua "iniziazione" alle arti magiche, nel film a lui dedicato. Si tratta di colori, dimensioni, geometrie davvero spettacolari, davvero sbalorditive.
A proposito, oggettivamente la parte riguardante l'intera parte di trama legata al Regno Quantico è senz'altro tra le migliori e interessanti di questo secondo film. E' vero, i discorsi che coinvolgono elementi e teorie scientifiche spesso eccessivamente complesse per essere spiegate (o capite) sono tanti, forse troppi. Eppure avevamo già sentito parlare di una parte della macchina costruita da Hank e Hope del primo Avengers, quando Bruce e Tony avevano ipotizzato di utilizzarlo per ritrovare il Tesseract. E poi oggettivamente la qualità delle scene d'azione è altissima. I continui ridimensionamenti di personaggi e oggetti danno spazio a trovate geniali e creano uno spettacolo visivo entusiasmante, coadiuvato da una buona fotografia, luminosa a coloratissima, e dalla regia di Peyton Reed che è riuscito di nuovo a rendere perfettamente comprensibili anche i momenti più caotici, cosa non da poco visti i continui cambi di prospettiva. Altro aspetto che rende Ant-Man and the Wasp godibilissimo sono sicuramente i personaggi e i loro interpreti. Spicca sopra ogni cosa l'alchimia tra i protagonisti Paul Rudd (non a livello di Chris Pratt e Ryan Reynolds come personaggio iconico, ma che merita, anche grazie al suo sguardo sincero, nelle sue espressioni ora divertite, ora lievemente terrorizzate, c'è ancora il padre apprezzato nel prequel, al quale si aggiunge l'uomo, finalmente l'uomo, in grado di rischiare tutto, pur di aiutare, l'appellativo di eroe) ed Evangeline Lilly, che insieme non stancano mai, poi Michael Pena (come detto) è simpaticissimo come sempre e mi sembra quasi scontato rimarcare la bravura di due grandi star come Michael Douglas e Michelle Pfeiffer. Vediamo ora invece, cosa non va in questa pellicola, del perché non è probabilmente un film imperdibile, dei difetti che fanno abbassare il giudizio, il voto finale. Si nota infatti un po' di confusione nella trama, soprattutto per quanto riguarda la cascata di cattivi che sbucano da qualsiasi parte. Parlo di confusione perché penso che con una densità tale di eventi, Ant Man and the Wasp avrebbe potuto tranquillamente cavarsela con un solo cattivo. Qui difatti le cose si fanno leggermente più atipiche rispetto al precedente (nel primo Ant-Man avevamo una situazione da fumetto molto classica con il Calabrone, che comunque nel suo piccolo funzionava, soprattutto visivamente, anche se rimaneva stra-stereotipato), perché troviamo in parallelo due villain mossi da motivazioni completamente diverse tra loro.
Walton Goggins interpreta Sonny Burch, un classico criminale senza scrupoli (parte in cui si rivela sempre perfetto) che vuole impadronirsi della tecnologia Pym a fini di lucro, mentre ad Hannah John-Kamen (vista in Black Mirror) spetta il ruolo ben più interessante di Ghost. Ava, questo il suo vero nome, non è neanche definibile una villain vera e propria: non vuole far male agli altri a prescindere, ma è afflitta da un dolore personale così forte da spingerla a fare di tutto nel tentativo di mettergli fine. È sicuramente un personaggio più complesso del solito e si entra facilmente in empatia con le sue ragioni, eppure, al di là anche di un'ottima resa dal punto di vista estetico, non riesce mai ad essere incisiva, a lasciare davvero un segno nella mente dello spettatore, forse perché alla fin fine suscita più pena che timore. Ed è un peccato, perché con un po' più di fiducia, maggiore attenzione alla sua figura, credo che il film avrebbe potuto essere più lineare e giovarne notevolmente. Manca un pizzico di coraggio nella gestione del villain insomma, come era prevedibile, Peyton Reed ha dovuto lievemente aggiustare il tiro, rinunciando ad un pizzico dell'efficacissima estetica che ammaliò il pubblico del primo Ant-Man. Eppure, nonostante la sensazione di avere a che fare con un prodotto meno genuino e più confezionato, si è testimoni di uno spettacolo che non solo convince, ma che non fa per nulla rimpiangere le gesta sovrumane degli Avengers. Si perché, anche se non ha qualità che lo facciano spiccare particolarmente tra gli altri film del Marvel Cinematic Universe (anche perché in verità anche ai fini dello svolgimento della storia dell'universo Marvel non dice praticamente niente), Ant-Man and The Wasp è uno spettacolo da non perdere. Certo, alla fine ciò per cui lo ricorderanno maggiormente i fan (e tutti) sarà la prima delle due scene post-credits: che lascia a bocca aperta, forse valendo anche da sola il prezzo del biglietto, ma nel complesso è questo e comunque un film decisamente riuscito, divertente ed avvincente. Voto: 7
Ma Black Panther È della Marvel, eh!
RispondiEliminaA me questo Ant-Man non mi ha mai attirato, nemmeno nei fumetti.
Se addirittura il primo film era più scoppiettante del sequel, nah, non fa per me.
Moz-
Forse non ha capito cosa intendevo, non è meglio di Wonder Woman (il migliore della DC) ma di Black Panther (il peggiore della Marvel) sì :D
EliminaPersonalmente è un personaggio fantastico, e i suoi "poteri" tanto divertenti ;)
Sai come la penso su questo genere di film.
RispondiEliminaQuindi oggi passo solo per lasciarti un saluto.
Bacino
E infatti sapevo già che avresti commentato così, e comunque saluti e bacino mi bastano ;)
EliminaE molto probabilmente un terzo ci sarà, o almeno qualcuno permettendo :D
RispondiEliminaLe cose più belle del film per me sarebbero l'interpretazione di Douglas e il laboratorio trolley :D
RispondiEliminaMi sembra decisamente un film supereroistico davvero di stampo disneyano :)
E le formiche giganti dove le metti :D
EliminaSì, è più infantile, però è sempre spettacolare e divertente ;)
Un caro saluto
RispondiEliminaGrazie, ricambio ;)
EliminaLo vedrò comunque, anche se Ant-man, a mio avviso, è una figura da centellinare in un raggio più ampio...
RispondiEliminaForse, ma di sicuro è un personaggio dalle "enormi" possibilità ;)
EliminaAnt-Man io l'ho adorato, devo dire che è stato uno dei film Marvel che mi è piaciuto di più, attirandomi magari lo scherno. :)
RispondiEliminaQuesto secondo episodio invece mi ha lasciato abbastanza freddino, se non deluso. A cominciare dalle supercazzole scientifiche sul regno quantico, poi l'intero regno quantico (diosanto, ma che cazzo respirano nel regno quantico?!), il rimpicciolimento di un intero edificio (se lo rimpicciolisci, la massa resta la stessa, non lo puoi portare in giro con un trolley!)
La scena che mi ha steso è quella in cui drogano Luis col siero della verità per interrogarlo... Ero piegato in due dal ridere. Mi ha dato da pensare il fatto che l'abbia trovata la scena migliore del film.
Vabbè in questi casi non si pensa troppo alla fisica, concordo comunque sulle teorie scientifiche, ma è troppo figo in ogni caso veder un edificio portato a spasso :D
EliminaIl primo fu una sorpresa anche per me, questo secondo decisamente meno, e infatti il voto anche se sembra elevato è abbastanza basso per gli standard, perché è indubbio il fatto che a parte quella scena non c'è tantissimo ;)
Un film molto interessante, il suo finale mi aveva lasciata un po' sconcertata fino a quando ho rivisto Avengers Infinity War e ho pensato, non saranno connessi? Beh, adesso lo sapiamo tutti ma devo ammettere che il modo in cui hanno collegato tutti questi film è stato molto brillante.
RispondiEliminaIo invece un po' sapevo già prima, e non ho avuto dubbi dopo avendolo poi visto, e comunque sì gran lavoro, anche se brillante è dir poco ;)
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