In questo mese di Settembre, che è radicalmente cambiato in tre giorni, da un clima mite a un clima decisamente fresco, non ho visto nessun documentario, non è successo niente di particolarmente importante o interessante e il mio mese cinematografico, come sempre, è passato tra alti e bassi. E quindi colgo quest'occasione per informarvi che il 22 Ottobre comincerà la nuova stagione "banneristica", che ad Halloween consiglierò nuovamente uno o due film da vedere nella notte delle streghe (a tal proposito, non avendo ancora deciso i suddetti film, accetto consigli da chiunque sappia dirmi un titolo abbastanza recente da vedere, sperando che non l'abbia già visto), che il Primo Novembre giustamente non pubblicherò niente, che il Franken-Meme e un post natalizio, cinematografico o meno, ci sarà, e che infine, come già anticipato ad inizio anno, le classifiche finali (che quest'anno saranno anche sulle migliori canzoni dell'anno ed i film "vintage" visti, oltre a quella ovviamente sui videogiochi) saranno stilate e quindi pubblicate entro l'anno. La mia stagione cinematografica infatti si chiuderà probabilmente a fine novembre o inizio dicembre, di ciò sarete a conoscenza in uno specifico post in cui spero di informarvi anche dell'avvenuta conclusione delle mie promesse cinematografiche (e tanto altro). E quindi da metà dicembre in poi il blog pubblicherà le consuete corpose classifiche, ma nel frattempo state sicuri di trovare sul blog, da qui al momento cruciale, sempre più recensioni, soprattutto di tante pellicole che ancora mi mancano, perché sì, la lista di film da vedere, invece di diminuire, si sta vertiginosamente allungando, e quindi di materiale ci sarà parecchio da giudicare.
La trama di Come ti ammazzo il bodyguard (The Hitman's Bodyguard), film del 2017 diretto da Patrick Hughes, si rivela misera, ma viene sorretta da uno spettacolo pirotecnico che pesca a piene mani dai thriller Buddy-movie degli anni '90. Com'è facile intuire infatti, il tutto riconduce a uno stile simile a quello di Arma Letale o anche a Die Hard 3, che vedeva lo stesso Samuel L. Jackson (qui protagonista indiscusso) affiancare Bruce Willis. In questo senso, il film non tradisce le attese: ci sono talpe infiltrate nei ranghi della polizia, siparietti comici, scene d'azione a suon di musica e continui cambi di location in giro per il mondo. Come ti ammazzo il bodyguard difatti, un film d'azione divertente e leggero al contempo, un action movie on the road basato principalmente sull'intesa tra i due protagonisti, che non si risparmiano battute al vetriolo e colpi bassi, per arrivare poi a una sorta di alleanza e amicizia non convenzionale, svolge bene il suo lavoro, diverte e intrattiene il pubblico, anche se con tante, forse troppe, scene d'azione. E in tal senso seppur Come ti ammazzo il bodyguard (la fantasia dei titolisti italiani non ha limite, ormai comincio a volergli bene, sono chiaramente persone con problemi) percorra tutte le tappe previste dai film di genere (con una sceneggiatura fin troppo lineare e prevedibile che racconta della classica coppia che scoppia che deve raggiungere, tra inseguimenti e sparatorie, il Tribunale dell'Aia per testimoniare in sfavore di uno spietato dittatore), e senza oltretutto brillare in alcunché, alcuni spunti interessanti lo fanno apprezzare. In primis la contrapposizione tra Bryce, guardia del corpo i cui clienti sono perlopiù criminali, e Kincaid, un killer con una sua morale che accetta solo lavori in cui il bersaglio sia un criminale, ma soprattutto la sua sfrontata voglia di non prendersi mai sul serio (in tal senso il poster che cerca di scimmiottare, a tratti, Guardia del Corpo del 1992 con Kevin Costner e Whitney Houston, conferma la leggerezza del film), che è la carta vincente di una pellicola altrimenti destinata a farsi dimenticare appena conclusa. E quindi la suddetta riesce nell'impresa di portare a casa il risultato, anche con l'aiuto dei coprotagonisti: in primis Salma Hayek, che impersona (magnificamente) la moglie incarcerata di Kincaid, ma ancora più feroce del marito e comunque capace di tenere testa a tutto l'Interpol. Quindi Gary Oldman, ormai talmente calato nei ruoli da efferato criminale, da incutere veramente una certa inquietudine anche nello spettatore. Ma la palma va sicuramente a Samuel L. Jackson (che in realtà non si impegna nemmeno e fa quello che in film di questo tipo gli riesce benissimo sempre, il figlio di put) e alla sua disincantata ironia, capace di fare il simpatico che parla italiano in un autobus di suore, di rimettere a posto tutti con le armi e pure con la lingua, anche il bodyguard (un Ryan Reynolds, che sembra qui ricordare il suo personaggio più conosciuto, l'atipico supereroe Deadpool e che regge decorosamente il confronto) che vanta il fatto di essere uno che protegge, al contrario dell'altro che uccide: "Tutto sta a vedere chi sono quelli che proteggi tu e quelli che uccido io". Eccessivamente lungo, invece, il minutaggio: quasi due ore per un film contenutisticamente povero affaticano lo spettatore, e alcune sequenze sono davvero "interminabili", lo stesso dicasi per le sequenze di azione che abbondando, risultando ridondanti in molte occasioni. Ma tolti questi difetti, il film svolge il proprio lavoro come può, giocando al meglio ogni carta in suo possesso. In tal senso se visto nel momento giusto il film può essere per chiunque una pellicola godibile e leggera, una pellicola che non prendendosi troppo sul serio riesce a divertire, seppur non entusiasmare. Voto: 6
Un film che si colloca a metà strada tra un romanzo storico e una storia familiare, questo è Appartamento ad Atene, film del 2012 (tratto dal romanzo omonimo di Glenway Wescott) diretto da Ruggero Dipaola. Il film infatti, che descrive i diversi stati d'animo nonché le reazioni suscitate nei vari componenti di una famiglia greca in occasione della convivenza forzata nella propria casa con un austero capitano tedesco durante la Seconda Guerra Mondiale, è un'interessante opera prima in cui il regista descrive molto accuratamente l'evolversi delle dinamiche relazionali che via via si instaurano (dalla rassegnazione rispettosa del padre, alla forzata sottomissione della madre, all'ammirazione ed al fascino suscitati nella bambina sino alla ribellione manifesta del figlio piccolo) e in cui lo stesso provi a far riflettere lo spettatore di come la Guerra, sia da una parte che dall'altra, distrugga la vita e l'anima di chi la conduce e la subisce, e che quindi tutti gli uomini sono uguali di fronte alla guerra e la morte. Difatti il tema centrale della pellicola è incentrato sulla fatidica domanda, cioè il simile (sciagurato, crudele e umano) destino può far si che nasca davvero un rapporto profondo tra il nazista (o qualsiasi governo dittatoriale) e i suoi "sudditi" (qualsiasi popolo che viene sfruttato)?. In tal senso è interessante il meccanismo che si genera tra il tirannico capitano Kelter e i suoi "servi": il padre è ossequioso fino a suscitare tensioni nella moglie (che pure non sa ribellarsi), e nel figlio, il ragazzo è preda di furore ma è troppo piccolo per poter fare qualcosa, la figlia è preda delle lusinghe che l'ufficiale le riserva, creando ulteriori tensioni. Ed è interessante anche il ritorno di Kelter da un viaggio in Germania (in cui, si scoprirà, è avvenuto qualcosa di tragico che lo riguarda), quando sembra cambiato, mansueto, "buono". Ma è un fragile equilibrio che è destinato a saltare, soprattutto se le ideologie hanno continuato a fare breccia nonostante tutto. E quindi la risposta alla domanda è di difficile soluzione, soprattutto in tempo di guerra e quando il tutto avviene all'interno di una casa praticamente sequestrata. A tal proposito, seppur l'ambientazione, girata tutta in interni, come se si trattasse di un soggetto teatrale, è ben rappresentata, è a tratti troppo dispersiva e insistente nei particolari, anche se ciò è comprensibile e alla fine ci si sente integrati in quella casa, nel bene e nel male. E in tal senso c'è qualcosa di troppo programmatico e schematico nel film, e alcuni difetti che possono sconcertare. Per quanto all'altezza, gli interpreti italiani (Laura Morante compresa, in linea con i suoi standard ma senza scaldare il cuore) non sono credibilissimi come greci, a cominciare dal piccolo Vincenzo Crea che ha una dizione fortemente romana. Nettamente superiori il tedesco Richard Sammel (visto non solo in Bastardi senza gloria di Tarantino ma anche in The Strain, e sempre nelle straordinarie parti di nazista, lui è infatti un attore che con il solo sguardo è capace di intimorire) e soprattutto il "vero" greco Gerasimos Skiadaresis (che pure recita in italiano, ma con accento riconoscibile), che conferisce verità e sensibilità al personaggio del mite capofamiglia. Ma mentre gli attori fanno più o meno il loro dovere e il film riesce nell'intento di intrattenere, in verità un po' di pathos in più e qualche soluzione di regia più ardita, avrebbero conferito al film un valore aggiunto, rendendolo per questo più intenso e drammatico. Tuttavia, e nonostante altresì un epilogo abbastanza brusco, il film nel complesso si fa sufficientemente apprezzare. E se pensiamo che questa è la prima prova di lungometraggio, l'opera del regista è soddisfacente. Voto: 6+
Non vedevo l'ora di rivedere il tenero orsetto nuovamente in azione, il primo Paddington infatti, fu una bella sorpresa, era divertente, emozionante e in certi momenti metteva anche una certa tensione che da un film del genere non mi sarei mai aspettato. Era adatto a tutte le età. I bambini potevano apprezzarlo grazie alle gag riuscitissime e alla simpatia del protagonista, mentre i grandi potevano benissimo apprezzare la regia coinvolgente, alcune battute raffinate e i bellissimi effetti visivi. Questo sequel, Paddington 2, film del 2017 co-scritto e diretto nuovamente da Paul King, in pratica ha gli stessi identici pregi del predecessore (nuovamente geniale il gruppetto di musicisti che suonano musica latina nei posti più disparati), è divertente e allo stesso tempo emozionate, fa divertire i bambini e allo stesso tempo gli adulti, anzi, se il precedente riuscì a conquistare, questo va ancora più oltre, e riesce proprio a fare innamorare. Perché la scommessa di un sequel è quella di replicare la magia, e Paddington 2 centra in pieno il bersaglio. Il regista riesce difatti a regalare allo spettatore una pellicola forse migliore della precedente, e non solo grazie alla presenza di star di grosso calibro, ma sopratutto grazie alla sua regia senza sbavature e ben congegnata, che cita tra gli altri Shakespeare e Chaplin, Mary Poppins, il Wes Anderson di Gran Budapest Hotel e il Frank Capra de La vita è meravigliosa. Il tutto sostenuto da una grande squadra di interpreti, da un montaggio dai tempi comici perfetti e da una sceneggiatura (in cui il tenero orsetto vive tranquillamente con la famiglia Brown ed è un membro amato della comunità locale, almeno fino a quando decidendo di guadagnare dei soldi per poter pagare un libro pop-up costoso da regalare a sua zia Lucy, libro che verrà misteriosamente rubato, si caccerà in un bel guaio), scritta da Paul King con Simon Farnaby, che non sbaglia un colpo. Il risultato è perciò un sorprendente film per bambini, capace però di emozionare, divertire e coinvolgere anche i grandi. Anche perché tra comiche slapstick, rocamboleschi inseguimenti, mirabolanti evasioni e duelli all'ultimo sangue, Paddington 2 usa accanto allo stupore dell'infanzia l'arma assolutamente adulta del sarcasmo per prendere in giro pregi e difetti del popolo di Sua Maestà. Dalla parte dei pregi ci sono sicuramente i Brown: due figli eccezionalmente comuni (Samuel Joslin e Madeleine Harris), il capo famiglia irreprensibile ma dal cuore d'oro (Hugh Bonneville, il conte della serie Downton Abbey), la madre svagata ed emotiva con le più orribili e irresistibili gonne pantalone della storia del Cinema (Sally Hawkins, che possiede una certa somiglianza con il suo "figlio" adottivo), l'anziana ma tutt'altro che fragile miss Bird (Julie Walters, la madre dei Weasley in Harry Potter). Più che la famiglia tipo, loro rappresentano la parte migliore dello spirito britannico. Un nucleo familiare assolutamente tradizionale e completamente anticonvenzionale, pronto a difendere la creatività e la diversità, ad aiutare lo straniero in difficoltà e a condannare tutti coloro che pensano che chiunque non giochi a cricket, non beva il tè e non faccia le parole crociate, non possa essere considerato degno di accoglienza. Dopo la spietata tassidermista di Nicole Kidman del primo Paddington, tocca ora a Hugh Grant impersonare il cattivo di turno. Lo fa con grande autoironia, prestando all'attore in disgrazia Phoenix Buchanan la sua faccia sempre più britannica e una vanesia prosopopea che prende in giro i mostri sacri del teatro shakespeariano. Altra new entry è Brendan Gleason nel ruolo del minaccioso e intrattabile galeotto Nocche. Un incallito criminale che, come il più esigente degli spettatori, non potrà però evitare di essere addolcito dal solido buonsenso e dalla brutale cortesia di Paddington, e dalla sua squisita, molto inglese, leggermente amara, marmellata d'arance. E quindi, sarà forse merito del lavoro di CGI con cui è creato questo simpatico orsetto amante della marmellata o l'efficacia della storia, degli ambienti e dei personaggi o la bontà del messaggio trasmesso che unisce grandi e piccini, ma questo film trasuda una dolcezza rara, non ravvisabile in altri film dello stesso target. Tutto funziona bene, guidato da un intrattenimento molto british che crea suspense col sorriso e ti fa immedesimare emotivamente. In definitiva Paddington 2 è un solido film per famiglie divertentissimo ed emozionante, veramente notevole sotto ogni punto di vista. Un cult imperdibile e indimenticabile come il primo episodio. Voto: 7
Ancora una volta Edoardo Leo, dopo alcune sue precedenti prove davvero convincenti (soprattutto come attore), si conferma essere regista attento e riflessivo nei riguardi di certe attuali tematiche della società contemporanea, sapendo descrivercele in maniera acuta ed intelligente. Come avvenuto in precedenti lungometraggi da lui interpretati, da Smetto quando voglio di Sydney Sibilia a Loro chi? di Fabio Bonifacci e Francesco Micciché (non dimenticando il suo ultimo successo Io c'è), torna quindi a ricoprire il consueto ruolo di non più troppo giovane italiano abbastanza precario e in cerca di una svolta professionale, in questo caso attraverso il crowdfunding lanciato per sviluppare una sua piattaforma web. Crowdfunding che, però, non sembra dare i risultati aspettati, almeno fino alla sera in cui, in preda all'effetto dell'alcool e alla delusione mentre torna da una festa insieme alla sua dolce metà (nella scena forse più esilarante della pellicola), registra un video che posta per scherzo, dichiarando che girerà e diffonderà in rete un filmato hard con la donna una volta raggiunta una determinata cifra. Ma saranno davvero in grado di farlo veramente? Dopotutto "E tu cosa saresti disposto a fare per 250.000 euro?" è la domanda che, Che vuoi che sia, film del 2016 diretto appunto da Edoardo Leo, pone allo spettatore in una chiave comica che, tuttavia, lascia spazio ad un sotto-testo drammatico che spinge alla riflessione. Perché Che vuoi che sia è una pellicola accostabile al genere comico solo a livello di mera facciata, ma in realtà ci troviamo di fronte ad un film in cui il regista ci evidenzia diversi e controversi aspetti sociali di scottante attualità ed i cui problemi sono spesso di difficile soluzione. Il film, pertanto, affronta il tema della non facile condizione economica di molte coppie nell'ambito della società contemporanea e, allo stesso tempo, di come il mondo del web abbia preso, nel corso dell'ultimo decennio, un predominio pressoché assoluto su ogni altro tipo di comunicazione, condizionando il nostro mondo di pensare e spesso riducendo al lumicino perfino l'intimità e la vita privata delle persone. In tal modo, il regista ci descrive, in maniera cinica, la tendenza moderna dell'uomo contemporaneo nel dare eccessiva importanza al successo evanescente ed illusorio creato dal potere dei media e, in questo caso, dal web (dai social network), diventato, appunto, il più forte mezzo di imbonimento per le masse. Quei social network che sembrerebbero fornire il diritto di parola agli imbecilli che prima lo avevano soltanto al bar e che Edoardo Leo, come sempre, racconta ricorrendo ad un taglio registico decisamente fresco e moderno, tutt'altro che privo di una certa internazionalità. Perché sebbene il breve momento in cui tende a virare maggiormente sulla tematica della coppia in crisi nel corso del secondo tempo rischi di generare qualche minuto di troppo e di distogliere dal già citato intento principale (sul quale, fortunatamente, si torna grazie all'azzeccatissima conclusione), egli riesce a realizzare un film delicato, lontano dai cliché e dal buonismo, costruendo dei personaggi carismatici ed intensi che, confrontandosi tra loro, rendono pulsante e vivo il cuore del film. Un film, una commedia drammatica, di qualità ben riuscita. E per questo che ritengo pertanto Che vuoi che sia, un'altra valida prova di Edoardo Leo in qualità di regista ed attore, e naturalmente un buon elogio merita naturalmente anche Anna Foglietta, ormai una delle mie pochissime attrici italiane preferite di questi ultimi anni, infine, il buon Rocco Papaleo che qui si conferma eccellente attore spalla, ironico, piacevole e scanzonato, come del resto da sempre ci ha abituati. Il regista Romano infatti, che si conferma un regista con una propria voce e uno stile genuino, è un regista, in continua crescita, da seguire con molta attenzione, proprio perché riesce a coniugare brillantemente situazioni comiche e grottesche, con tematiche importanti e di scottante attualità, in più spinge a riflessioni e interrogativi, sul senso e il valore della nostra identità e intimità. Tanto che questo non solo è un film per riflettere, ma anche consigliabile come film comico scaccia pensieri. Voto: 6,5
L'amnesia anterograda (quella relativa alla memoria recente) era già stata trattata quattordici anni fa da 50 volte il primo bacio, seppur in forma molto più leggera. Dalla commedia romantica al thriller il passo non è stato però immediato, visto che solo nel 2011 Ridley Scott ha deciso di comprare i diritti di Non ti addormentare di S. J. Watson da cui questo Before I Go to Sleep (come da titolo originale), film del 2014 diretto da Rowan Joffé, è tratto. Un libro che offriva di per sé sicuramente (visto la storia) una premessa promettente, anche cinematograficamente. Non facile da gestire forse, e non trattata al meglio in alcuni dettagli chiave, ma sicuramente utile a costruire un thriller angosciante ed emozionante. Al timone del quale il regista londinese ha avuto sicuramente buon gioco a poter nascondere certe falle dietro degli interpreti di sicuro carisma e peso. La protagonista, Nicole Kidman, da tempo non impeccabile come una volta nelle scelte e nelle apparizioni cinematografiche, resta comunque una presenza capace di dare corpo a un personaggio, anche se non definito per necessità, come la Christine che da anni si sveglia ogni mattina senza ricordar nulla della sua vita, che ogni mattina per questo viene "istruita" (almeno fino a quando terrificanti verità verranno a galla) su chi è, cosa fa e quali sono i suoi affetti e dolori. Intrigante, soprattutto a livello emotivo, e costitutivamente bisognoso di figure altrettanto forti alle quali potersi appoggiare nel confronto e nel conflitto, anche queste ben scelte. Con Mark Strong nei panni del neurologo che la spinge a registrare un video diario, ma soprattutto Colin Firth nei panni del suo amorevole quanto misterioso partner/tutore. Sfortunatamente al di là delle interazioni tra i personaggi e della loro indubbia capacità espressiva (non dimenticando un'architettura tecnicamente indiscutibile, nel suggestivo seppur discontinuo montaggio, nell'efficiente fotografia e nell'orgogliosa regia di Rowan Joffé, che qui era al suo secondo lavoro per le sale), sono la sostanza e i contenuti a lasciare comunque perplessi su più piani. Non tanto nella gestione della linea cronologica da parte del regista, seppur a tratti sembri complicarsi la vita da solo, quanto nell'eccesso di sospensione dell'incredulità richiesta da alcuni buchi di sceneggiatura particolarmente rilevanti. E tuttavia, nonostante ciò, nonostante leggerezze imperdonabili, nonostante una messa in scena che percorre strade già battute in passato, risultando per questo un po' troppo prevedibile, Before I Go to Sleep, riesce a farsi sufficientemente apprezzare. Certo, il film resta confuso e disperso nei vari approcci e punti di vista intellettuali, certo, il film non mantiene tutte le promesse/premesse, certo, in verità il tutto non oltrepassa una regia con pochi guizzi, più adatta al buon intrattenimento televisivo che a un prodotto cinematografico veramente valido (in tal senso il film sarà sicuramente piaciuto alla "nostra" Claudia, che spesso non rinuncia a vedere film del genere), ma questo non è assolutamente un lavoro da disprezzare in toto, perché anche se questa risulta più un'occasione sprecata da una fattura appena diligente e nulla di più, perché anche se non riesce a creare la densità e lo spessore dei palcoscenici cinematografici, a livello emotivo esso, che funziona sicuramente meglio, riesce nel suo intento (colpa forse di un finale anche troppo melenso) di coinvolgere ed appassionare. E si sa, quando un film ti prende, quando un film riesce comunque, anche solo nel finale, a farti emozionare (anche solo un pochettino), non puoi che istintivamente, nonostante il tutto sembri oggettivamente imperfetto, dargli un voto positivo, ma senza ovviamente esagerare, infatti questa specie di noir non va oltre la sufficienza. Voto: 6
Ah ma quindi il film ti fa pensare a me soltanto perché guardo i thriller merdosi della Rai? Aahahah
RispondiEliminaCredevo che paragonassi la protagonista a me, visto che soffro di queste amnesie alle quali non ho mai voluto dare un nome scientifico. Ma forse pensi che scherzo tutte le volte che ti dico che sono smemorata.
Vabbè. Ti perdono. Intanto il film è stato pesantuccio per i miei gusti, e l'ho capito solo durante l'ultimo minuto. Avrebbero dovuto accennare prima al fatto che lei fosse stata sequestrata da un estraneo. Almeno lo avrei guardato con più interesse.
Devo essere sincero, non ho pensato affatto al tuo problema con la memoria, però sì sull'altro fatto, anche se comunque non tutti quei film sono pessimi, questo film lo conferma ;)
EliminaOk, che sarebbe stato meglio, però non fare spoiler :D
Merda!
EliminaSono la solita casinista. Però, dai.. Ho concesso una nuova chiave di lettura del film. Non ho svelato nulla di che.
Io avrei davvero preferito che il telespettatore sapesse da prima i fatti.. 😉
Già è abbastanza prevedibile di suo, così però lo è di più, comunque no problem ;)
EliminaMa prevedibile cosa????
EliminaSoltanto io non ci ho capito un cazzo fino alla fine?? 😭😭😭😭
L'happy ending finale e l'evoluzione...probabilmente :D
EliminaVabbeè ora che Claudia ha spoilerato, io che lo guardo a fare?
EliminaAnche a me piacciono tanto questi film, poi quando c'è Colin Firth qualsiasi cosa faccia va sempre bene, non mi sono addormentata neppure durante "Il discorso del re" che a rigor di logica era di una noia pazzesca!
E no Mariellaaaaaaa.. Non vale.
EliminaGià lui mi bacchetta sempre. Mo ci mancavi solo tu. Ahahah
Indubbiamente non era un film dinamico, ma era davvero eccezionale, con un Colin Firth superlativo, e quindi vedilo comunque questo film, nonostante il casino di Claudia ;)
EliminaChe vuoi che sia? mi ha da sempre ispirato, in realtà un po' tutto l'Edoardo Leo regista/attore oltre la trilogia di Sibilia, anche se proprio per colpa di questa un po' mi era venuto a noia con il suo modo di recitare eccessivo. Visto che mi sono disintossicata per bene, potrei approfittarne a breve.
RispondiEliminaPeccato che sia già passato in tv, ma troverai di certo l'occasione per confermare o smentire un Edoardo Leo ormai in rampa di lancio ;)
EliminaUmh credo mi interesserebbe solo il Bodyguard, ma comuqnue di questi non ho visto nulla perché proprio non mi attirano...
RispondiEliminaMoz-
Per un birbante come te dopotutto Bodyguard è l'ideale ;)
EliminaPaddington 2 è bellissimo come anche il primo film!😊 L'orsetto è dolcissimo e molto divertente!🐻
RispondiEliminaGià, una dolcezza infinita e fonte di gustose risate ;)
EliminaCome ti ammazzo il bodyguard è più che sufficiente direi, mentre Edoardo Leo, mio pupillo, scade sempre di più in robetta che vorrebbe anche mandare messaggi, ma di pessima fattura...
RispondiEliminaSe non fosse per il titolo e per il fatto che di "originale" ha ben poco, Come ti ammazzo il bodyguard meriterebbe qualcosa in più nel voto effettivamente...mentre per quanto riguarda Leo, il problema è la qualità "italiana" ;)
EliminaHo visto "Come ti ammazzo il bodyguard"e ho riso fino alle lacrime per l'ironia di Salma Hayek... a me è piaciuto.
RispondiEliminaPer il resto, mi rendo conto che con Paddington 1 e 2 mi tocca rimediare.
Ciao!
Io invece ho riso parecchio per tutto quanto, e su Paddington è imprescindibile farlo ;)
EliminaAmmazza, Come Ti Ammazzo ecc. è del 2017? Era tra quelli "appena escono per l'home video lo recupero" ma poi me ne sono dimenticato.
RispondiEliminaConcorso su ciò che dici sui titoli italiani, se ci fai il callo con questa assurdità, fanno quasi tenerezza, come i down...
Ora te l'ho ricordato io, non fartelo sfuggire, oppure aspetta un passaggio televisivo, anche se dubito che ciò avvenga ;)
EliminaOrmai non mi sorprendo più, purtroppo a pagarne il prezzo è il valore della pellicola che diminuisce, e non va bene..