mercoledì 14 novembre 2018

Sharp Objects (Miniserie)

In un anno in cui la HBO ha dovuto fare a meno delle sue galline dalle uova d'oro (si pensi a The LeftoversBig Little Lies e Game of Thrones, queste ultime due torneranno nel 2019), galline che appunto avevano riportato in auge l'immagine della rete che aveva subito un brutto colpo dopo la messa in stand by di True Detective (ora però non più) e la cancellazione di Vinyl (questa sì definitivamente), ecco che dal cilindro vien spuntare il classico coniglio, ovvero una delle serie televisive più attese dell'anno, una serie sulla carta pensata per suscitare titoli altisonanti sulle riviste specializzate prima ancora di rivelare anche una sola sequenza. Si tratta infatti di uno show che prende le mosse dal famoso e omonimo romanzo scritto da Gillian Flynn (già sceneggiatrice di Gone Girl), ha come regista di tutti e otto gli episodi Jean-Marc Vallée (già regista in tv con Big Little Lies e di film quali Dallas Buyers Club e Demolition), ha una showrunner abbastanza famosa come lo è Marti Noxon (perché tra gli autrici di Buffy, la serie cult) e in ultimo (ma non certo per importanza) vanta un cast dominato da due eccezionali dive cinematografiche come Amy Adams e Patricia Clarkson. Le ottime premesse di partenza sono in gran parte confermate da Sharp Objects, in particolare grazie alla presentazione di un personaggio principale estremamente tormentato, di grande cupezza ma al contempo anche capace di indurre una spiccata empatia nello spettatore. Camille infatti non è altro che una versione femminile di tanti antieroi (protagonisti dalla condotta non esattamente impeccabile, profondamente traumatizzati e capaci di destreggiarsi in un mondo in cui il Male si nasconde dietro ogni dettaglio forti di un profondissimo tormento interiore che consente loro di affrontare la brutalità della realtà ad occhi aperti) che abbiamo visto sullo schermo per tanti anni, soprattutto su HBO.
Il personaggio interpretato dalla sempre bravissima Amy Adams è una detective travestita da reporter, una figura accentratrice dal punto di vista narrativo e attraverso i cui occhi viene osservato quasi tutto il resto del mondo circostante, guidando sia il racconto sia l'attenzione di chi lo guarda. Camille è una giornalista che viene mandata a Wind Gap per documentare un caso di omicidio plurimo che coinvolge un gruppo di giovani ragazze. Il piccolo-grande particolare però è che Wind Gap è anche la città in cui è cresciuta, quella in cui vivono ancora la madre, con il suo nuovo compagno e la loro figlia, nonché sorellastra di Camille. Tornare nella sua città natale per la protagonista significa scoperchiare un vaso di Pandora che nasconde al suo interno tutto l'orrore della provincia americana, uno zibaldone di ricatti, tradimenti, giochi di potere, abusi e violenze fisiche e mentali che si tramandano di generazione in generazione a colpi di atteggiamenti passivo-aggressivi e distruzione della reputazione altrui. Soprattutto con la madre (una Patricia Clarkson comunque strepitosa) c'è un rapporto burrascoso, le due hanno infatti una rapporto che definire pessimo è un eufemismo: non c'è amore, solo risentimento e rimpianto che sfociano nella malattia. Proprio questo rapporto madre-figlia terrificante (insieme alla morte prematura della sorellina Marian molti anni prima)  ha reso la Camille ragazzina, ma anche quella adulta, una persona fragile e incline ad infliggersi dolore fisico. Un dolore che ha trasformato fisicamente il suo corpo e la sua mente. Nel corso di tutta la serie, Camille rivive spesso momenti della sua infanzia e adolescenza che si intersecano con la sua vita attuale. I posti che rivede, le persone che ritrova, fanno affiorare i ricordi e con lo loro il dolore. Solo l'alcool  ( onnipresente )  sembra riuscire a lenire la sua sofferenza ma questo comporta che noi non sappiamo se quello che sta vedendo è reale oppure è dovuto al suo stato alterato.
L'unica che sembra riuscire a creare un rapporto "normale" con lei è la sorellastra Amma, ambigua ragazzina che si divide tra la vita perfetta e controllata che vorrebbe Adora e quella sregolata e molesta tipica degli adolescenti. A proposito di quest'ultima, il suo solo personaggio, quello della madre Adora, meriterebbe poi una trattazione a parte. Posso dire tranquillamente che è il personaggio più odioso e detestabile che abbia mai visto in una serie televisiva. Persa nel suo mondo che vorrebbe tutto perfetto, lontana dalla realtà e al contempo manipolatrice e oppressiva. Nel corso delle puntate cercherà in tutti i modi di allontanare la figlia Camille, il cui lavoro potrebbe metterla in imbarazzo con la comunità locale. Ma è solo un pretesto per un qualcosa di molto peggiore e più insalubre. In tal senso, nell'arco di otto episodi da poco meno di un'ora, Sharp Objects tenta di coniugare due obiettivi molto ambiziosi: da un lato il tentativo di approfondire il discorso sulle fratture dell'animo umano e sui traumi di un'educazione repressiva e costrittiva, passando spesso dal particolare al generale muovendosi da Camille e Amma (la sua sorellastra) all'intera comunità di Wind Gap (non è un caso che la serie parli anche e soprattutto della grande provincia americana, quella più problematica e ipocrita, quella che sembra rappresentativa della differenza tra persone ricche e benestanti e quelle che arrancano, in cui la principale fonte di informazione sono i pettegolezzi, spesso creati ad arte da alcune persone che senza farsi scrupoli rovinerebbero le vite degli altri per un momento di gloria che le faccia uscire dalla noia di quella vita, gli abitanti della cittadina hanno infatti già deciso chi è il colpevole dell'omicidio, e chiunque non la pensi come loro è un estraneo da allontanare), dall'altro gestire la detection senza rivelare nulla o quasi di ciò che poi caratterizzerà lo scioglimento del racconto. Sotto questo punto di vista la narrazione risulta un po' scricchiolante perché i due obiettivi invece che esaltarsi a vicenda rischiano di sabotarsi reciprocamente.
L'intero approfondimento sul contesto sociale di Wind Gap e sui rapporti tra Camille, la madre e la sorellastra deve infatti fare i conti con la necessità di un racconto rigidamente orientato, caratterizzato quindi da una direzionalità molto forte che non può che terminare con il climax finale fatto di rivelazioni sorprendenti. Per rendere però il finale così incisivo c'è bisogno di posticipare rivelazioni che in un altro genere di racconto emergerebbero molto prima, rendendo una parte degli episodi dello show, in particolare i due centrali, non solo irrilevanti rispetto alla storyline principale, ma anche didascalici circa la caratterizzazione della protagonista. E tuttavia non è l'unico difetto, il meccanismo elaborato dal regista Jean-Marc Vallée per adattare i flashback (come in True Detective anche Sharp Objects è ambientato su due piani temporali: il passato da ragazzina della protagonista segnata da traumi che le hanno rovinato la vita, e il presente in cui la ritroviamo sola e alcolizzata, alle prese con una serie di omicidi e con l'ostilità, o la falsità, delle persone che le stanno attorno) è di sicuro al tempo stesso inusuale e interessante perché porta la tecnica del "show, don't tell" su tutto un altro livello, ma forse proprio per il tipo di attenzione che richiede rischia alla lunga di stancare, o di risultare a tratti un mero esercizio di stile, non è un caso che la regia, che non ha particolari guizzi estetici e in alcuni momenti rallenta un po' la narrazione, è forse troppo semplice e presuntuosa. Infine, come già detto, la storia si dilata un pochino verso le ultime puntate per poi esplodere nel season finale. Un finale che può lasciare ad alcuni l'amaro in bocca e sorprendere altri. Personalmente avrei preferito qualche momento riflessivo (un po' ridondante) in meno e qualche spiegazione (che manca) in più. Al contrario tra i pregi, oltre alle discrete performance attoriali del cast, c'è sicuramente la buona la colonna sonora e la spiegazione di come è inserita nel contesto.
La performance di Amy Adams in Sharp Objects, è forse infatti (seppur non a livello di Arrival) una delle migliori della sua carriera. Ma non sono da meno quelle di Patricia Clarkson (Adora) e della giovane Eliza Scanlen (Amma), vera rivelazione della serie. Una nota degna di merito va anche a Sophia Lillis (Beverly in It), che ha vestito i panni di Camille da ragazzina. Tutte queste attrici sono riuscite ad esprimere in modo travolgente l'intensità, e la complessità dei loro personaggi, rendendo la storia ancora più avvincente e intrigante. In conclusione, Sharp Objects (nel complesso una serie molto buona, con delle puntate ottime, sebbene non è adatta a tutti, sia per i temi toccati che per il ritmo decisamente non usuale) non è certamente una serie perfetta né particolarmente innovativa in quanto pecca di una serie di ingenuità narrative e si colloca all'interno di un solco già abbondantemente scavato, anche se, adattata dal romanzo di Gillian Flynn, la storia si rivela essere più intricata di quanto possa sembrare, proprio sulla stessa linea di Gone Girl, sempre opera della scrittrice statunitense, e in verità Sharp Objects ha un tono più inquietante, che non scade però nello scontato. Tuttavia è anche uno show girato con grande precisione (seppur forse con qualche virtuosismo non sempre giustificato narrativamente), interpretato in maniera straordinariamente intensa e che ha il merito di mettere al centro alcuni nodi particolarmente dolorosi dei rapporti tra donne. La miniserie HBO infatti, che sancisce le straordinarie doti di Amy Adams anche sul piccolo schermo, si inserisce a pieno titolo, senza rivoluzionare nulla, nel novero dei prèstige drama contemporanee. Perché anche questa volta la famosa emittente televisiva riesce a colpire il bersaglio con una serie drammatica dalle tinte fosche davvero interessante. Una serie decisamente riuscita e da consigliare (forse non a tutti), che riesce a "rapire" lo spettatore per poi pungerlo (in tal senso piccolo suggerimento: alla fine dell'ultimo episodio aspettate la fine dei titoli di coda, in stile Marvel) con un "oggetto appuntito" quando meno se lo aspetta. Voto: 7

9 commenti:

  1. Per me una delle più belle serie di quest'anno, capace di entrare sottopelle. Lo stile di Vallée mi piace da sempre, e qui nel suo mostrare con calma, in un montaggio che si fa fondamentale, è al suo meglio. E non ho avuto alcun problema, anzi, con la componente investigativa che passa in secondo piano rispetto alle cicatrici di Camille.

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    1. In verità è la regia uno dei punti dolenti secondo me, tuttavia è una gran serie, non dell'anno per me, anche perché preferisco personalmente parlando qualcosa di più coinvolgente di questo, bello ma non al pari di altre ;)

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  2. Non guardo le serie e sai perché, ma questa sembra parecchio interessante.
    Potrei fare un'eccezione. Per qualche puntata........ ;)

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    1. E' interessante infatti, e comunque potresti anche vederla se avessi 7 o 8 ore a disposizione, così da non perderti niente ;)

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    2. Sai che sette o otto ore sono un'eternità con un teppistello per casa, vero? 😂😂😂

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  3. Effettivamente non sarebbe male da 36 ore :D
    A parte gli scherzi anche solo per lei una visione la merita senz'altro ;)

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