mercoledì 17 giugno 2020

I film del periodo (1-15 Giugno 2020)

Dopo l'esperimento primo riuscito (della fine dello scorso mese) del nuovo corso inserzionistico cinematografico, si continua sulla stessa strada, l'unica differenza è che in queste ultime due settimane ho abbandonato visioni programmatiche e televisive tornando invece al mio catalogo Sky (delle mie registrazioni via MySky) che ho a disposizione (a parte un caso, quello che paradossalmente ha fatto registrare la visione "moderna" più apprezzata). E così sarà sempre, almeno fino a quando visioni lasciate in sospeso (o visioni programmatiche e televisive) torneranno a bussare alla porta. A proposito di ciò, mi sono capitati molti film di Lupin III, tutto grazie ad un canale Sky interamente dedicato (per un periodo di tempo), ma purtroppo non mi è stato possibile (per tante ragioni) visionare la ventina di pellicole a disposizione (gli sarebbe sicuramente piaciuto alla nostra Bolla). Ho visto comunque un po' qui e un po' là, e mi è bastato, chissà però in futuro.

SEMAFORO VERDE PER...
Victoria (Thriller/Dramma 2015) - Victoria è una ragazza spagnola sola che lavora da tre mesi a Berlino. Dopo una serata in discoteca, probabilmente in cerca di "avventure", riesce a conoscere quattro ragazzi della città tedesca che, in parole povere, le fanno recuperare il tempo perduto in solitudine. E' un film notevole dal punto di vista tecnico perché 140 minuti in un unico piano sequenza richiede un lavoro alle spalle e di preparazione non indifferenti (grossa idea quella di Sebastian Schipper, e un lavoro incredibile quello di tutta la troupe), eppure riesce a colpire la capacità in primo luogo dei personaggi a coinvolgere. Innanzitutto la protagonista malgrado la scrittura del personaggio non lascia intuire appieno il profondo senso di solitudine che la affligge e che facilmente si fa coinvolgere dalla compagnia di quattro ragazzi berlinesi, simpatici nei suoi confronti, ma in fondo dei balordi. La prima parte ci fa scoprire i personaggi ed è pervasa da una tensione sottile di una conoscenza estemporanea che potrebbe facilmente deviare verso situazioni potenzialmente pericolose (come uno stupro). Poi il film, fino a quel momento condotto su toni abbastanza leggeri, si addentra in territori più noir e thriller. La posta in gioco viene progressivamente alzata e la ragazza si trova coinvolta in trame fino a quella nottata assolutamente impensabili, adrenaliniche e senza via d'uscita. Il pregio maggiore ovviamente ad una regia straordinaria per la capacità di reggere un lunghissimo piano sequenza unico, mantenendo un'ottima fluidità di racconto. Tuttavia qua è là si notano delle forzature di scrittura, ma sono molti i lati positivi che vengono risaltati (tra cui la discreta musica), non ultimi la bravura degli attori. L'attrice bravissima che interpreta Victoria è Laia Costa, la cui mutevole e intensissima espressività appare decisiva per la credibilità dell'intera vicenda, affiancata da un valido partner come Frederick Lau nel ruolo di Sonne. In conclusione, un piccolo grande film, che merita di sicuro di essere visto e apprezzato. Voto: 7+

SEMAFORO GIALLO PER...
La rivincita delle sfigate (Commedia 2019) - Un buon teen movie con due personaggi ben costruiti. Non proprio le classiche nerd bullizzate, piuttosto due ragazze che negli anni del loro liceo si sono isolate dagli altri. Di conseguenza in una notte dovranno non solo recuperare quel tempo libero sacrificato sullo studio, ma conoscere quelle persone che per superficialità e per presunzione si erano rifiutate di frequentare. Situazioni divertenti ma mai sconfinanti nel cattivo gusto (non troppo almeno), con qualche situazione grottesca e fantasiosa che danno brio e colore. La regista Olivia Wilde, al suo debutto da regista, è brava nell'usare gli stereotipi del genere ed andare oltre lo stereotipo stesso offrendo sfumature ai personaggi secondari (meglio in questa veste che in quelle d'attrice sembrerebbe). Non male il cast (tre nuove stelline di Hollywood quali Beanie Feldstein, Kaitlyn Dever e Diana Silvers, oltre ad alcuni nomi conosciuti), veloci i dialoghi, ritmo disinvolto, qualche risata e un orecchio attento alla colonna sonora. Nulla di memorabile, ma visione piacevole. Voto: 6+

Polaroid (Horror 2019) - Un horror (basato sull'omonimo cortometraggio del 2015 dello stesso regista Lars Klevberg) che non si differenzia dal genere di cui fa parte. Possiede tutte le caratteristiche di cui spesso ci si lamenta la presenza: il buio costante, l'addentrarsi senza senso verso i sinistri rumori e la solita leggenda che muove i fili del mostro di turno, e che dimentichiamo poi essere gli elementi portanti di ogni horror che si rispetti, a fare la differenza in questo caso è lo sviluppo buono della sceneggiatura che, pur basandosi su elementi standard, e su una storia apparentemente semplice, ha la capacità di raccontare coinvolgendo nella storia che non risulta banale e solo a tratti prevedibile. L'utilizzo di suoni in sottofondo garantiscono l'effetto suspense e condisce i colpi di scena che non mancano, anzi, ad un certo punto sembrano essere anche troppi, almeno per la contenuta durata della pellicola. La cura per il dettaglio, l'utilizzo di alcune inquadrature e le giuste ambientazioni, esaltate da sequenze panoramiche non persistenti ma piacevoli, consentono a questo film (per il regista due su due dopo il buon reboot de La bambola assassina) di aggiudicarsi un tono di piacevolezza che altrimenti non avrebbe. Peccato per il finale che palesa, come quasi sempre accade negli horror degli ultimi tempi, un'eccessiva fretta narrativa che spreca alcuni ottimi input argomentativi. In ogni caso è una pellicola (in cui appare riuscita la prova del cast giovane capitanato da Kathryn Prescott, e di quello adulto capitanato da Grace Zabriskie) guardabile, ma non indimenticabile. Voto: 6

Rambo: Last Blood (Azione 2019) - C'era bisogno di un altro Rambo? Ni. In ogni caso questo quinto tassello si distacca del tutto dalla tipica struttura da war movie che aveva caratterizzato i precedenti per sfruttare, inaspettatamente, un plot da film di vendetta sulla chiara falsariga di "Io vi troverò". Un plot che il nuovo arrivato dietro la macchina da presa Adrian Grunberg (autore di Viaggio in paradiso con Mel Gibson) costruisce, infatti, evitando il prevedibile rimescolamento di elementi "Rambiani" già collaudati e ricorrendo tutt'altro che all'abbondanza d'azione e spettacolarità tipiche della saga, in realtà qui principalmente relegate nell'ultima fase della circa ora e quaranta di visione. Un'ultima fase che, non risparmia nulla in fatto di ferocia nello svolgersi soprattutto in un tunnel sotterraneo, sguazzando in mezzo a teste tagliate, trappole disseminate e corpi infilzati in qualsiasi modo immaginabile. Regalando allo spettatore un massacro tanto impressionante quanto liberatorio (nonché giustificato visto quello che capita alla nipote interpretata da Yvette Monreal) come avviene quando ci si trova dinanzi alla fruizione di uno slasher movie e capace, con immancabili esplosioni incluse, di ripagare pienamente per la lunga attesa tempestata di diversi piccoli allarmi su cui si basa tutta la prima parte dell'insieme, nel corso della quale non ci si abbandona mai a facili sentimentalismi e buonismi e viene anche tirata in ballo la giornalista indipendente Carmen Delgado che, interpretata da Paz Vega, avrebbe magari necessitato di un maggiore approfondimento. In conclusione il film non è granché (ad un certo punto pare Mamma ho perso l'aereo), tuttavia lascia dentro un certo senso di soddisfazione (bene Sylvester Stallone "asciutto"), non mitigata dai titoli di coda, che scorrono nostalgicamente sulle immagini delle pellicole che hanno costituito la pentalogia. Voto: 6

Martin Eden (Dramma 2019) - Insieme a Il richiamo della foresta e Zanna Bianca (recentemente trasportato nel genere animazione con buoni risultati, qui), Martin Eden è una delle opere più celebri dello scrittore americano Jack London. In questo senso ho trovato interessante l'idea (ad opera anche dello stesso regista Pietro Marcello) di riproporre la medesima storia del suo romanzo in una ambientazione diversa: un ipotetico meridione italiano senza tempo, anziché la California di inizio novecento. Una sfida solo in parte vinta, poiché nel nuovo contesto le elucubrazioni filosofico-politiche del protagonista appaiono infiacchite, se non addirittura incomprensibili, almeno per chi non avesse già letto il romanzo. D'altra parte, proprio costoro (i lettori di London) apprezzeranno il film, che è in effetti qualcosa di nuovo e diverso rispetto a una mera trasposizione cinematografica. Tutti gli altri, invece, rischiano di annoiarsi, specialmente nella seconda parte (non è troppo chiaro il messaggio che si vuole dare, in quanto il protagonista avrà uno sviluppo abbastanza ambiguo, soprattutto sul versante ideologico e in parte politico). Non bastasse che il film duri pure troppo, forse per dare spazio proprio a quelle argomentazioni politiche che mi hanno un po' allontanato dalla storia d'amore che invece mi aveva appassionato (Jessica Cressy bella scoperta). Solo la superba e pluricelebrata interpretazione di Luca Marinelli (Coppa Volpi vinta a Venezia per la migliore interpretazione maschile) convince a restare fino alla fine. Ben fatto ma poteva essere migliore. Voto: 6,5

Fire Squad - Incubo di fuoco (Dramma 2017) - Le esercitazioni, la routine, i problemi familiari, il cameratismo di un gruppo di vigili del fuoco dell'Arizona che mira a diventare un hotspot contro gli incendi, sotto la guida del veterano Eric Marsh (Josh Brolin). La vicenda è narrata in chiave di racconto di formazione tenendo soprattutto d'occhio la figura di una nuova recluta, appena diventato padre (Miles Teller), che cerca nell'attività di pompiere la strada per lasciarsi alle spalle un passato da tossicodipendente perdigiorno. I compagni di squadra nicchiano, il capo è determinato a dargli un'occasione. Tutti diventeranno degli eroi quando, nel giugno 2013, di troveranno a fronteggiare un incendio di proporzioni immani che rischia di mettere a rischio gran parte del caseggiato. Affidato alla regia di Joseph Kosinski, che viene dalla fantascienza (Tron: legacy, Oblivion, quest'ultimo davvero ben fatto, qui la recensione), il film si dilunga in molti quadretti familiari esplicativi e didascalici che dilatano il film fino ai 130 minuti finali. Un eccesso di verbosità e descrittivismo che appanna la più che discreta prova di tutto il cast (compreso Jeff Bridges e la splendida Jennifer Connelly) e le (poche) scene d'azione che puntellano questo film che racconta una storia vera e tragica. Non dice di più di quello che si può leggere in un articolo di cronaca, ma rimane comunque una pellicola più che sufficiente. Voto: 6+

Un figlio all'improvviso (Commedia 2017) - E' lui, sempre lui, Christian Clavier, mattatore della commedia francese moderna, in un'altra brillante, riuscita commedia. Una commedia garbata e divertente (i registi Vincent Lobelle e Sebastien Thiery, quest'ultimo qui anche attore nonché autore della commedia teatrale di cui questa pellicola è l'adattamento, mescolano comicità e dramma sfruttando con disinvoltura e misura le menomazioni dei protagonisti per creare delle godibilissime gag senza eccedere nel cattivo gusto), al limite del grottesco (una coppia non avendo mai messo al mondo nessun pargoletto sono scioccati dalla notizia di essere genitori di un ragazzo, per di più sordomuto), con un incipit ben riuscito ed un soggetto che mescola buoni sentimenti, humor politically uncorrect e tematiche sociali sempre attuali, come l'handicap, la sterilità che priva della gioia della maternità e la solitudine che comporta invecchiare senza le responsabilità genitoriali. Dialoghi abbastanza dinamici, qualche scena simpatica e un cast che, anche grazie alla toccante interpretazione di Catherine Frot, riesce a destreggiarsi bene nei meandri di una sceneggiatura forse troppo leggera e a tratti banale, ma portatrice di un gran bel messaggio, certamente classico, che i figli non sono di chi li mette al mondo ma di chi li ama e li cresce, però sempre delizioso. Innocua e sufficientemente gradevole. Voto: 6

SEMAFORO ROSSO PER...
Jane Got a Gun (Western 2015) - Si dice che il western sia un genere ormai morto, non lo è, anche perché ultimamente alcuni buoni prodotti sono usciti, tuttavia in questo caso si potrebbe dar ragione a quella diceria. Questo è infatti un western (ancora un western col sapore del classico revenge-movie, questa volta è a una donna che tocca vendicare torti e difendere la propria vita e quella del marito) che si lascia dimenticare in fretta, ad opera di Gavin O'Connor, che con questo mediocre prodotto convince meno rispetto ad altri suoi lavori (tra questi The Accountant). Di positivo certamente c'è una certa cura tecnica, il problema è che il film non si poggia su una solida sceneggiatura, anzi, soffre di una sceneggiatura alquanto debole, che inficia notevolmente il giudizio sull'opera. Questa storia appena abbozzata risulta difatti priva di interesse e non c'è nessuno sviluppo che non sia lo scontro finale. I personaggi rimangono superficialmente descritti e la loro non-forza deve essere sopperita con il ricordo a flashback inutili che ci devono chiarire quali sono i termini della vicenda. Insomma, un film molto debole, dove i grandi nomi degli attori (Natalie Portman, anche produttrice della pellicola, dopo Vox Lux nuovamente incolore, Joel Edgerton, qui anche sceneggiatore, niente di che, Ewan McGregor poco più di una macchietta) non salvano un impianto che semplicemente non ha nulla da dire. Voto: 5

The Amityville Murders (Horror 2018) - Ennesima rivisitazione del celeberrimo episodio di sangue capitato in quel di Amityville, ennesimo film quindi sulla famiglia DeFeo, e sul figlio più grande che ne sterminò i componenti. Il documentarista Daniel Farrands sembra all'inizio muoversi sulla via "realistica" attribuendo i terribili fatti alle droghe o agli intrighi mafiosi del violento padre, poi però ci mette gli spiriti, con ridicole apparizioni fantasmatiche nere. Il risultato è un ibrido mal montato (in modo imbarazzante direi) e senza mordente, con momenti di stasi fin troppo inutili. Tende al soporifero in quanto succede poco, giusto sul finale il regista si sveglia e si ricorda che sta girando qualcosa che deve inquietare (ma non ci riesce comunque in pieno), e si parla comunque di una manciata di minuti in un'ora e mezza. Perché sì, un minimo di tensione c'è, e qualche scena è costruita con una certa cura, ma il resto è poca cosa, pochissima. Attori mediocri, per non dire peggio, si salva Burt Young, ma solo perché è Burt Young. Insomma un film decisamente brutto, mezzo voto in più solo per le immagini finali con le foto autentiche della famiglia DeFeo, un film perciò più inutile del mediocre Amityville - Il risveglio, in cui il regista era lì produttore, e in cui almeno qualcosa da guardare c'era (non solo il sedere di Bella Thorne), ma soprattutto film da dimenticare. Voto: 3,5

Disobedience (Dramma 2017) - Dopo "Una donna fantastica" e il remake (americano, con Julianne Moore) della sua Gloria, un altro viaggio nell'universo femminile contro tendenza da parte di Sebastián Lelio. Qui però il racconto (tratto dall'omonimo best seller di Naomi Alderman) arranca, e il tema si fa strada a fatica tra molte ambiguità. La protagonista irrompe all'interno di una comunità ebraica dove crea scompiglio a causa del suo sentimento mai assopito per una donna. La storia d'amore è piuttosto classica se non fosse per l'ambiente sociale (che non viene approfondito a dovere, trattato invero in maniera alquanto fredda e distaccata) in cui è girata. Neanche quello che dovrebbe essere il perno della vicenda ossia il rapporto padre-figlia della protagonista (ragazza emancipata figlia di un rabbi che è fuggita dalle sue radici destando il velato scandalo della comunità ebraica), non viene approfondito quanto dovrebbe. La pellicola diviene più interessante quando mette in mostra la relazione tra le due protagoniste ma anche in quel caso la leggerezza e la poca consistenza con cui viene rappresentata non fa altro che smorzare ulteriormente l'interesse (con qualche scena spinta che poco c'entra con tutto il resto). Non ci sono poi particolari guizzi ma solo una staticità sia nella sceneggiatura che nei dialoghi e poi, ammettiamolo, se non ci fosse stata Rachel Weisz con la sua dirompente presenza scenica questo film sarebbe stato ancora più né carne né pesce di quello che è. Mi dispiace non dargli la sufficienza ma occorre essere obbiettivi. Voto: 5+

Chesil Beach - Il segreto di una notte (Dramma 2017) - Un altro romanzo di Ian McEwan, ed un altro, dopo il non del tutto riuscito adattamento di The Children Act, flop. Una volta non s'usava liquidare cose simili con un'unica parola: oleografico? Il debuttante Dominic Cooke ci avrà messo del suo, però si coglie come le grane originino già dal libro e dalla sceneggiatura dello scrittore britannico. Il film gronda letterarietà e teatralità non trasformata in cinematograficità (eppure la trasposizione di Espiazione mi era piaciuta: intensa e poetica), e il tema alla base, il muro di Berlino così come quello classista e intersessuale, è vincolato a un periodo storico e non viene esteso a un contesto più atemporale. Sceneggiatura che pecca soprattutto nell'inserimento dei tanti flashback che sono sì funzionali a capire il carattere dei due protagonisti (di due giovanissimi sposini in luna di miele alle prese con la difficoltosa scoperta delle dinamiche di coppia), ma spezzano inesorabilmente la tensione narrativa legata all'algido momento clou. Tra l'altro la maturazione psicologica dei due personaggi (Saoirse Ronan è molto misurata, ordinata e credibile, un po' meno Billy Howle che non riesce a dare dignità ad un personaggio, a dire il vero, un po' arruffato e poco intenso) è troppo frettolosa. Nel complesso, il film è molto noioso, non intriga e, a parte le sequenze finali, risulta troppo soporifero. Voto: 5

ANGOLO VINTAGE
1997: Fuga da New York (Azione/Fantascienza 1981) - Un piccolo cult degli anni '80, uno dei tanti di John Carpenter, anche se non il mio preferito, personalmente è per esempio lontanissimo dalla bellezza estrema di Grosso Guaio a Chinatown. Belle le atmosfere notturne di una New York abbandonata a se stessa, anche se lo spunto migliore è il personaggio di Jena (Snake) Plissken: Kurt Russell con quella benda sull'occhio è veramente cazzuto. L'idea di base (rendere l'isola di Manhattan un carcere formato città) è sicuramente bella e originale (tanto che è stata clonata una miriade di volte, anche in campo videoludico) forse si poteva fare qualcosa di meglio per quel che riguarda il ritmo dello svolgimento (soprattutto conoscendo ciò che è in grado di fare il regista statunitense) che è piuttosto altalenante. Nulla viene rivelato sul futuro tratteggiato da Carpenter nel 1997, eccetto una esplicita critica ai poteri forti e alla figura del politico, che però si palesa solamente nell'azzeccato e beffardo finale. Belle le musiche, vero e proprio marchio di fabbrica del regista. Da notare anche la presenza di varie citazioni, su tutte quelle a George Romero e David Cronenberg. Eccezionale inoltre il cast dove figurano un Donald Pleasence e un Lee Van Cleef in grande spolvero. Parliamo comunque di un film/cult che mostra dei difetti che il tempo ha impietosamente messo in luce, tanto che mi è passato abbastanza velocemente, nel senso che è stato abbastanza leggero. Diciamo che non è un film epico, ma comunque è davvero bello. Ad Escape from New York (azione, fantascienza e tanto altro) mi sembrava poco però dargli sette, otto troppo, e così il sette e mezzo mi è sembrato il voto più giusto. Voto: 7,5

Ecco infine i film scartati ed evitati del periodo: Reprisal - Caccia all'uomoIn viaggio con Jacqueline, Atto di fedeNotti magiche, Slow WestMandela - La lunga strada verso la libertàLa fuitina sbagliataE poi c'è Katherine, Il piccolo yeti, Nevia.

33 commenti:

  1. Escape from New York è il mio film di Carpenter preferito dopo The thing.

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    1. E' a sensazione il preferito, ma indubbiamente molti suoi film sono eccezionali ;)

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  2. Victoria per me è un grandissimo film, con una capacità di coinvolgimento pazzesca (anche grazie sicuramente al continuo piano sequenza). Io ormai lo porta mentalmente come esempio di che cosa significhi fare cinema sul serio, cioè saper raccontare una storia e far sì che gli spettatori ci si perdano dentro.
    Gli altri film mi mancano tutti, eccetto ovviamente 1997 che ho rivisto recentemente ed è una gran film, ma sono d'accordo con te che ha un ritmo altalenante (sono anche un po' cambiati i tempi e ci siamo abituati ad altro, anche Halloween visto oggi non è più quello di una volta). Rimangono comunque sempre pietre miliari :)

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    1. Come ho detto, Victoria tecnicamente notevole, e parecchio coinvolgente, ma una storia meglio articolata sarebbe stato preferibile. Cambiano sì i tempi, rimangono grandi, però i gusti comandano ;)

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  3. Beh, almeno al film cult hai dato 7 e mezzo! XD
    Mi dispiace per Chesyl Beach, no è riuscito bene come l'opera richiedeva...

    Moz-

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    1. Era meritato tutto qui ;)
      Non ho letto l'opera, che comunque non mi sembra un granché visto quello che ho visto..

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  4. Prima volta completa, non in assoluto la prima, l'angolo vintage è un bonus di visione, però l'esperienza è sempre elettrizzante ;)

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  5. L'ultimo capitolo di Rambo lo devo ancora vedere...le premesse mi sembrano buone, anche se mi preoccupa quella cosa di "Sembra mamma ho perso l'aereo" 😁. Paz Vega, bella donna: sono curioso di vedere come è oggi.

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    1. La cosa è che mette le trappole tutto qui, però letali :D
      E' ancora bella, ma qui non risalta.

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  6. Credo che guarderei solo "La rivincita delle sfigate" per trascorrere una serata leggera e senza sbadigliare. 😉

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  7. Io ho visto "In viaggio con Jacqueline" e non è male, è una commedia fiabesca un po' particolare, presto pubblicherò la recensione! Di questi film mi incuriosisce "Martin Eden" e "La rivincita delle sfigate". :)

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    1. Sì ho visto la pubblicità, particolare certamente, ma non è riuscito a convincermi, in ogni caso ti leggerò ;)

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  8. Ascolto il tuo consiglio e mi segno Victoria.
    Ho visto Polaroid, ma alla fine mi ha annoiato e credo di essermi addormentata sul finale. Insomma niente di che.
    Martin Eden è un ni. Apprezzabile il protagonista maschile, Luca Marinelli, fin troppo gigionesco però nel finale, alla fine si capisce poco o nulla di dove si voglia andare a parare. E hai ragione, se non hai letto il romanzo, diventa difficile inquadrare il contesto (anche se diverso dall'originale) e la storia in generale.
    Però è anche vero che il romanzo è bello ma abbastanza noioso. Insomma io, pur avendolo letto non è che fossi così entusiasta né del libro né del film.

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    1. Bene per Victoria, e su Polaroid ci sta, anche perché se non prende c'è poco da fare.
      Ho apprezzato infatti Marinelli, ma la storia non del tutto.

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  9. Polaroid non mantiene le promesse del bel corto e spreca un paio di ottimi attori, quindi per me è bocciatissimo.

    Il canale Lupin mi avrebbe potuto interessare ma tanto li ho già visti tutti i film/TV special ecc!

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    1. Non ho visto il corto, vidi un film simile tanto tempo fa, ma ho comunque, nonostante tutto, apprezzato...ho invece bocciato l'altro horror.
      Certo che li hai visti tutti, ci mancherebbe, ma 24 ore su 24 una settimana è da fuori di testa ;)

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  10. Oddio... già subordinare Fuga da New York a Grosso guaio a Chinatown... è davvero un grosso guaio!! ;)

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  11. Concordo su Disobedience che mi lasciò freddino (ne scrissi pure sul blog), mi piacque più per il suo valore documentaristico che per altro. Su Escape from New York... che dire? Quando vedo Carpenter mi si fanno gli occhi a cuoricino! :--)

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    1. Documentaristico sì, anche se nessun approfondimento. E per quanto riguarda Carpenter ti capisco ;)

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  12. Rambo Last Blood vorrei vederlo ma mi blocca il capello corto. Rambo coi capelli corti non è Rambo.
    Con la nostalgia io abbocco facilmente e penso che apprezzerei quei titoli di coda.

    Per tutti gli altri, ripasserò quando e se li vedrò. Spero di non incappare in quelli de semaforo rosso ma potrebbe capitarmi l'ennesimo Amytiville, la signora ha un debole per 'sto film, originale, remake, reboot, sequel/prequel, spin-off... non la fermi!

    Fuga da Nuova York è troppo che non lo vedo ma a memoria concordo.

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    1. Coi capelli lunghi ha fatto anche il quarto, e non era il solito Rambo..
      Ah sì? Allora tieniti pronto, perché Amytiville è montato malissimo, ha attori leggermenti ridicoli e tanto altro..
      Non un cult del cuore, ma indubbiamente gran film ;)

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    2. Il 24 gennaio, il giorno dopo che ti avevo detto che dopo aver visto 2 film per il mese stavo apposto, ne ho visti altri 3, uno di seguito all'altro 😝

      Concordo su Polaroid, anche se non è originale, non è male ma peccato si perda poi per strada. Anche il colpo di scena che inverte i ruoli sa di già visto ma mi è comunque piaciuto.

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    3. L'originalità è una brutta bestia, poca in giro, e infatti quando la trovo (ovviamente non è questo il caso) mi illumino ;)

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  13. Voglio assolutamente vedere la rivincita delle sfigate; sia perché è parecchio che non vedo una commedia che sembra decente, sia perché sono assolutamente curiosa di vedere come se la cava Tredici come regista :D
    Che poi, quanto è bella?^.^

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    1. Perché Tredici? Comunque sì, di bella è bella ;)

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    2. Faceva Dottor House, le ultime stagioni, e lui la chiamava Tredici :D

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    3. Davvero? Non lo sapevo...Dottor House poi, mai amato :D

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  14. Quanto sono andata in fissa, e quanto lo sono ancora, per Victoria. Mi sono letta interviste, visti dietro le quinte, perché è davvero un film incredibile. Oltre il lato tecnico, il cambio di ritmo -da romcom a heist movie- lo rende ancora più speciale.
    È diventato un mio cult anche La rivincita delle sfigate, delizioso e leggero com'è, lo rivedrei ancora e ancora.

    Tra i tuoi semafori rossi salvo invece Chesil Beach, malinconico e doloroso. Magari non perfetto, ma ne ho un bel ricordo.

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    1. Speciale ma anche un po' forzato e non tantissimo credibile, però sì, tecnicamente è un lavoro notevole, l'arte del puro cinema.
      Delizioso, leggero e pure divertente, mentre Chesil Beach beh sì, finale doloroso, ma nel mezzo è un casino.

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  15. L'unico che ho visto (e più volte) è 1997 - Fuga da New York. Io un 8 glielo darei, ma di certo non al sequel (un po' inutile).
    Invece Grosso Guaio a Chinatown non l'ho mai visto, e da quel poco che ho vistucchiato mi lascia perplesso: mi sembra un po' una cazzatona...

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    1. Sì, però una bellissima cazzatona, di quelle che non dimentichi mai ;)

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